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Koi ni itaru yamai (恋に至る病, The End of Puberty)

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Koi ni itaru yamai (恋に至る病, The End of Puberty). Regia, soggetto e sceneggiatura: Kimura Shōko. Fotografia: Tsukinaga Yuta. Musica: Yachimura Kei (Urban-garde). Interpreti: Wagatsuma Miwako, Saitō Yōichirō, Satsukawa Aimi, Sometani Shōta. Produzione: Yanai Hiroshi, Watanabe Kaori, Amano Mayumi  per PFF Partners. Durata: 115 minuti. Anno: 2011
Punteggio ★★1/2 
   
Lungometraggio d’esordio della giovanissima regista (26 anni) Kimura Shōko, vincitrice nel 2009 del premio speciale della giuria al Pia Film Festival con il suo film di laurea Futsū no koi (Ordinary Love).
L’inizio è delirante: Tsubara è un’adolescente bizzarra che nutre il proprio corpo esclusivamente con vitamine e integratori, per evitare che alla morte si decomponga. La giovinetta ha un’ossessione: l’insegnante di biologia, il professor Madoka, un timido nerd, collezionista di insetti. Durante le lezioni la ragazza, con sognante devozione, annota sul suo quaderno tutti i tic di lui (e non sono pochi). Decisa ad avere una relazione fisica con l’oggetto dei suoi desideri, un giorno letteralmente lo assale in sala professori e nel momento dell’amplesso qualcosa di magico ed inspiegabile avviene, perché i due si ritrovano con gli organi genitali scambiati.
Il ritmo del film fino a questo momento è serrato, una musichetta (al limite del fastidioso) da videogioco sottolinea i passaggi e il momento topico è tradotto in immagini di animazione che finiscono per far prevalere le figurine del quaderno di Tsubara sui due personaggi reali dalle movenze goffe e affannate.
L’azione si sposta poi nella casa di campagna del professore, dove quest’ultimo trascina la surreale “fidanzata” e dove li raggiungeranno anche En, avvenente compagna di scuola di Tsubara, segretamente innamorata di lei e Maru, neanche a dirlo, innamorato di En.
Nella seconda parte il film rallenta il ritmo, la regista spesso riempie le immagini di “costruzioni” fisiche di corpi in tensione (i due protagonisti che lottano, per esempio o lei che, dopo aver preso a calci una cassetta delle lettere, si rotola a terra in mezzo alla strada), per giunta a volte “inquadrate” dalle pareti della casa, che accentuano molto la teatralità. Metafora visiva di emozioni che vorrebbero sbocciare e invece sono costrette in spazi mentali/sociali claustrofobici.
The End of Puberty è una commedia semi-seria sulla confusione adolescenziale ed anche sulla sessualità nella società, che, pur non riuscendo sempre nell’intento di fondere il tono scanzonato e ironico con istanze più profonde, si pone a mio avviso come un esordio senz’altro interessante.
Il sesso, che sembrerebbe essere l’argomento centrale, è sempre rappresentato in modo grottesco e fantasioso (i due episodi di rapporti fisici tra Tsubara e il professore si risolvono, il primo, in un fumetto con epilogo magico, mentre il secondo prende avvio dal riflesso sul muro di lei in forma maschile, altrettanto fumettistico…), nello stesso tempo molto “parlato” e poco “agito” (En continua a fare riferimento a rapporti sessuali, ma nel momento in cui finalmente sembra volersi concedere a Maru, la cosa non funziona). Un “oscuro oggetto” dai poteri imprevedibili.
Il tema della memoria è ricorrente. Tsubara è ossessionata dall’essere dimenticata, nella sua ingenua crociata per conquistare l’amore del biologo, così come nell’ostinazione del nutrirsi esclusivamente di vitamine che le conservino un corpo perfetto in eterno, è evidente l’obiettivo di sfuggire alla caducità del ricordo, all’inesorabilità del tempo che passa. 
Ho trovato interessante l’uso del suono: a parte la musichetta ossessiva che contraddistingue tutta la prima parte del film, la regista accompagna spesso momenti intensi dei suoi personaggi per esempio con il frinire delle cicale, come quando Madoka decide di liberare dagli spilli il coleottero che aveva conservato in una scatola da tanto tempo, oppure con il rumore del mare o ancora, con quello delle foglie smosse dal vento, come nel momento in cui En dialoga con Madoka sul portico della casa di campagna.
In conclusione un film acerbo, ma pieno di spunti. Giovani registi cresceranno? Staremo a vedere. [Claudia Bertolè]
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