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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Yurusenai aitai (ゆるせない逢いたい, Again)



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Yurusenai aitai (ゆるせない逢いたい, Again). Regia e sceneggiatura: Kanai Jun’ichi. Fotografia: Kiyomura Toshiyuki; Costumi: Kudo Yui. Montaggio: Takeda Takuya. Musica: Yoshida Tōru. Interpreti e personaggi: Yoshikura Aoi (Hatsumi), Yagira Yūya (Ryūtarō) Asaka Mayumi (Keiko, la madre), Araki Yuko (Mari, l’amica), Hara Fumiko. Produzione: Hosono Yoshiro per SDP/Cine Griot. Durata: 107’. Anteprima mondiale: Busan Film Festival 7 ottobre 2013. Uscita nelle sale giapponesi: 16 novembre 2013, Girato in HD

Links: Sito ufficiale (in giapponese) –  Maggie Lee («Variety»)  
Punteggio 1/2

Hatsumi è una giovane studentessa ed un eccellente atleta che dopo la morte del padre, a causa di un incidente, si trasferisce nella casa della madre, che le si rapporta con un’eccesiva severità. Di agiate origini borghesi, Hatsumi incontra il giovane proletario Ryūtarō, che lavora come operatore ecologico. Quando la ragazza lo vede per la prima volta, al fine di consegnargli un pacco di giornali da riciclare, lui le fa notare – in un efficace accenno alle loro differenze di classe – che vendendolo a un rigattiere si porterebbe a casa un po’ di Yen. Subito attratti l’uno dall’altro, i due iniziano a frequentarsi ma la madre cerca di impedirglielo. Sin qui il film si muove su binari abbastanza tradizionali, quelli del seishun e dell’hatsukoi eiga (film di gioventù e sul primo amore). Ma il tono cambia quando Ryūtarō, che per diversi giorni non era più riuscito a vedere la ragazza a causa dell’opposizione della madre, incontra finalmente Hatsumi e abusa di lei sessualmente. Acquista qui pieno senso il titolo originale del film, che letteralmente significa «Non ti perdono ma desidero incontrarti». Se, infatti, la madre è decisa ad andare fino in fondo e percorre le dovute vie legali per punire il ragazzo, i sentimenti di Hatsumi sono decisamente più ambivalenti. Con efficacia l’esordiente Kanai Jun’ichi, anche sceneggiatore, evita manicheismi di ogni sorta, facili condanne e altrettanto facili assoluzioni, assume fino in fondo il punto di vista di Hatsumi, si interroga sulle ragioni del comportamento di Ryūtarō, e mette in scena il mondo interiore della ragazza fatto di incertezze ed esitazioni.
L’andamento procedurale del film, gli interrogatori, il ruolo dei mediatori, gli incontri fra i due ragazzi sotto il vigile occhio degli adulti, sono un efficace spaccato della società giapponese e dei modi in cui essa si prodiga per portare a pacificazione i conflitti individuali. Ciò che probabilmente manca a Yurusenai aitai è un po’ più di coraggio sul piano espressivo, dal momento che lo stile del film risulta privo di impennate, troppo appiattito sugli standard televisivi e non sempre in grado di esprimere davvero i contrastanti sentimenti della sua protagonista. [Dario Tomasi]

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