BAUS: THE SHIP’S VOYAGE CONTINUES (Baus eiga kara funade shita eigakan, HOKIMOTO Sora, 2025)
Nippon Connection 2025
di Fabio Canessa
Un omaggio al cinema e ai cinema, sviluppato attraverso la storia di una famiglia legata all’esperienza di tre piccole sale che, nel corso del Novecento, hanno lasciato un segno importante nel tessuto culturale del quartiere di Kichijoji a Tokyo. Se il soggetto scalda il cuore, la narrazione arranca un po’ tra rapidi salti temporali e una scarsa caratterizzazione dei personaggi.
Nel 2014, dopo trent’anni di attività, chiude il Baus Theater a Kichijoji: un luogo vivace dedicato all’arte e alla cultura, fondato da Honda Takuo sulla scia della tradizione cinematografica di famiglia. L’ultimo giorno l’ormai anziano proprietario torna con la memoria al padre Saneo che, nello stesso quartiere di Tokyo, iniziò a lavorare in un cinema nel 1928.
La sceneggiatura iniziale, basata sull’autobiografia di Honda Takuo, porta la firma del compianto Aoyama Shinji che avrebbe dovuto anche dirigere il film. Dopo la sua scomparsa nel 2022, con un inevitabile rallentamento nella realizzazione, il progetto è passato nelle mani di Hokimoto Sora che come studente della Tama Art University era stato suo allievo e aveva poi debuttato alla regia nel 2016 con un lungometraggio, Haruneko, co-prodotto dallo stesso Aoyama. Anche nel cast si trovano nomi legati al regista di Eureka (Yūrika, 2000), per citare la sua opera più celebre, tra i quali Toyota Maho, diventata sua moglie dopo aver recitato in Desert Moon (Tsuki no sabaku, 2001) e lo stesso protagonista del film: Sometani Shota, presente in Tokyo Park (Tōkyō kōen, 2011).
L’attore interpreta Honda Saneo che, affascinato dal cinema, lascia con il fratello Hajime il paese natale di Fukaura, nella prefettura di Aomori, per andare a Tokyo alla ricerca di un futuro più luminoso che trova la sua rappresentazione simbolica nel fascio di luce di un proiettore. All’inizio del film lo vediamo in una sala, rapito dalle immagini sullo schermo dell’opera manifesto dell’espressionismo tedesco: Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet des Dr. Caligari, 1920) di Robert Wiene. Un pezzo di storia del cinema che viene celebrata con riferimenti diretti anche a importanti titoli giapponesi, da Blood’s Up in Takadanobaba (Chikemuri Takadanobaba, 1928), di Itō Daisuke, tra i padri del jidaigeki, a The Neighbor’s Wife and Mine (Madamu to nyobo, 1921) di Gosho Heinosuke, considerato il primo lungometraggio sonoro in Giappone e quindi il momento che segna l’inizio del declino della figura del benshi, il narratore dei film muti. Il mestiere, quello del benshi, con il quale Hajime si reinventa con l’arrivo a Tokyo, mentre Saneo partito come semplice sandwich man diventa con il tempo il gestore dell’Inokashira Hall, nato nel 1925 nell’omonimo parco del quartiere di Kichijoi. La sua parabola, sino alla creazione nel 1951 di un’altra sala, il Musashino Eiga Gekijo, copre gran parte del racconto. Poco più di vent’anni nei quali la storia personale e familiare di Saneo si intreccia a quella del cinema e più in generale del Paese. Anche mostrando foto, ritagli di giornali e immagini video dell’epoca si fanno degli accenni a eventi come l’arrivo a Tokyo nel 1929 del dirigibile Zeppelin impegnato nel giro del mondo, alle conseguenze del crollo di Wall Street, all’accoglienza del Futurismo in Giappone che si riflette nella continua tensione verso il futuro incarnata dal personaggio a cui presta il volto Sometani, alla Seconda guerra mondiale. Un’idea ambiziosa che avrebbe forse avuto bisogno di una maggiore durata per essere sviluppata meglio per raccontare i personaggi in maniera più completa: in certi passaggi, infatti, il film cade in un facile e rapido didascalismo da produzione televisiva.
Nell’ultima mezz’ora la narrazione si riconnette alle immagini iniziali di Takuo già anziano, nel momento della chiusura del Baus Theater che aveva fondato nel 1984 rinnovando la tradizione di famiglia di gestione di uno spazio culturale e di intrattenimento. A interpretarlo è Suzuki Keiichi, più conosciuto come compositore (ha collaborato tra gli altri con Kon Satoshi e più volte con Kitano Takeshi), che sul finale dialoga con la figlia scomparsa sulle note jazz di Otomo Yoshihide, autore della colonna sonora, in uno dei momenti cinematograficamente più interessanti e riusciti del lungometraggio. Per il resto la regia di Hokimoto si perde nella ricerca di un’estetica che non trova una vera organicità, spaziando dallo split screen a inquadrature più lunghe e silenziose che possono ricordare il cinema del suo maestro Aoyama Shinji. E che spingono a chiedersi: come sarebbe stato il film se a dirigerlo fosse stato lui?
Titolo originale: BAUS 映画から船出した映画館 (Baus eiga kara funade shita eigakan); regia: Hokimoto Sora; sceneggiatura: Aoyama Shinji, Hokimoto Sora; fotografia: Yonekura Shin; montaggio: Nagase Banri; musiche: Otomo Yoshihide; interpreti e personaggi: Sometani Shota (Saneo), Mineta Kazunobu (Hajime), Kaho (Hama), Hashimoto Ai (Hanae), Suzuki Keiichi (Takuo da anziano), Toyota Maho (madre di Hama); produttore esecutivo: Honda Takuo; uscita in Giappone: 21 marzo 2025; durata: 116’.