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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Sweet Pool Side

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Sweet Pool Side (id.). Regia e sceneggiatura: Matsui Daigo. Soggetto: dall’omonimo manga di Oshimi Shūzō. Interpreti e personagi: Suga Kenta (Toshihiko), Kariya Yūiko (Ayako), Tanimura Mitsuki, Kinoshita Takayuki, Rijū Go, Atai Moe, Ochiai Motoki. Distribuzione: Shōchiku. Uscita nelle sale giapponesi: 14 giugno 2014. 
Punteggio ★★★

Tratto dall’omonimo manga di Oshimi Shūzō, Sweet Pool Side è diretto dal giovane Matsui Daigo, classe 1982, già autore di Afro Tanaka (2012), presentato al Far East Film di Udine, e Daily Lives of High School (Danshin kokosei no nichijo, 2013). Come i due film appena citati, il primo sulle vicissitudini di un giovane che deve gestire un’insolita, fluente e non proprio voluta ‘capigliatura rasta’, il secondo sul confronto di due istituti scolastici, uno tutto maschile e l’altro tutto femminile, anche Sweet Poolside verte sul mondo dell’adolescenza e delle sue inquietudini. La storia è quella dell’incontro di due giovani, Ayako e Toshihiko, la cui relazione si basa sul principio degli opposti: lei è troppo pelosa, lui glabro come un neonato. Entrambi oppressi da tali condizioni, i due trovano rifugio nell’‘altro loro simile/dissimile’ dando vita a un rapporto in cui l’atto sessuale è sostituito dalle lunghe sedute di rasatura, in cui Toshihiko depila con una lametta il corpo di Ayako. Prima le braccia, poi le gambe e quindi – in un attento crescendo erotico – i peli sotto le ascelle. Il passo successivo sarebbe a questo punto piuttosto prevedibile, ma la relazione fra i due giovani è destinata a complicarsi, vuoi perché scoperta da una loro compagna, che minaccia di rivelare il tutto all’intera classe, vuoi perché Ayako, con grande scorno di Toshihiko, si innamora del giovane insegnante di nuoto, anche lui oppresso da una voce troppo stridula.
Il soggetto del manga di Oshimi è ripreso con intelligenza da Matsui, anche sceneggiatore, così da diventare – più di quel che non accadesse nel testo originale – uno sguardo attento sulle incertezze e le ansie del mondo adolescenziale. Senza essere privo di un certo erotismo hentai in chiave soft, Sweet Poolside abbandona abbastanza in fretta i modi della commedia per assumere quelli di una vicenda dai toni decisamente drammatici. Non tanto e non solo perché si arriverà persino a un tentato suicidio, ma per il modo in cui la tormentata soggettività di Toshihiko – anche narratore della storia – finisce col plasmare l’intera narrazione, affermando il sofferto punto di vista del protagonista come quello che, di fatto, orienta la rappresentazione. Si vedano ad esempio le frequenti soggettive immaginarie del giovane nel corso delle sedute di rasatura e le scene in cui solo nella sua stanza ‘gioca’ con la sua collezione di peli. C’è qualcosa nel film, soprattutto nel suo ‘sano’ proporre una certa ‘malsanità’, che, con tutti i distinguo del caso, rievoca un po’ il cinema di Wakamatsu – va da sé molto più volutamente ‘sciatto’ e scevro da ogni tentazione mainstream -. In conclusione va citato il climax del film, la lunga scena in cui si mescolano la richiesta di rasare i peli del pube e la rivelazione dell’innamoramento di lei per l’insegnante di nuoto, affidata a long take e movimenti di machina a mano a ridosso dei personaggi: una scena che rivela una notevole forza espressiva, e un certo talento nelle arti della regia, della messinscena e della direzione degli attori. [Dario Tomasi]

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