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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Bocchan (ぼっちゃん, Bozo)

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Bocchan (ぼっちゃん, Bozo). Regia: Ōmori Tatsushi. Sceneggiatura: Ōmori Tatsushi, Tsuchiya Hidemori. Fotografia: Fukaya Atsuhiko. Scenografia. Kurokawa Michitoshi. Montaggio: Hayano Ryō. Musica: Ōtomo Yoshihide. Interpreti e personaggi: Mizusawa Shingo (Tomoyuki Kaji), Uno Shōhei (Tanaka), Fuchikami Yasushi (Okada Kōji), Tamura Ai (Okada Yuri). Produzione: Kondō Takahiko, Muraoka Shin’ichirō per Apache Co.. Durata: 130’. Anteprima mondiale: Tokyo FILMeX dicembre 2012. Prima uscita nelle sale giapponesi: 16 marzo 2013. Girato in DCP.
Links: Trailer Tokyo FilmEx 
Punteggio ★★★1/2

Nato nel 1970, Ōmori (o Ohmori) Tatsushi, figlio del celebre maestro di Butoh Akaji Maro, si è affermato sin dai tempi di Gerumaniumu no yoru (The Whispering of the Gods, 2005) come uno dei più interessanti registi dell’ultimo cinema giapponese. Un ruolo confermato anche dai successivi Kenta to Jun to Kayo-chan no kuni (A Crowd of Three, 2010), Mahoro eki-mae tada benriken (Tada’s Do-It-All House, 2011) e dal recente Sayōnara keikoku (The Ravine of Goodbye, 2013).
Come già era accaduto per il film di Hiroki Ryōichi River (2012), Ōmori prende qui spunto dal tragico massacro di Akihabara – in cui un uomo investì con la sua auto diverse persone e ne finì altre con un coltello, provocando la morte di sei uomini e una donna – per raccontarne una sorta di antefatto. Protagonista di Bocchan è Kaji, un giovane ventottenne goffo e impacciato, appena trasferitosi a Saku (nella prefettura di Nakano) per lavorare come operaio in un’azienda. Kaji passa gran parte del suo tempo alla maniera di un solitario otaku, scrivendo messaggi di disperazione su internet, in cui si chiede se sarebbe finalmente felice morendo, e mostrandosi davanti a una webcam con indosso una maschera da lottatore di wrestler. Nonostante ciò, riesce a stringere amicizia con un suo collega, Tanaka, emarginato quanto lui, grasso, affetto da calvizie e narcolettico.
Sebbene i presupposti del film siano evidentemente drammatici, l’amicizia dei due giovani è rappresentata a tratti con un tono da commedia, assumendo anche una leggera – molto leggera – implicazione omosessuale. Ciò che tuttavia rende Bocchan originale rispetto alle convenzionali storie di otaku, è la piega thriller che esso rapidamente assume, attraverso un terzo personaggio, Okada, anche lui operaio nella stessa azienda, che si scopre presto essere un serial killer psicopatico. Okada è per molti aspetti l’opposto di Kaji e Tanaka: gran parlatore, arrogante, sicuro di sé e pieno di donne. Ma con l’avanzare della narrazione lo si scoprirà fragile quanto gli altri due, incapace come loro di venire a patti col mondo: «Io e te ci assomigliamo: non valiamo niente» dirà Okada a Kaji, verso la fine della storia.
Spesso attento alla realtà degli emarginati, Ōmori offre in questo film un ritratto convincente delle angosce del quotidiano, spiazzando lo spettatore attraverso frequenti cambi di registro, non solo fra il comico e il drammatico, ma anche fra il realistico e grottesco. Così come è efficace l’uso di una colonna sonora free-jazz che mescolandosi alle frequenti disperate urla del protagonista – che così reagisce impotente alle ferite che il mondo gli provoca – crea un tessuto sonoro che esprime davvero bene i sentimenti di lacerazione emotiva dell’intera vicenda narrata. Una vicenda in cui gioca un ruolo importante anche la giovane Yuri, cha da vittima designata di Okada si trasforma poi nel vertice di un triangolo sentimentale che comprende lei stessa, Kaji e Tanaka, finendo in questo modo col frantumare il legame fra i due amici. Bocchan termina là, dove era iniziato: ad Akihabara con Kaji e Okada disperati in auto… un attimo prima che la strage sia commessa. [Dario Tomasi]

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