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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Ichiban utsukushii natsu (いちばん美しい夏, Fireflies dream)

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Ichiban utsukushii natsu (いちばん美しい夏, Fireflies dream). Regia, soggetto, sceneggiatura e montaggio: John Williams. Musica: Paul Rowe. Assistente tecnico del suono: Iguchi Nami. Interpreti: Maho, Niwa Tsutomu, Kimata Etsuko, Minami Yoshie. Produttori: Kaneda Kazuaki, Martin B.Z. Rycroft, John Williams. Durata: 105′. Anno: 2001.

Naomi ha diciassette anni e sta vivendo male il passaggio all’età adulta. Più che una ribelle è una insofferente, è “contro” ma non sa contro “che cosa”. A scuola, quando ci va, non fa nulla e la maggior parte delle compagne le sono indifferenti. Ma la sua inquietudine nasce in casa, dove respira un’atmosfera di tensione, inganno e sofferenza. La madre ha un altro uomo e si sta separando dal marito. Un giorno, il padre le annuncia che ha bisogno di restare solo con la madre per cercare di risolvere i loro problemi e le chiede di andare a stare un po’ in campagna, a casa della famiglia di sua sorella.
All’inizio le cose vanno malissimo. Gli zii di campagna le sono estranei e la cugina all’incirca della sua età è quanto di più lontano ci possa essere da lei. In campagna nessuno sta con le mani in mano e dopo un po’ di lavori domestici le viene chiesto di occuparsi della signora Koike, una vecchia signora sola (impersonata da Minami Yoshie al suo ultimo film, dopo una lunga carriera in cui ha recitato anche per Ozu e Kurosawa) afflitta dal morbo di Alzheimer. Lentamente, l’anziana donna, tra smemoratezze e ricordi di una vita umanemente piena, fa breccia nella corazza di Naomi, che inizia a interessarsi a ciò che ha intorno e allo stesso tempo a se stessa. È l’inizio del disgelo del cuore. Nella placida routine del piccolo paese di campagna, Naomi trova le cose che non ha mai avuto: un nonno che la vizia (data l’età l’essere viziata consiste nel lasciarla fumare e bere di nascosto con lui), una cugina-sorella da odiare-amare; un’abbozzo di relazione sentimentale, anche se poi si rivela una delusione; una nonna da cui ascolare racconti e vagheggiare ricordi. Trova un’umanità, trova delle storie, trova la vita.
La cosa più curiosa del film è forse proprio il regista John Williams, un gallese trapiantato a Tokyo che al suo esordio alla regia azzecca con questo film da lui stesso pensato, sceneggiato, diretto e montato, un passo che nulla a da invidiare agli autori giapponesi doc. Tutto è equilibrato, nulla è gridato; molto è accennato emozionalmente, nulla è argomentato pedissequamente. Gli esterni suggestivi nell’area del Monte Horai con la sua natura rigogliosa contribuiscono a costruire un “ambiente” che non trova soluzione di continuità tra interiorità ed esteriorità.
Sono molti i punti da sottolineare in questo piccolo gioiello. Una vera chicca, per esempio, sono le scene i ncui le due cugine parlano fra di loro. Le loro intonazioni e il loro vocabolario rispecchiano il loro essere: Naomi metropolitana, scontrosa, scocciata, brusca; Yumi campagnola, candida, sempliciona, bambinesca. Irresistibile in questo senso il dialogo fra le due a proposito di una ragazza annegata. Yumi ne parla come fanno i bambini quando per gioco parlano di cose che fanno loro paura, Naomi le dà corda per poi terrorizzarla davvero.
Sottili, leggeri richiami al cinema corrono lungo il film. Non si tratta di inutile citazionismo fine a se stesso quanto di accenni alla presenza del cinema nella vita dei personaggi. Naomi va nella soffitta della vecchia signora e scopre un poster ingiallito da cui capisce che l’anziana donna da giovane aveva fatto l’attrice, oppure quando si apparta con un ragazzo del posto, vanno in un vecchio cinema abbandonato per fare all’amore.
L’uso della camera a mano non è mai invasivo e almeno nel caso dell’inseguimento in casa fra Naomi e la cugina colpisce per la maestria dell’operatore. Le musiche, sempre a cavallo fra nostalgia e scanzonatezza, contribuiscono a conferire al film un tono dolce e delicato che in più di una occasione commuove. 

È forse proprio la malinconia la cifra preziosa che percorre tutto il film. Straziante nel suo candore è in questo senso la scena in cui Yumi dà il suo orso di peluche a Naomi per dormire. Così come è struggente il saluto d’addio fra le due, sempre con l’orso di peluche come oggetto di scambio affettivo, con entrambe le ragazze che hanno ora intonazioni e parole più addolcite e mature.
Quando Naomi dovrà tornare a Nagoya, la sua città, perché il padre è mancato improvvisamente, sceglierà di non vivere con la madre che si risposa subito ma di vivere da sola. Nella sua stanza appende il vecchio manifesto cinematografico nella soffitta dell’anziana signora. Un giorno, mentre vaga per le strade, trova su un banchetto la videocassetta di un vecchio film. È il film del manifesto, Hotaru no tani, la valle delle lucciole. Il pensiero torna al titolo del film, L’estate più bella, l’estate dei sogni delle lucciole. [Franco Picollo]
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