LIVING IN TWO WORLDS (Boku ga ikiteru, futatsu no sekai, O Mipo, 2024)
NIPPON CONNECTION 2025
di Jacopo Barbero

Negli ultimi anni, diversi film hanno affrontato il tema della sordità, tra cui spiccano il bellissimo Sound of Metal (2019) di Darius Marder, capace di elevare il tema a riflessione metalinguistica sul linguaggio cinematografico, e CODA – I segni del cuore (2021) di Sian Heder, vincitore a sorpresa dell’Oscar per il miglior film. Quest’ultimo è incentrato sulla figura dei CODA (acronimo di “Child Of Deaf Adult”), ovvero i figli udenti di genitori sordi, spesso chiamati a fungere da interpreti grazie alla loro competenza sia nella lingua dei segni sia in quella parlata. Living in Two Worlds (2024) pone nuovamente al centro proprio la figura dei CODA, portando sullo schermo il romanzo autobiografico (2021) di Igarashi Dai, figlio di genitori sordi.
Akiko e Yusuke sono una coppia di persone sorde che decidono di stare insieme nonostante l’opposizione delle rispettive famiglie, che preferirebbero essi sposassero un partner udente, ritenuto più adatto a supportarli nella vita di tutti i giorni. I due hanno un figlio, Dai, che cresce in un ambiente affettuoso, imparando ben presto a comunicare con i genitori con la lingua dei segni. Con il passare del tempo, però, soprattutto durante le giornate trascorse in casa con la madre Akiko, iniziano a emergere diverse inevitabili difficoltà legate alla condizione di sordità dei genitori. Dall’infanzia fino alla tarda adolescenza, Dai si ritrova così a oscillare tra l’amore profondo che prova per i genitori e le frustrazioni della quotidianità, rifugiandosi sempre più spesso nel silenzio e in un crescente senso di disagio.
Diretto dalla sensibile regista nippo-coreana O Mipo, già autrice di pellicole interessanti come Here Comes the Bride, My Mom! (2010) e The Light Shines Only There (2014), Living in Two Worlds si inserisce nel solco del classico dramma familiare giapponese, in cui i conflitti generazionali non deflagrano in liti furiose, ma si consumano attraverso silenzi assordanti e lunghe pause di riflessione in cui è il non detto a prevalere. L’intuizione più originale della regista in questo film consiste nell’adattare questo modello narrativo e stilistico a un contesto, quello delle relazioni con persone non udenti, in cui il silenzio è inevitabilmente protagonista in ogni caso come realtà concreta e quotidiana. In questo scenario, risulta complesso distinguere chiaramente tra manifestazioni affettive fondate su un amore silenzioso e i segnali, spesso ambigui, di disagio, conflitto e frustrazione. In questo senso, la scelta di ridurre al minimo l’uso di musica, anche nelle scene emotivamente più intense, e di enfatizzare il sonoro ambientale è vincente, poiché trasforma il film in un’esperienza anzitutto uditiva, in cui diverse sfumature di silenzio possono assumere connotazioni diametralmente opposte. A dare corpo a questa rete di emozioni trattenute contribuiscono in modo decisivo gli attori, in particolare il protagonista Yoshizawa Ryō e l’interprete della madre Oshidari Akiko. Entrambi incarnano sui propri volti sottili e sfumate variazioni di gioia, amore e sofferenza, che la macchina da presa di O Mipo cattura con finezza, affidandosi a una fotografia dalle luci tenui, che fanno risaltare il volto umano e il suo carico di sentimenti e ricordi che, come suggerisce il toccante finale del film, troppo spesso rischiamo di dimenticare.
Titolo originale: ぼくが生きてる、ふたつの世界 (Boku ga ikiteru, futatsu no sekai); regia: O Mipo; sceneggiatura: Minato Takehiko, dal romanzo autobiografico (2021) di Igarashi Dai; fotografia: Tanaka So; interpreti: Yoshizawa Ryō (Igarashi Dai), Oshidari Akiko (Igarashi Akiko), Imai Akito (Igarashi Yosuke), Santamaria Yūsuke (Kawai Yukihiko), Karasuma Setsuko (Suzuki Hiroko), Denden (Suzuki Yasuo); produttore: Nagasawa Yoshiya; durata: 105’; anno di produzione: 2024; uscita in Giappone: 20 settembre 2024.

