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Bushi no ichibun (武士の一分, Love and Honor)


I migliori film del cinema giapponese dal 2000 a oggi scelti dalla redazione di Sonatine
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Bushi no ichibun (武士の一分, Love and Honor). Regia: YamadaYōji. Soggetto: dal romanzo di Fujisawa Shûhei. Sceneggiatura: Yamada Yōji, Jiramatsu Emiko, Yamamoto Ichirō. Fotografia: Naganuma Metsuo. Montaggio: Ishii Iwao. Musica: Tomita Isao. Interpreti e personaggi: Kimura Takuya (Mimura Shinnojo), Dan Rei (Mimura Kayo), Bandō Mitsugorō (Shimada Toya), Sasano Takashi (Tokuhei) Kobayashi Nenji (Higuchi Sakunosuke), Ogata Ken (istruttore di Shinnojo). Produttore: Fukazawa Hiroshi, Yamamoto Ichirō per Asahi Broadcasting, Love and Honor Film Partners (c/o Shochiku). Durata: 121′ . Data di uscita nelle sale giapponesi: 1 dicembre 2006.

Con questa pellicola che chiude la sua trilogia dei samurai (gli altri due titoli sono The Twilight Samurai, 2002; Hidden Blade, 2004), Yamada narra della sfortuna di Mimura, un samurai, il quale, nello svolgimento del suo mestiere, quello di assaggiatore di cibo destinato ai pasti dello shogun, viene avvelenato e perde la vista. Dopo aver divorziato dalla premurosa moglie che si è concessa al capo del servizio delle guardie Shimada perché tratta d’inganno e nel solo tentativo di aiutare il marito, questi si vendica in duello e, vincitore, salva il proprio onore ricongiungendosi con la compagna, grazie anche alla figura del suo fedele servo, Tokuhei. Una storia semplice, curata nella messa in scena e nella recitazione dei protagonisti, ridotti ad un esile nucleo familiare. Vengono ancora celebrati la rettitudine e quell’insieme di valori portanti di una casta che vacilla, in decadenza, pur sorretta da una profonda tradizione, come del resto già accadeva in The Twilight Samurai e in Hidden Blade. Infatti, già dalle prime battute Mimura dichiara alla moglie Kayo il desiderio di rinunciare al suo lavoro denunciando la bassezza di un tale ruolo, lontano dai privilegi e dagli onori di un tempo.
La centralità dei personaggi, le loro stesse gerarchie, in un mondo fatto di rituali e codici di comportamento, assumono il rigore geometrico nel quadro e nella sua prospettiva che ritrae prevalentemente interni. Al castello, dove gli spazi e i movimenti dei personaggi sono coordinati e coreografici, quanto nell’abitazione di Mimura, dove la disposizione dell’uomo, della donna e del servo, la profondità di campo, tracciano le dinamiche relazionali e le tensioni che regolano i loro rapporti. Si tratta infatti di un’intensa e umile storia d’amore, d’inganni e di vendetta, lontana dagli eccessi melodrammatici e velata di una lieve ironia, nella quale l’azione e gli scontri vengono relegati ad un esclusivo duello. Ma è anche una storia d’affetti e legami che non accettano compromessi, che tende a distinguere le intime ragioni dei protagonisti da un mondo circostante di personaggi superficiali e infimi, come la zia insopportabile che giunge per denunciare il tradimento di Kayo, i familiari che tendono a far prevalere una logica economica e di prestigiosa parvenza, ma soprattutto Shimada, il quale incarna valori antitetici rispetto al protagonista cieco che, a sua volta, lo indurrà al suicidio dopo l’umiliazione inflitta.
Elementi simbolici tracciano l’evoluzione di un rapporto, quello di Mimura e Kayo, che tenderà a concludersi nei suoi risvolti positivi: la natura con le sue lucciole notturne e le farfalle, animate dalla computer grafica, connotano i momenti forti delle relazioni: le piccole bugie dette a fin di bene, gli attimi di disperata solitudine, la sua accettazione, ed infine il ricongiungimento finale. Parallelamente la coppia di canarini che Mimura ascolta cinguettare si riduce ad un’anima solitaria cui egli stesso dona la libertà per poi incendiare la gabbia. Il ritorno di Kayo rinnova l’intenzione di costruirne un’altra per ospitare una nuova coppia: metafora di una rinascita avvenuta. Come sempre, le atmosfere suggerite, le luci e gli ambienti vivono un rapporto empatico con i personaggi di cui riflettono gli umori. Se l’oscurità, il buio, divengono elementi significanti e simbolici all’interno dei due film precedenti, come nelle scenografie e nei duelli di The Twilight Samurai o Hidden Blade, qui la connotazione crepuscolare di un’epoca è ulteriormente accentuata dalla stessa cecità del protagonista e dal fatto che il duello avvenga all’insaputa di tutti: non viene celebrato in quanto umile e abile guerriero come capitava nelle pellicole precedenti, ma piuttosto, in silenzio, rimane nell’oscurità, evitando di essere considerato l’assassino dell’ignobile capo delle guardie. [Davide Morello]

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