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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Kujira no machi (くじらのまち, The Town of Whales)

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Kujira no machi (くじらのまち, The Town of Whales). Regia, sceneggiatura e montaggio: Tsuruoka Keiko. Fotografia: Sasaki Kenta. Interpreti e personaggi: Tobita Momoko (Machi), Katano Sui (Tomihiko), Yamaguchi Sakiko (Hotaru), Satō Kentarō, Nakashima Masaru. Produzione: Tsuruoka Keiko. Durata: 70’. Prima proiezione in Giappone: settembre 2012.
Links: VarietyMyMovies (Paolo Bertolin)
Punteggio ★★★

Vincitore dell’ultimo Pia Film Festival, e presentato in anteprima internazionale a Busan, The Town of Whales è l’opera prima di una delle tante nuove giovani registe che si affacciano sul cinema giapponese. Il film narra la storia di tre adolescenti, due ragazze, Machi e Hotaru, e un ragazzo, Tomihiko, all’ultimo anno di liceo. Siamo così dalle parti del seishun eiga, “genere” cinematografico cui il cinema giapponese ha sempre dato un particolare peso – forse in conseguenza a una sorta di senso di colpa sociale per il duro sistema scolastico cui le giovani generazioni sono sottoposte dalle elementari alle superiori –. Con grazia e leggerezza tipici di quel cinema, il film dipinge i sentimenti, gli stati d’animo e le inquietudini dei tre protagonisti legati fra loro da un gioco di sentimenti non corrisposti: Hotaru è infatuata di Tomihiko che a sua volta lo è di Machi. Il passaggio dall’esordio all’intrigo del film avviene quando Machi decide di recarsi a Tokyo, accompagnata dai suoi due amici, per mettersi alla ricerca del fratello scomparso da mesi. Il tema del coming of age si intreccia così, classicamente, a quello del road movie e l’incontro dei tre con l’amico del fratello, inaspettatamente un transessuale, diventa il vero e proprio ingresso in un mondo nuovo e sconosciuto che li porterà più velocemente verso l’età adulta.
Alla base del film c’è la metafora della balena che non può vivere sulla terra ferma – la forza di gravità la farebbe esplodere – ed è così costretta ad andare in acqua. Allo stesso modo, Machi non può continuare la sua vita di tutti i giorni – un destino in realtà comune a quello della gran parte degli adolescenti – e decide di mettersi alla ricerca del fratello, andando così alla scoperta della grande città (il parallelo fra Machi è la balena è rafforzato anche dalle frequenti scene in cui vediamo la ragazza entrare o guardare l’acqua di una piscina o del mare). Proprio su una distesa d’acqua si chiude il film – in un finale aperto dove nessuna delle contraddizioni in gioco è stata risolta –, con Machi che vi si avvicina, ma poi si ferma per volgersi indietro e guardare lo spettatore attraverso la macchina da presa (sì proprio come nella chiusa de I 400 colpi).
Garbato, ben diretto, condotto con una certa padronanza del mezzo, The Town of Whales è un buon film cui però manca un po’ di quella rabbia – e di quell’originalità – che ci si aspetterebbe da una grande opera prima. [Dario Tomasi – Busan Film Festival]

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