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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Tomodachi to arukō (友だちと歩こう, Walking With a Friend)

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Tomodachi to arukō (友だちと歩こう, Walking With a Friend). Regia: Ogata Akira. Sceneggiatura: Aoki Kenji. Fotografia: Fujii Yoshihisa. Montaggio: Yafune Yosuke. Musica: coba. Interpreti: Ueda Kouichi, Takahashi Chouei, Saitou Yochiirou, Matsuo Satoshi, Yamada Kinuo, Mizusawa Shingo. Produttori: Ogata Akira, Morishige Akira. Durata: 89 minuti. Anno: 2013. Tokyo Film Festival 2013.

Link: Trailer
Punteggio ★★★

Due anziani amici passano il tempo a passeggiare insieme, vanno a comprare le sigarette o a prendere un caffè. Entrambi si reggono in piedi a stento e ogni uscita è per loro un’impresa, che affrontano con impegno. Nei dintorni e nello stesso bar si aggira anche un’altra coppia di amici, decisamente più giovani, dei trentenni o giù di lì. I due anziani si arrabattano lungo la via e si assistono nel fronteggiare i reciproci malanni. I due giovani cercano di venire a capo delle loro vite disordinate e tutto sommato fallimentari. In particolare si spingono a casa della ex moglie di uno dei due, abbandonata molti anni prima improvvisamente, al punto che lei lo credeva morto. Un giorno, i due anziani sono in difficoltà a e uno dei dei giovnai li aiuta. Si ritrovano al solito bar e scoprono che l’atro giovane è sparito, inviando all’amico un registratore con inciso il rumore del mare. Il giovane e uno dei due anziani vanno al mare a cercarlo.
Ogata Akira – autore con il contagocce di film importanti, fra cui l’importante esordio Dokuritsu shonen gasshōdan (Boy’s Choir, 2000) e l’indimenticabile Itsuka dokusho suruhi (The Milkwoman, 2005) – torna dopo nove anni di silenzio e un lungo rinvio dovuto al terremoto del 2011 con un film da camera (seppur girato quasi tutto in esterni, nonostante il bisticcio di parole) sull’amicizia, la vita e la morte attraverso scorci di esistenza di quattro uomini.
Presentato al Tokyo Film Festival 2013, è un film delicato, con punte alte e qualche momento meno convincente, silenzi che riempiono e musiche grottescamente distoglienti. Insomma, un film – non a caso prodotto dal regista stesso – che sembra stare a metà tra un esercizio stilistico di alto livello fra amici e la raccolta di materiali preparatori per un’opera più articolata e “recitata” che deve venire. Come ha dichiarato lo stesso regista: “ Il film è come una coppa di semplici ramen senza contorno, solo ramen e brodo. Il brodo è la sceneggiatura, i ramen sono gli attori. Ho voluto far emergere il semplice, eppure ricco, sapore della storia e della recitazione”.
Le scene lineari delle due coppie di amici sono talvolta intervallate da alcuni siparietti dal vago sapore surreale, affidati tutti alle fugaci apparizioni femminili – la cameriera che versa l’acqua sul tavolo, la passeggiata dei due anziani zoppicanti con la ragazza con ingessata a seguito del tentativo di suicidio, l’asetticità della ex moglie – che sembrano preludere a sviluppi che poi non ci sono.
Un film toccante nella sua imperfezione. Come la vita, verrebbe da dire un po’ retoricamente. [Franco Picollo]
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