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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Mother water (マザーウォーター)

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Mother water (マザーウォーター, Mother Water). Regia e soggetto: Matsumoto Kana. Sceneggiatura: Matsumoto Kana e Shiroki Tomoko. Fotografia: Tani Mineto. Suono: Furuya Masashi. Interpreti: Kobayashi Satomi, Ichikawa Mikako, Koizumi Kyōko, Motai Masako, Kase Ryō, Nagayama Kento, Mitsuishi Ken. Produttori: Komuro Shuichi, Kobata Kumi, Maekawa Emma, Okuda Seiji. Durata: 105′. Uscita nelle sale giapponesi: 30 ottobre 2010.
PIA: Commenti: 3/5   All’uscita delle sale: 62/100
Punteggio ★★★
Esiste una Ogigami Naoko’s  factory come ci fu la Roger Corman factory? Probabilmente no, ma è certo che esiste uno stile Ogigami che ha generato un set di temi e attori che vengono ripresi in blocco in film successivi. La tendenza è stata inaugurata dalla stessa Ogigami che, dopo il meritato successo di Kamome shokudō, ha riutilizzato lo stesso gruppo di attrici in Megane. Poi c’è stato l’infelice Pool  e ora viene Mother water, finora il migliore prodotto del brand, direi, anche se resta da vedere l’appena uscito Tokyo oasis. Non solo ritroviamo in questo film le attrici principali dei film della Ogigami, ma la stessa Matsumoto Kana, qua all’esordio alla regia, viene dalla collaborazione con la Ogigami.
Già la scelta dell’ambientazione, la tranquilla e colta Kyoto contro la frenetica e produttivistica Tokyo, ci pone su un terreno favorevole alla riflessione e alla serendipity.  In un borgo sul fiume Kamo vediamo scene della vita di tre donne:  la proprietaria di un bar che serve solo whisky (Kobayashi Satomi), la titolare di una sala da caffé (Koizumi Kyōko) e la padrona di un negozio di tofu (Ichikawa Mikako). Intorno a loro ruotano e si incrociano alcuni personaggi  fra cui il gestore di un bagno pubblico (Nagayama Kento), l’impiegato di un laboratorio di arredamento (Kase Ryō) e una anziana signora che dispensa spunti di comprensione e saggezza (Motai Masako).
Nel replicare il modello Ogigami, la Matsumoto è brava a dipingere gli elementi di base e a introdurre aspetti originali e personali. Non c’è una storia vera e propria  ma piuttosto tante scene, isolate o interconnesse che,  passo dopo passo, definiscono e trasmettono allo spettatore un’atmosfera  che origina  emozioni  perché riesce a rappresentare il senso di vite semplici e anonime ma non banali e vuote.  Conoscenze personali, amicizia, comprensione, solidarietà, sentimenti, percezioni amorose. Sono tutti temi importanti che si ritrovano suggeriti nel film ma il merito della Matsumoto è di non cercare inseganmenti o  morali: semplicemente mostra il flusso impercettibile di quella cosa indefinita che si chiama relazioni umane. In questo, l’acqua, con il suo scorrere placido e allo stesso tempo inesorabile, ben raffigura il senso della narrazione. L’acqua è quella del fiume che definisce il borgo, l’acqua è alla base dell’attività delle tre donne (bar, caffé, tofu), l’acqua è tutto per il bagno pubblico. L’acqua di tutti questi luoghi del film, infine, ci dà quasi un’esperienza percettiva extrafilmica: ci semba di sentire la brezza della primavera vista sullo schermo che ci sfiora la pelle.
Il film non giunge a nessuna conclusione e questo è uno dei suoi meriti. Nel non chiederci nulla ci regala alcune immagini placide ma intelligenti e mirate che ci riconducono a quello spazio interiore dove ci sono  le grandi domande come: chi siamo? dove andiamo? [Franco Picollo]
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