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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Crows Zero (クロース ZERO, Crows Zero)


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Crows Zero (クロース ZERO, Crows Zero). Regia: Miike Takashi; Sceneggiatura: Mutô Shôgo, tratta dall’omonimo manga di Takahashi Hiroshi; Montaggio: Kakesu Shûichi, Nagasaka Tomoki; Fotografia: Furuya Takumi; Musica: Otsubo Naoki; Sonoro: Peter “Duck” McDonald; Direttore Artistico: Hayashida Yuji; Interpreti: Oguri Shun, Yamada Takayuki, Yabe Kyosuke, Takaoka Sousuke, Kuroki Meisa, Kiritani Kenta, Endo Kenichi, Takahashi Tsutomu, Suzunosuke, Fukami Motoki, Kishitani Goro; Prodotto da: Harada Koji, Mataichirô, Yamamoto. Durata: 130′. Uscita nelle sale giapponesi: 27 ottobre 2007.
Punteggio ★★★

Il liceo Suzuran per soli ragazzi, soprannominato “Scuola dei Corvi”, è il più disagiato e violento tra le scuole del Giappone. Gli studenti vi si riuniscono in fazioni che si danno battaglia, per ottenere prestigio e potere. Gli insegnanti sono ridotti a timide ed inutili comparse e la questione didattica non è nemmeno mai presa in considerazione. Tutti i ragazzi condividono un obiettivo comune, quello che non è mai stato raggiunto nella storia della scuola: l’unificazione. Nessuno schieramento ha mai regnato sovrano sugli altri. Genji Takiya, uno studente appena trasferitosi al Suzuran, cerca di prendere in consegna la scuola riunendo vari gruppi di ragazzi sotto la sua ala protettiva. Combattuto tra le pretese di suo padre (inflessibile boss della yakuza), quelle di un ex studente suo amico e anch’egli asservito alla mafia del paese, la scalata al dominio della scuola e i tentativi di mantenere un rapporto normale con una ragazza, Genji dovrà affrontare il fortissimo rivale Serizawa e tutto il suo esercito di studenti/picchiatori. Quello delle risse tra liceali è un vero e proprio genere in Giappone, soprattutto nei manga (Furyō Manga), ed il successo in patria ed all’estero dei volumi dedicati alle vicissitudini dei ragazzi della scuola Suzuran e oltre (le trame di tutti i volumi vanno ovviamente ben oltre quelle dei tre film), con più di 32 milioni di copie vendute nel mondo, parlano chiaro. Il materiale era una potenziale gallina dalle uova d’oro per i produttori che han poi deciso di affidare il progetto all’ormai noto ed apprezzato Miike Takashi. Ovviamente il successo non si è fatto attendere, regalando a Crows Zero il maggior incasso di un film del regista, fino al 2007.
Riguardo la descrizione di un tale universo è doveroso fare una serie di brevi precisazioni soprattutto per coloro che si apprestano a vedere il film senza essersi prima documentati sul manga a cui si ispira Crows Zero.
La realtà descritta nei manga “Furyō” è chiaramente fittizia ed esasperata. Quasi tutti i fatti si svolgono all’interno di licei abbandonati, fatiscenti e deteriorati in modo da assomigliare più a squat che a luoghi preposti all’istruzione. Il corpo docenti, di conseguenza, è ridotto ad una macchietta che risulta (le poche volte che è mostrato) essere vittima sottomessa delle violenze degli studenti. Non vi sono mai riferimenti allo studio, esami o interrogazioni anche se spesso, i vari personaggi, accennano ai loro futuri diplomi (non si sa bene presi in che modo). I vari “allievi” sono organizzati in clan o gang che prendono vagamente spunto dall’universo yakuza e che possono andare ben oltre la semplice divisione per classi scolastiche. Il look di questi ultimi è più simile a quello di veri teppisti in stile Guerrieri della notte, dove le varie divise scolastiche vengono strappate e riadattate ad hoc per risultare più aggressive, e dove le creste punk sono solo le più comuni acconciature che vi capiterà di vedere. Anche se gli stessi manga non brillano per la sofisticazione delle trame (e di questo discuteremo poco più avanti), i vari parapiglia, grandi o piccoli, non avvengono senza motivo ma, come già detto, per la conquista del territorio scolastico da parte di una gang, a danno di tutte le altre. Anche al di fuori delle scuole esistono varie altre realtà ancora più letali o pericolose, formate da criminali di diverso tipo come bikers, ex affiliati alla yakuza e teppisti vari.
Continuando il suo lavoro sincretico (iniziato nel 1996 con Gokudô sengokushi: Fudô) dall’universo dei fumetti a quello del cinema, Miike mette dunque in scena, per questo primo capitolo della saga, il tentativo di scalata del giovane e determinatissimo Genji che desidera, prima del diploma (?!) diventare il re di uno Suzuran unificato, sotto il suo nome, in tutte le sue fazioni. Tale impresa, che non riuscì in età più giovane nemmeno al padre, costituisce per il ragazzo una meta ambitissima, oltre che il riconoscimento (anche da parte del genitore stesso) del definitivo passaggio all’età adulta.
Al di là delle solite ottime interpretazioni da parte di tutti i giovani attori coinvolti, da menzionare senza dubbio il lavoro davvero eccellente da parte dell’art director, con una ricostruzione dettagliatissima degli ambienti scolastici trasformati in esasperati luoghi trasandati, semidistrutti e letteralmente ricoperti da coloratissime scritte minatorie, piuttosto che da simboli di guerra, realizzate con bombolette spray.
L’aspetto visivo potrebbe però nascondere alcune tematiche importanti rimaste sottotraccia tra il fragore visivo e rumoroso. Il concetto di adolescenza potrebbe dirsi trattato con vena quasi accorata, visto che i personaggi riescono, tra una scazzottata e l’altra, ad instaurare comunque rapporti basati sulla profonda amicizia (Serizawa con Tokio, ma anche Genji con lo sfortunato e quasi tenero Takashi), sulla stima reciproca (Genji con Ken, il fratello maggiore che non ha mai avuto) e, pur con qualche difficoltà dovuta al mantenimento del ruolo da macho, anche sull’amore (Genji con Ruka).
I problemi di salute del giovane e relativamente mite Tokio danno, in particolar modo, adito ad una delle sequenze più interessanti e valide del film, quella cioè del montaggio parallelo tra la battaglia finale tra le gang di Genji e Serizawa e l’operazione alla testa dell’amico fraterno di quest’ultimo. Grazie a questa divisione in due realtà che scorrono affianco nelle quali due cruciali battaglie diverse, ma per certi versi simili, si combattono, lo spettatore trova uno dei pochi momenti di empatia nei confronti della pellicola. Ve ne sono altri, ma possono essere unicamente riconducibili a sequenze comiche, nelle quali Takashi è goffamente in cerca di una ragazza.
Non mancano nemmeno le scene più puramente alla Miike, quelle cioè dove fantasia e follia hanno libero sfogo e gli universi di manga e cinema trovano una linea d’incontro. Su tutte la sequenza in cui Serizawa usa una palla da bowling gigante, scagliandola contro dei suoi gregari posizionati a mo di birilli.
Da un punto di vista prettamente filmico, però, la descrizione dei personaggi (soprattutto quelli principali) e l’approfondimento delle loro personalità, sono spesso lasciate un po’ ai margini, così come il soggetto, in sé, non racchiude nulla di particolarmente avvincente. Sono la resa registica generale, la confezione audio e video e la direzione degli attori a sorreggere (anche bene) da sole un film che Miike ha certamente realizzato (come spesso gli accade negli ultimi anni) per accondiscendere le richieste della produzione in primis (il video della pop idol Kuroki Meisa, girato ad hoc ad inizio film, su tutte) e ha, in secondo luogo, infarcito con il suo tocco in qualche frangente. Sono proprio questi momenti a regalare ai personaggi coinvolti una tridimensionalità giocosa, sopra le righe e farsesca che va oltre l’universo filmico, abbracciando quello manga ed anime. Il film, di per sé, resta una riuscitissima operazione commerciale e giovanilistica con qualche spassosissimo tocco autoriale, resa certamente accattivante più per gli occhi che per la mente. [Fabio Rainelli]



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