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Koreeda Hirokazu’s Going My Home – Episodes 6-7 (是枝裕和のゴーイング マイ ホーム第6-7話)

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Going my Home – Episodi 6-7.  Regia e sceneggiatura: Koreeda Hirokazu. Musica: Makihara Noriyuki. Interpreti e personaggi: Abe Hiroshi (Tsuboi Ryota), Yamaguchi Tomoko (Tsuboi Sae), Makita Aju (Tsuboi Moe), Miyazaki Aoi (Shimojima Naho), YOU (Ito Takiko), Yasuda Ken (Ito Kenji), Arai Hirofumi (Sanada Shun), Bakarhythm (Kobayashi Satoru), Natsuyagi Isao (Tsuboi Eisuke), Abe Sadao (Tokunaga Taro), Yoshiyuki Kazuko (Tsuboi Toshiko), Nishida Toshiyuki (Torii Osamu). Produzione: Toyofuku Yoko, Kumagai Kiichi. Durata: 46’. Periodo di trasmissione della serie alla tv giapponese: 9 Ottobre 2012 – 18 Dicembre 2012.
Link: Sito ufficialeYoutube (è disponibile l’intero drama, sottotitolato in inglese)


Entrambi gli episodi si aprono con un sogno di Ryota, nel quale i piccoli kuna, che oramai sembrano essersi stabilmente sistemati sotto al suo divano, si preoccupano di trovare un’occupazione, prima chiedendo all’uomo se non possa utilizzarli per i suoi spot, e poi dedicandosi ad opere di intaglio…
Ryota e il suo collaboratore Sanada partono per Nagano, per partecipare all’organizzazione dell’evento che riguarda i kuna e lì, con l’aiuto del bizzarro giornalista, intervistano i locali sulla presenza dei piccoli esseri. Incontrano anche un “ricercatore di kuna” che li mette al corrente delle tecniche da utilizzare nella “caccia”: ci si può avvalere del fiuto di un cane o, meglio ancora, usare delle trappole, come spargere in giro piccoli cappelli a cono. Ne mostra uno fatto da lui, identico a quello trovato da Ryota tempo prima. Intanto Naho e il padre continuano nei loro battibecchi: l’uomo accenna al fatto che Daichi sarebbe un bambino più sereno se avesse un padre. Il dentista si trova poi coinvolto insieme a Ryota in un evento imbarazzante: entrambi si recano infatti una notte alla palestra in disuso, per imprimere nella polvere piccole orme di piedi, in modo da far credere che siano passati i kuna, e vengono scoperti dal poliziotto del posto.
Continua l’organizzazione dell’evento dei kuna: al centro diverse persone si presentano per iscriversi.
Finalmente arriva il giorno in cui l’anziano Eisuke può lasciare l’ospedale. La famiglia al completo viene a prenderlo per portarlo a casa. Il dentista, in un momento da solo con lui, gli chiede di non tornare più, perché per lui è troppo doloroso e fa riferimento alla donna che ha amato, Kumi.
I familiari si ritrovano tutti nella grande casa, e pranzano insieme. La nonna prepara le frittelle di riso, di cui va molto fiera, insieme a Sae. Quest’ultima, che le sere prima si era dedicata alla piccola Moe, insegnandole anche una sua ricetta, promette al padre di Ryota che cucinerà al suo funerale. Si intrattengono anche a leggere gli haiku che la nonna scriveva quando era giovane. Moe chiacchiera un po’ con il nonno e gli chiede dei kuna: lui le dice che se ci crederà, potrà forse vederli. Anche Ryota parla con il padre: gli mostra una foto che ha trovato e che raffigura un edificio. Eisuke gli svela che si tratta di una casa che ha comprato e dove intende ritirarsi prima di morire.
Alla fine della giornata si separano: gli anziani rimangono soli, la sorella e la sua famiglia se ne vanno e anche Ryota, con Sae e Moe, tornano a casa. Parlano della festa di Natale del vicino, alla quale Ryota potrebbe travestirsi da Babbo Natale, o anche da renna o, ipotizza Sae, anche da albero. Un albero molto alto.
Il ritratto della famiglia Tsuboi riunita non può non far pensare a Still Walking. I membri si ritrovano in una giornata insieme e condividono il pasto. Il regista, anche qui, si sofferma sulla preparazione dei piatti. Analogamente il padre anziano è in disparte: Eisuke così come il capofamiglia Yokoyama, ha delle ombre nel suo passato, che continua a celare alla moglie e ai figli. I rimandi non si fermano qui. Nella casa dei genitori Ryota scopre un’antina del mobiletto del bagno che non si chiude più, è deformata, e nessuno si è preso la briga di ripararla. È un segno del trascorrere del tempo, del fatto che i due coniugi siano invecchiati ormai, esattamente come lo erano il sostegno nella vasca e la piastrella sbrecciata nel bagno della famiglia Yokoyama.
Koreeda ribadisce le proprie tematiche.
La malinconia della perdita delle persone care è un altro argomento trattato negli episodi. La piccola Moe aveva recuperato il banco della compagna Megumi e lo aveva rimesso nella classe: il gesto aveva causato la nuova convocazione della madre da parte della maestra. Moe spiega successivamente che aveva litigato con Megumi il giorno prima della morte della compagna e non era riuscita a restituirle un libro, cosa che spera potrebbero fare i kuna. Sae, in una bella sequenza mentre tornano a casa da scuola, racconta alla bambina di come si era sentita quando i suoi genitori si erano liberati delle cose della nonna, che era mancata. Madre e figlia si trovano su un ponte, nel momento in cui la donna accenna con malinconia a quel momento: è la stessa nostalgica sensazione che aveva suscitato la sequenza della nonna di Yumiko in Maborosi, quando nel sogno della piccola protagonista l’anziana, proprio su un ponte simile, le diceva che sarebbe tornata al proprio luogo d’origine, in attesa di morire.
Mi sembra interessante un accenno, che normalmente non troviamo in maniera così esplicita nelle opere di Koreeda, sulla Fede. Quando Moe chiede al nonno se sia possibile vedere i kuna, l’anziano le risponde che è possibile se ci si crede. La bambina allora incalza «ma allora se ci credo riesco a vedere anche Dio?», ottenendo in questo caso una risposta un po’ vaga.
Nei due episodi, come già nei precedenti, sono molte le riprese che iniziano o terminano con la macchina da presa che indugia in ambienti deserti di personaggi umani, e che sembrano un rimando alle tecniche di ripresa di Ozu Yasujiro. Così come in diversi casi i dialoghi non avvengono in campo contro campo, bensì tra due persone poste di fianco, nella stessa inquadratura: nel caso, per esempio, dello scambio di battute tra i vecchi amici, Eisuke e il dentista, a proposito della donna che i due hanno amato, sono sempre entrambi presenti nell’immagine, e i loro rispettivi primi piani sono alternativamente sfocati.
È interessante notare che a volte il regista pone le figure umane sullo sfondo di edifici fatiscenti o ruderi di cemento: ad esempio la donna che viene intervistata da Ryota e dal collaboratore a proposito dell’avvistamento dei kuna e che parla davanti a quella che potrebbe essere la struttura portante di un edificio mai terminato. In uno scenario bucolico e quasi idilliaco, di colline e foreste, come quello della zona in cui è ambientata la vicenda dei kuna, l’irrompere di questi elementi dissonanti, in contrasto con il paesaggio circostante – come quello appena descritto o come la grande diga – può far pensare che il regista abbia voluto lasciar intendere che la tranquillità sia solo apparente. Che sotto la superficie di serenità si agitino forze in conflitto, magari causate da eventi passati, che, se trovano un varco, possono erompere in tutta la loro brutale evidenza.
Nel sesto episodio anche un breve accenno alla tragedia di Fukushima: durante una riunione comunale, uno dei partecipanti, dopo aver considerato che la popolazione del posto è diminuita perché i giovani sono i più propensi ad andarsene, propone di attivarsi in modo da far sì che le vittime della tragedia possano trovare lì a Nagano una nuova occupazione. [Claudia Bertolè]

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