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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Sono Sion’s Seigi no tatsujin (園子温の「性戯の達人 女体壷さぐり」)

Speciale Sono Sion

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Seigi no tatsujin – Nyotai tsubo saguri (性戯の達人 女体壷さぐり. t.l.: Maestre di giochi sessuali – Modellare vasi con il corpo). Regia, soggetto e sceneggiatura: Sono Sion. Fotografia: Suzuki Kazuhiro. Montaggio: Sakai Shōji. Suono: Cine-Cabin. Interpreti: Yumeno (Sakurai Kana), Ishikawa Yūya, Kanzaki Yū, Sono Sion, Suzuki Atsuko, Kiryū Ageha, Sasada Rumi. Produzione: BAD FILM Connection. Durata: 59’. Uscita nelle sale giapponesi: 7 febbraio 2000.

Una donna racconta la sua passata esperienza presso la bottega di un maestro artigiano della produzione di vasi di argilla. L’immagine passa sul villaggio dove si trova la bottega e poi su di essa. Nelle immagini successive, sapienti mani femminili modellano l’argilla per farne un vaso, con altrettanto evidente allusione all’organo maschile. La camera si concentra sul volto della donna, che mostra chiari segni di piacere sessuale. Arrivano i lavoranti, due donne (una è quella che racconta) e un uomo, che si complimentano con la donna, Namie, la moglie del maestro, per la squisita fattura. Namie, va in camera da letto, dove dorme Tetsuya, il marito malato (Sono Sion), e gli riserva un trattamento simile a quello riservato al vaso. I due si accoppiano, spiati dai lavoranti che si eccitano a guardarli.
Il maestro va in laboratorio trasportando un enorme dito di argilla e loda le mani della moglie, che inizia a produrre un nuovo vaso eccitandosi con il marito, il quale però si sente di nuovo male.
Primo piano sulla moglie che, come in un’ intervista, racconta che deve tutto al marito, che le ha insegnato come produrre i vasi e come provare piacere. Namie si eccita ai suoi stessi racconti e va dal marito che dorme, cerca di fare l’amore ma lui non reagisce. In preda all’eccitazione, passa nel laboratorio e si fa prendere dal lavorante mentre lei maneggia e lecca un vaso in costruzione. Le due lavoranti sono in preda al delirio per il desiderio insoddisfatto. I gemiti di tutti e quattro all’unisono formano un accompagnamento sonoro. Mentre Namie raggiunge un poderoso orgasmo, le due lavoranti camminano per strada e incontrano due uomini. Senza mezzi termini li catturano e li portano in laboratorio. Li denudano e iniziano a cospargerli di argilla liquida con massaggi sempre più arditi, dicendo loro “tu sei il mio tsubo(vaso)”. Dopodiché si denudano anch’esse e si uniscono a loro in un tripudio di argilla liquida.
La scena passa a un’esposizione pubblica di ceramiche cui partecipa anche Namie. L’attenzione dei presenti si concentra su uno tsubo di notevole fattura, che sembra il membro di un cavallo. L’autrice è Hikaru, l’avvenente concorrente di Tetsuya e Namie che, a seguito della vittoria si scatena in una danza sensuale con mezzo spogliarello. Namie, umiliata, se ne va.
Reggendosi a stento con un bastone, il maestro si reca al laboratorio di Hikaru per chiedere giusitificazione dell’umiliazione della moglie e la trova  che sta producendo un nuovo grande vaso tramite i suoi seni. Quando lei si accorge di lui, di fatto lo violenta. Lui muore nello sforzo. Arriva il lavorante in cerca del maestro e Hikaru si accoppia lungamente con lui.
Dopo la veglia funebre anche Namie vorrebbe produrre un grande vaso con in seni ma i suoi non hanno la misura sufficiente. Inizia allora a modellare un vaso con la bocca.
Nuova esposizione di ceramiche. Arriva una principiante che porta il suo primo manufatto, un vaso prodotto tra le gambe. Vince il premio annuale.
Namie e i suoi sono in laboratorio, abbattuti, quando arriva Hikaru che propone di collaborare. Namie e Hikaru uniscono le forze e producono un vaso tramite mani, bocca e seni, incitate dai lavoranti.
Primo film pinku di Sono. Il titolo iniziale  era Aru hisokanaru tsubotachi (t.l.: Certi vasi particolari) e giocava in forma elegante sulla doppia connotazione della parola tsubo (vaso), inteso sia come manufatto prodotto in maniera “particolare” come nel film sia come metafora della vagina. Con questa seconda accezione sono infatti molti i film pinkuche recano nel titolo la parola tsubo. Nelle proiezioni nelle sale del circuito porno il titolo venne poi cambiato con il meno originale e più esplicito Seigi no tatsujin nyotai tsubo saguri (t.l.: Maestre di giochi sessuali – Modellare vasi con il corpo).
Pur accettando di realizzare un film di genere, e di un genere particolare qual è il pinku, Sono riesce a connotarlo come proprio. Il fatto stesso che egli reciti compiaciuto nella parte del maestro artigiano e che l’intera storia si snodi all’insegna del grottesco, dell’esagerato e del parodistico sono la conferma di come abbia colto l’occasione per divertirsi e per divertire gli spettatori. Alcune scene sono vere e proprie parodie di luoghi topici del roman porno, come l’orgia con l’argilla delle lavoranti con i due sconosciuti che cita esplicitamente le soap land. Allo stesso modo, gli inserti delle finte interviste sono una deviazione rispetto ai canoni del genere, o meglio ancora, una presa in giro dei cosiddetti porno docufiction, un sottogenere del pinku.
La scelta del tema di base – l’argilla, le ceramiche, il mastro vasaio – pur nella sua derivazione parodistica richiama quell’attenzione per il corpo e il suo modellarsi o essere modellato che si ritrovano nella danza butōe nei lavori dello stilista Ishikawa di Utsushimi.
Ancora un dettaglio à la Sono: i titoli di testa e di coda sono ripresi dalla telecamera come incisi su tavolette o manufatti di terracotta, a ricordarci quel concetto di “scrittura visualizzata” (rubo la bella definizione a Giampiero Raganelli, “Sono Sion o degli eterni ritorni”, Filmidee#3, che argomenta come tutto il cinema di Sono si basi su questo concetto), che fu la molla del passaggio di Sono dalla poesia al cinema e che si ritrova qua e là in vari suoi film, da Jitensha toiki a Utsushimi.
Infine, un dettaglio per cinefili. Il film è prodotto dalla Okura Film, un nome conosciuto dai cultori dei B-movies. Okura Mitsugu fu presidente dal 1955 al 1961 della Shintōhō, la casa di produzione nata da una costola della Tōhō nel 1947 e che, dopo i buoni risultati iniziali con autori come Kurosawa, Mizoguchi, Ozu, Naruse e Ichikawa, riuscì poi a sopravvivere proprio grazie alla guida di Okura – non a caso chiamato “il Roger Corman giapponese” – sfornando film epici di guerra e film di genere a basso costo: “film dell’orrore, thriller erotici, film che mescolavano sesso e paura con modalità nuove e divertenti” (Cfr. l’interessantissimo libro di Mark Schilling, NUDES! GUNS! GHOSTS! The Sensational Films of Shintoho, Udine, Centro Espressioni Cinematografiche, 2010). Dopo la bancarotta del 1961, Okura lanciò una propria società di produzione, la Okura Eiga, appunto, che realizzò film horror e, in seguito, si specializzò in porno softcore. Il fatto che il film pinku di Sono sia stato realizzato dalla Okura, sebbene dopo la morte del suo fondatore, marca idealmente una certa sintonia nell’atipicità sia del regista che della casa produttrice rispetto agli standard correnti di genere. [Franco Picollo]
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