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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Sono Sion Fantasia (園子音ファンタ・ジア)


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Sono Sion Fanta-jia (園子音ファンタ・ジア, Sono Sion Fantasia – Short Film Collection).  Regia, soggetto e sceneggiatura: Sono Sion. Fotografia e montaggio: Funaki Akira. Interpreti: Nakajima Mai, Fujimoto Aia, Yoshizawa Moe, Natsukawa Jun, Watanabe Ryōsuke, Mitsuya Yōko, Mizuhashi Kenji, ERIKU, Mizutani Sakura. Produzione: Yoshida Seiji per WOW21 e Fuze Virtual. Durata complessiva: 119′. Anno: 2004.

1) La donna nel mirino – Suga (Mizuhashi Kenji), aspirante fotografo intenzionato a partecipare a un concorso, chiede a una ragazza di nome Lulù (Mizutani Sakura), di posare per lui dopo averla scorta in riva a un fiume. Nel corso della collaborazione, l’intimità tra i due cresce progressivamente. Senonché, una strana donna (Kashiwagura Yōko) inizia a comparire improvvisamente alle spalle della modella, prima nel mirino della macchina fotografica, poi sulle stampe. Un mese più tardi, il giovane fotografo scopre di aver vinto il concorso e si reca presso l’appartamento di Lulù per festeggiare. Lì, la ragazza gli chiede se può aiutarla a portare in strada il divano di casa, di cui vorrebbe sbarazzarsi. Spostandolo, viene alla luce una misteriosa macchia di sangue sul tappeto.
2) No Memory Woman – Mami (Mitsuya Yōko) si risveglia priva di memoria in una stanza d’albergo, in compagnia di un uomo, Yū (Watanabe Ryōsuke), il quale sostiene di averla trovata priva di sensi su una spiaggia. Nei giorni successivi, Yū ricopre Mami di attenzioni, nel tentativo di tirarle su il morale. La ragazza si gode la vacanza, ma quando resiste al tentativo dell’uomo di sedurla con prepotenza, questi la ipnotizza azzerando nuovamente la sua memoria e facendole credere di essere il suo fidanzato. A un certo punto, mentre Mami dorme, giunge sul suo cellulare una telefonata da Sato, la sorella minore della ragazza. Yū si decide così a lasciare libera Mami, dopo averle nuovamente cancellato la memoria.
3) Virtual Love – Nana (Natsukawa Jun) e Mei (Yoshizawa Moe) sono due ragazze che offrono esperienze di amore virtuale a pagamento, trasportando i clienti in una dimensione fittizia tramite una scheda inserita in una fessura posta sulla loro fronte. Un giorno, un’interferenza causa uno sfasamento di personalità a Mitsuru (ERIKU), un cliente di Nana, il quale inizia a interrogarsi sulle circostanze che l’hanno portato a conoscere la ragazza con cui sta armoniosamente giocando a carte sul divano. Grazie ai consigli di Mei, Nana riesce a tranquillizzare Mitsuru convincendolo di essere vittima di un’amnesia. Nonostante le spiegazioni rassicuranti della ragazza, il giovane è colto da una profonda crisi di identità.
4) La dottoressa dell’amore – Lily (Fujimoto Aya) è una “dottoressa dell’amore” molto richiesta. Il suo compito, che lei svolge con l’aiuto di una collega più esperta (Nakajima Mai) consiste nel simulare, in compagnia dei propri clienti, situazioni amorose che li aiutino a colmare il senso di vuoto che affligge i loro cuori. Il servizio è a pagamento e rispetta orari molto rigidi, ma Lily è molto amata proprio perché, a differenza dei colleghi, non è troppo fiscale. Dopo aver girato diversi appartamenti con il suo trolley al fine di rassicurare uomini insoddisfatti delle proprie vite e donare loro un’illusione di amore platonico, la ragazza si ritrova a chiedere lei stessa il medesimo servizio al collega Mitsuru (Nakamura Kenji).
Raccolta di episodi di ispirazione fantastica, legati da un filo rosso di personaggi, situazioni e temi ricorrenti (la prosperosa ragazza in bikini, il servizio fotografico, l’amnesia, la spiaggia, la messa in scena di relazioni umani illusorie, l’amore virtuale a pagamento) che, almeno in tre casi su quattro, risultano perfettamente coerenti con i territori che Sono scandaglierà negli anni immediatamente successivi. Dei quattro, l’episodio meno personale è sicuramente La donna nel mirino, un cortometraggio dall’intreccio inconsistente e dalle atmosfere J-Horror (genere che Sono tratterà con migliori risultati in Exte – Hair Extension) piuttosto convenzionali: esso si basa infatti sul cliché del fantasma di una donna che tormenta il protagonista, al quale, spinta da un sentimento di rancore, ella si mostra attraverso il filtro dell’obiettivo e di immagini riprodotte. Se il tema delle fotografie “spiritiche” è quanto di più abusato nell’ambito del fantastico giapponese contemporaneo, le tracce del cinema di Sono vanno ricercate altrove: nell’ossessione per il corpo femminile, qui mostrato e fotografato con insistenza; nella caratterizzazione insolitamente sensuale del fantasma stesso; nello svolgimento imprevisto tramite cui viene portato in campo il rimosso, attraverso un ribaltamento dei ruoli.
Maggiormente interessante e vicino all’universo del Sono più genuino è No Memory Woman. Al di là della trama ridotta all’osso e basata sostanzialmente su una sequenza di variazioni sul tema, questo episodio contiene in forma embrionale molti elementi precipui del cinema di Sono, non solo a livello tematico ma anche stilistico. Innanzitutto, l’ipnotista Yū, un affabulatore squilibrato che condiziona le menti delle due ragazze, è perfettamente in linea con tutta una serie di personaggi che costellano il cinema di Sono: manipolatori in grado di plasmare l’identità di coloro che incontrano come la Kumiko di Noriko’s Dinner Table, la Koike di Love Exposure, il Murata di Cold Fish o ancora la Mitsuko di Guilty of Romance, solo per citarne alcuni. Inoltre, la sua figura consente di mettere in scena altri temi tipici del cinema del regista, come il confine labile che separa il sogno dalla realtà e, quindi, l’ambiguità che caratterizza entrambi (Into a Dream, Strange Circus), l’azzeramento e il condizionamento della personalità (Love Exposure, Cold Fish), e soprattutto la natura fittizia delle relazioni umane (Noriko’s Dinner Table, Love Exposure, Cold Fish, Guilty of Romance) , così precarie e inconsistenti da poter essere annullate e ricreate al minimo ordine impartito da un personaggio carismatico. A livello stilistico, la mano del regista si fa notare, da un lato, nell’uso insistito dei cartelli sia in funzione di didascalia che di veicolo per i pensieri dei protagonisti; dall’altro, nella struttura temporale complessa e articolata su ripetizioni, ellissi, salti all’indietro (anche tramite un effetto di “riavvolgimento”) e in avanti.
Anche Virtual Love e La dottoressa dell’amore affrontano, in maniera simile, alcuni temi sviluppati più approfonditamente dal regista nei suoi successivi lungometraggi. In questo caso, è la mercificazione delle relazioni umane, che Sono sviscererà maggiormente in opere come Noriko’s Dinner Table o Guilty of Romance, a fare la parte del leone. E come in Noriko, in questo caso gli oggetti in vendita non sono tanto i floridi corpi delle protagoniste sui quali tanto insiste l’occhio del regista, quanto un surrogato di affetto, compagnia, comprensione. Ciò che queste moderne geisha attuano nella loro dimensione virtuale, all’interno della quale ridono, giocano, scherzano e conversano con i loro clienti elargendo parole di conforto, è dunque niente di più che una messa in scena di cui i beneficiari sono, nel caso di Virtual Love, inconsapevoli; in quello di La dottoressa dell’amore, consapevoli. L’unica differenza rispetto alla finzione creata ad arte dall’ipnotista di No Memory Woman, è che questi traeva beneficio in prima persona dall’illusione che generava, di cui le due sorelle erano vittime. Dal quadro complessivo dei tre episodi ne emerge un’analisi spietata e desolata della precarietà, dell’inconsistenza e dell’ipocrisia di fondo che stanno alla base dei rapporti umani. Da un punto di vista stilistico, nel caso di Virtual Love, a rendere più dinamica e articolata la struttura dell’opera è il suo snodarsi su spazi e dimensioni diverse, in un flusso continuo nel quale si intersecano e confondono la realtà, il sogno e il virtuale, un po’ come accadrà in maniera più sviluppata in Into a Dream. Più realistico è l’approccio di La dottoressa dell’amore, forse il più riuscito dei quattro episodi, nonché il più lontano dall’universo fantastico e, allo stesso tempo, vicino ai territori solitamente trattati da Sono. Qui il passaggio da un’identità all’altra della protagonista viene presentato in maniera naturale e senza l’uso di soluzioni appariscenti: una scelta stilistica che risulta maggiormente efficace, soprattutto nel momento in cui tale passaggio comporta l’inatteso ribaltamento dei ruoli di “paziente” e “dottore”. [Giacomo Calorio]

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