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Nakata Hideo’s Kaidan (怪談, Kaidan)


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Kaidan (怪談, Kaidan). Regia: Nakata Hideo. Soggetto: dal racconto Shinkei Kasane ga fuchi di Sanyūtei Enchō. Sceneggiatura: Okudera Satoko. Fotografia: Hayashi Junichiro. Montaggio: Takahashi Nobuyuki. Coreografia: Taneda Yohei. Costumi: Kurosawa Kazuko. Effetti speciali: Kishiura Hidekazu. Musica: Kawai Kenji. Interpreti e personaggi: Onoe Kikunosuke (Shinkichi), Kuroki Hitomi (Oshiga/Toyoshiga), Inoue Mao (Ohisa), Asō Kumiko (Orui), Kimura Tae (Osono), Asaka Seto (Oshizu). Produttore esecutivo: Sakomoto Junichi. Produttore: Ichise Takashige. Durata: 119 minuti. Uscita nelle sale giapponesi: 4 agosto 2007.
Link: Giacomo Calorio (Sono nato ma)
1773. Soetsu, un massaggiatore cieco rimasto vedovo, vive nel paesino di Hanyu con le due figlie, Oshiga e Osono, e presta denaro a usura. In una fredda giornata di neve, va a riscuotere i suoi crediti da Shinzaemon, un samurai squattrinato. Shinzaemon non ha soldi e per reazione lo uccide. Morendo, Soetsu lo maledice. Shinzaemon fa gettare il corpo nel vicino stagno di Kasane, dove già in passato una donna era stata uccisa. Presto il samurai impazzisce, uccide la moglie e si suicida. Il figlio Shinkichi, neonato, viene affidato a una famiglia di mercanti di Edo.
Venticinque anni dopo, Shinkichi vende tabacco per strada e incontra per caso Oshiga, ora chiamata Toyoshiga, nota insegnante di canto e molto più vecchia di lui. Ignari della maledizione che grava su di loro, i due si innamorano, suscitando l’ira dello spirito del padre defunto. Un giorno, durante un litigio, Shinkichi ferisce involontariamente Oshiga a un occhio, nello stesso punto in cui suo padre aveva ferito Soetsu. Oshiga muore dopo poco, lanciando a Shinkichi la maledizione secondo cui se lui si sposerà, lei tornerà per ucciderlo.
Shinkichi non dà peso alla cosa e si unisce alla giovane Ohisa, una ex allieva di Oshiga, che ha deciso di traferirsi a Hanyu a casa di uno zio, padre della bella Orui. I due arrivano nel paesino sotto una pioggia scrosciante e trovano riparo sotto un ponte che porta proprio allo stagno di Kasane. Puntuale, arriva lo spirito di Oshiga a perseguitare Shinkichi. Lui reagisce e la uccide ma, passato il momento di delirio, scopre che in preda all’allucinazione ha ucciso Ohisa. Viene soccorso dai servitori della casa dello zio di Ohisa che lo portano nella sua residenza. Orui si innamora di lui e i due si sposano. Nasce una bambina ma Shinkichi vede nei suoi occhi lo sguardo di Oshiga. In un nuovo accesso di delirio causato dalla ricomparsa dello spirito di Oshiga, Shinkichi uccide Orui. Inseguito dagli uomini del villaggio fugge disperato e, dopo un lungo duello, viene ucciso presso lo stagno di Kasane. Nell’ultima scena Oshiga aleggia sull’acqua dello stagno accarezzando la testa tagliata dell’amante.
Primo film totalmente giapponese dopo la controversa parentesi hollywoodiana, Kaidan – bizzarramente intitolato nell’edizione italiana Apparition – Amare oltre la morte – è anche un ritorno alle origini della tradizione giapponese dei racconti di paura, una tradizione che Nakata ha sempre tenuto in conto nella costruzione delle sue storie e dei suoi personaggi. La storia è tratta infatti da Shinkei Kasane ga fuchi, un racconto del 1859 di Sanyūtei Enchō che ha dato vita a vari film dell’orrore (tra cui uno di Mizoguchi, andato perduto), il più importante dei quali è Kaidan Kasane ga fuchi (Ghost of Kasane swamp, 1957) di Nakagawa Nobuo. È una storia che illustra come un’ingiustizia porti alla fine a un dolore maggiore di quello che l’ha causata attraverso una nemesi che non si ferma di fronte a nulla.
Nakata rielabora a modo suo lo svolgersi della vicenda, aggiungendo sapientemente qua e là, come si intuisce anche dalla fitta trama sopra esposta, personaggi e motivi per aumentarne la tensione. In particolare la prima parte della storia viene condensata e mostrata in bianco e nero come una scena teatrale con un narratore. Poi, pian piano, la vicenda prende colore e l’impianto teatrale iniziale tende a farsi dimenticare, senza mai però sparire del tutto.
Chi è abituato ai titoli che hanno reso il nome di Nakata famoso nel mondo troverà in questo film forse una minore tensione. Anche le scene più tipicamente di orrore (i serpenti intorno ai personaggi, le mosche che escono dalla bocca del figlio di Shinkichi, le tumefazioni sul volto di Oshiga) sono abbastanza superficiali. Chi guarda invece il film senza porsi l’interrogativo di quanto questi sia un j-horror, si gode un bel melodramma nero in costume sotto la pioggia e la neve e con un indimenticabile finale lirico che ha indotto qualche critico a chiamare in causa addirittura Ugetsu monogatari di Mizoguchi. Più che un cosiddetto j-horror, cui è legato il nome di Nakata, il film è una variazione del genere jidaigeki in cui il regista inserisce spunti orrorifici contemporanei.
La scelta e la direzione degli attori confermano il talento di Nakata. Il ruolo di Shinkichi è opportunamente affidato a Onoe Kikunosuke, il cui volto da putto e le movenze istintive da attore di kabuki ben si adattano alla parte e alla sua trasformazione da giovane imberbe in uomo segnato dalla maledizione. Ma è Kuroki Hitomi, già valorizzata da Nakata come indimenticabile madre single di Dark Water, a essere la protagonista assoluta del film. La debolezza isterica di Oshiga, donna matura che ama un uomo molto più giovane di lei ed ha paura di perderlo – anche oltre la morte, si potrebbe dire, è recitata in maniera splendida. Inoue Mao e Asō Kumiko, rispettivamente nei ruoli di Oshiga e Orui sono altrettanto ispirate. Il sottoutilizzo di Kimura Tae nella parte di Osono è persino uno spreco di risorse. In ogni modo, solo Nakata poteva avere il coraggio di far morire tutte e tre le sue affascinanti protagoniste. [Franco Picollo]
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