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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Oshin (おしん, Oshin)

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Oshin (おしん, Oshin). Regia: Togashi Shin. Sceneggiatura: Hashida Sugako, Yamada Kota. Fotografia: Suzuki Shūichirō. Interpreti: Hamada Kokone, Ueto Aya, Inagaki Goro, Izumi Pinko, Kishimoto Kayoko, Kobayashi Ayako. Produttori: Okada Arimasa, Tanizawa Nobuyuki, Zushi Kensuke. Durata: 109 minuti. Uscita in Giappone: 12 ottobre 2013.
Link: James Mudge (Beyond Hollywood) 
Punteggio 1/2

Oshin è il titolo di un dramma del mattino – una puntata di quindici minuti ogni mattina dalle 8 alle 8.15 per circa un anno – trasmesso tra il 1983 e il 1984. La storia della bambina nata in una famiglia di contadini poveri che passa attraverso mille fatiche e sacrifici fino ad arrivare al successo ha toccato il cuore dei giapponesi e ha segnato il record del più alto di indice di visione medio e di un singolo episodio della televisione giapponese. Il successo si è poi esteso anche all’estero. Il drama è stato infatti esportato in 59 paesi, ed è stato seguito in particolare in alcuni paesi del mondo arabo, dove la condizione della donna è notoriamente drammatica.
In occasione della ricorrenza dei trent’anni dalla prima trasmissione, forse pensando di sfruttare la spinta emotiva dell’epoca, qualcuno ha pensato di farne un film, concentrato però sulla parte iniziale della vicenda, cioè su quando Oshin è ancora bambina e ciononostante lavora incessantemente ai limiti della resistenza fisica. Il regista Togashi Shin, autore di pochi altri film di cui nessuno particolarmente rilevante, segue piattamente le traversie della poveretta e ci illustra le sue sofferenze contando di far leva sulle emozioni più istintive, arrivando anche a recuperare, in parti ora diverse, sia Kobayashi Ayako, l’attrice che da bambina impersonò la Oshin televisiva, sia Izumi Pinko, che all’epoca impersonò la madre di Oshin. Nel film odierno la madre di Oshin è invece Ueto Aya, le cui comparizioni sullo schermo stanno aumentando.
Sarà perché è una storia nata in un particolare momento della storia del Giappone – nella condizione di benessere dopo la fine della ricostruzione postbellica si volevano ricordare le fatiche di chi era venuto prima – e il mondo è cambiato, certo è che il film non trasmette nulla e nel suo compitare in maniera monotona le innumerevoli disgrazie della piccola lavoratrice, risulta quasi irreale quando non ridicolo. Solo Roman Polansky è riuscito a risuscitare Oliver Twist. [Franco Picollo]

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