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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Dalla memoria all’assenza: il cinema di Koreeda

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Koreeda Hirokazu è un regista di primo piano del cinema giapponese contemporaneo, anche se  meno noto di altri (Kitano, Tsukamoto, Miike, Kurosawa Kiyoshi) perché piuttosto lontano dal cinema di genere, dai miti della cultura pop giapponese, da quella dimensione estrema, che sono spesso alcune delle ragioni che determinano il successo di molti film presso certi strati di pubblico,  e in particolare di quello che fa più tendenza, il pubblico giovanile.
Nato nel 1962 e formatosi come documentarista, Koreeda è stato presto definito il regista della memoria, del ricordo, dell’immanenza del passato in un presente segnato da un lutto che non riusciamo a dimenticare. Aspetti questi evidenti nei tre primi film di finzione del regista.
Maboroshi (Maboroshi no hikari, 1995) si concentra su una donna che deve venire a patti con la morte del marito, finito sotto un treno senza che si sappia se si tratti di un incidente o di un suicidio.
After Life (1998) è una storia fantastica in cui si immagina che le persone morte siano invitate a ricordare i momenti più intensi della loro vita per farne una sorta di film da portarsi con sé nell’al di là.  
Distance (2001) narra di un  gruppo di persone che si danno appuntamento per commemorare la morte di alcuni loro cari avvenuta nel corso del suicidio di massa di una setta religiosa.
A questi tre film possiamo aggiungere il più recente Still Walking (Aruite mo, aruite mo, 2008): un esplicito omaggio a Ozu che racconta del ritrovarsi dei membri di una grande famiglia di tre generazioni per commemorare l’anniversario della scomparsa di uno dei fratelli.
Più defilati rispetto al tema della memoria e del lutto, gli altri tre film di Koreeda,. Se, tuttavia, leggiamo il binomio memoria-lutto, come una forma di mancanza, e introduciamo così il tema dell’assenza, ecco che ritroviamo una categoria concettuale in grado di rappresentare tutto il cinema di Koreeda e di manifestarne così la sua dimensione autoriale. I film sin qui citati hanno tutti a che vedere con l’assenza, attraverso il ricordo che abbiamo di qualcuno o qualcosa che c’era e ora non c’è più. E l’assenza, insieme al venire a patti con quest’assenza, è centrale anche negli altri film di Koreeda
Lo è in Nobody Knows (Dare mo shiranai, 2004), giocato sull’assenza della madre attraverso la storia di quattro fratelli dai dodici anni in giù che, abbandonati dalla stessa madre, devono in qualche modo imparare a cavarsela da soli. Hana (Hana yori mo naho, 2006), l’unico film in costume di Koreeda,  racconta, a sua volta, la storia di un samurai che dovrebbe vendicare la morte del padre, ma che deve venire a patti con se stesso, con la mancanza di quel coraggio, di quella determinazione, di quella convinzione, di quell’abilità nell’uso della spada che sarebbero necessari a portare a termine il proprio compito.
Air Doll (Kūki ningyō, 2009), infine, è un film sulla solitudine, sulla mancanza dell’altro, sulla difficoltà di trovare un qualcuno con cui costruire la propria esistenza. Questa assenza dell’altro è evidente nei due protagonisti: nella bambola che prende vita e, in quanto bambola, è aliena al mondo che la circonda, e nell’uomo che l’ha acquistata, la cui solitudine – intensamente enunciata sin dalle prime immagini del film – è di per sé manifestata dal possesso di una bambola che sostituisce feticisticamente la donna assente. Ma questa solitudine e assenza dell’altro è anche evidente in tutta una serie di altri personaggi secondari cui il film più volte ritorna – e lo fa anche attraverso splendide sequenze di montaggio che si allontanano dalla storia per mostrarci intensi spaccati di alienazioni individuali – a formare un vero e proprio mosaico di solitudini che altro non è che un drammatico quadro del vivere contemporaneo, in Giappone e non solo. Un film triste e drammatico raccontato, tuttavia, anche con quella levità e leggerezza, che sembra essere uno dei tratti principali del cinema dell’ultimo Koreeda.
Sintesi della presentazione di Dario Tomasi di Air Doll (Kūki ningyō, Koreeda Hirokazu, 2009) tenutasi al Cinema Massimo di Torino il 19 gennaio 2011. La sintesi è stata curata dallo stesso autore. 
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4 commenti su “Dalla memoria all’assenza: il cinema di Koreeda

  1. I think Kore'eda easily wins my vote for best contemporary Japanese director (if Jun Ichikawa had not died prematurely, Kore'eda may only have gotten a tie for my top spot). Every feature film so far has been unique — and each has succeeded in accomplishing what Kore'eda set out to do. I find it hard to pick favorites (though After Life and Still Walking are sentimental favorites) — and I greatly admire even my least favorite Kore'eda film (Nobody Knows).

  2. Yes, I have almost completely the same opinion. Perhaps, only Hana is little below his high standard. Still walking is for me one the best movies of the last 10 years.
    From another point of view I also appreciate some Hiroki Ryuichi and Sono Shion's movies (not all).

  3. I don't think Sono makes my kind of films. Hiroki seems to be a bit hit and miss (though his best stuff is very good). Furumaya and Kumakiri and Isomura (among others) also seem to be in the "intermittently wonderful" category.

    My favorite up and coming Japanese director is probably Daihachi Yoshida — batting 3 for 3 so far (2 excellent films, one pretty good one).

    I need to re-watch Hana (a 3rd time) — but my sense is that it is a lot better film than it seems on first look. It has a lighter feel (is this necessarily bad?) — but has an awful lot of interesting things playing out right below the surface.

  4. I agreed with you. "Intermittently wonderful" is a "wonderful" slogan that fits very well.
    As for Daihachi Yoshida I have seen only Funuke domo and I appreciated it a lot. Tomorrow I will see also Permanent Nobara. Indeed, he is an interesting coming director.

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