classici1-1845135

SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Sensō to hitori no onna (戦争と一人の女, A Woman and War)


250px-the_war_and_a_woman-p1-7248199
Sensō to hitori no onna (戦争と一人の女, A Woman and War). Regia: Inoue Junichi. Soggetto: dal romanzo omonimo di Ango Sakaguchi. Sceneggiatura: Arai Haruhiko. Fotografia: Nabeshima Atsuhiro. Interpreti: Eguchi Noriko, Nagase Masatoshi, Murakami Jun, Emoto Akira, Takao Sakiko. Produttori: Katashima Kazutaka, Terawaki Ken. Uscita nelle sale giapponesi: 27 aprile 2013.

In un periodo in cui torna prepotentemente “di moda” la destra nazionalista ed il sentimento di “accerchiamento” da parte dei vicini (Cina e Corea del Nord in primis) ha raggiunto nel popoloro giapponese livelli assai elevati, un film come Sensō to hitori no onna (Una donna e la guerra) funziona da salutare contraltare, qualsiasi siano le nostre inclinazioni politiche.
Si tratta di fatto del debutto dietro la macchina da presa di Junichi Inoue, sceneggiatore che ha collaborato spesso con Wakamatsu Kōji nella sua ultima parte di carriera, e che con questo lungometraggio super low budget continua, sia stilisticamente che per ciò che concerne le idee espresse, il lavoro di scavo e di illuminazione della parte oscura del ventesimo secolo giapponese che Wakamatsu aveva intrapreso nei suoi ultimi lavori. Ambientato verso la fine del secondo conflitto mondiale, Una donna e la guerra basandosi su un romanzo breve dello scrittore Sakaguchi Ango, ci porta direttamente nella follia della guerra e nell’orrore che questa è capace di scatenare e di (ri)svegliare nell’animo umano. I protagonisti sono tre personaggi che in modi diversi hanno perso tutto, quasi azzerando il loro passato e che all’orrore della situazione  bellica reagiscono in modi diversi. Un soldato di ritorno dal fronte senza un braccio e che continua la violenza verso le donne perpetrata e pianificata durante la guerra in Cina diventando un violentatore. Una prostituta che si guadagna il pane vendendo il proprio corpo ma che non riesce più a provar nessun tipo di piacere e la sua storia con uno scrittore fallito sprofondato in un inarrestabile processo di autodistruzione.
Il film è un pugno nello stomaco, crudo, una pellicola che sfrutta al meglio il basso budget e l’elemento visivo “povero” per trasmettere la sciatteria, la povertà d’animo e la bassezza spirituale che si annida nel cuore umano e che sembra non aspettare nient’alto che il momento più adatto formito dalla follia ragionata della guerra, per uscire allo scoperto. Qui come negli ultimi film di Wakamatsu, United Red Army, Caterpillar11.25 Jiketsu no hi: MishimaYukio to wakamonotachi, la piattezza, la povertà e l’antistilisticità infusa nelle immagini sono il risultato di un uso del digitale che in questo caso sembra aver davvero trovato il motivo d’espressione migliore. Il racconto degli orrori della guerra e soprattutto quello di una violenza istituzionalizzata che lo stato giapponese per fini imperialisti ha giustificato e programmato, sono ancora ferite aperte che le nazioni asiatiche al tempo aggredite non hanno mai dimenticato e che il governo attuale giapponese in carica sembra voler attenuare quando non rinnegare. Testi scolastici che ancora non raccontano tutta la verità sui massacri militari della prima metà del ventesimo secolo e personaggi politici che giustificano con battute poco fortunate la prostituzione forzata delle donne cinesi per il sollazzo dei militari giapponesi ci dicono come i temi sollevati ed affrontati senza nessuna esitazione e con una brutalità al limite della sopportazione da Inoue ed il suo film, sono più che mai attuali.
Uccidere in tempo di guerra è molto diverso che uccidere in tempo di pace, nel primo caso ottieni una medaglia, nel secondo la pena capitale. Si potrebbe parafrasare così una frase pronunciata nel film e per esteso la critica feroce che Inoue con il suo lavoro porta davanti gli occhi dello spettatore. Senso to hitori no onna è un film senza mezze misure, brutale, decisamente di parte e per niente lieve nei confronti della guerra, allo stesso tempo esteticamente  calato per intero nel suo alveo da low budget film, in certe occasioni fin troppo. È un lavoro che per il suo racconto della part maudit dell’essere umano, nel suo tendere verso il basso, verso l’elemento ctonio, andrebbe visto insieme a Kaze tachinu (The Wind Rises) di Miyazaki, che invece sulla guerra fa altri tipi di ragionamento e segue altre traiettorie. Entrambi importanti, entrambi necessari. [Matteo Boscarol]

CONDIVIDI ARTICOLO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *