classici1-1845135

SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Bushi no kondate (武士の献立, A Tale Of Samurai Cooking – A True Love Story)

a_tale_of_samurai_cooking_-_a_true_love_story-p2-1433519

Bushi no kondate (武士の献立, A Tale Of Samurai Cooking – A True Love Story). Regia: Asahara Yūzō. Sceneggiatura: Asahara Yūzō, Kashiwada Michio, Yamamuro Yukiko. Fotografia: Okimura Yukihiro. Montaggio: Ishijima Kazuhide. Musica: Iwashiro Tarō. Interpreti: Ueto Aya, Kōra Kengo, Nishida Toshiyuki, Yo Kimiko, Natsukawa Yui, Narumi Riko, Emoto Tasuku. Produttore: Ishizuka Yoshitaka. Durata: 121′. Uscita nelle sale giapponesi: 14 dicembre 2013.
Link: Sito ufficialeMartin Hafer (Influx Magazine) 
Punteggio ★★1/2

Epoca Edo, feudo di Kaga (riconducibile più o meno alla attuale prefettura di Ishikawa, con capitale Kanazawa). Haru (Ueto Aya), di umili origini e cameriera della moglie del daimyō (Natsukawa Yui) ha un talento per la cucina. Funaki Dennai (Nishida Toshiyuki), capo di una famiglia dei cuochi di corte, la convince a sposare il proprio figlio Yasunobu (Kōra Kengo) per insegnargli a cucinare e poter così continuare la tradizione di famiglia. Seppur perplessa, accetta. Il problema è però Yasunobu. Non solo è un pessimo cuoco ma soprattutto vive il passaggio dalla spada al coltello da cucina come un’onta irreparabile e pensa in realtà a partecipare a una cospirazione armata per rovesciare il signore del feudo. Con la devozione che ci si aspetta da una moglie giapponese di un film d’epoca, Haru riesce lentamente a convincere ad accettare i suoi insegnamenti il marito recalcitrante (probabilmente anche nei doveri coniugali) . Quando a Dennai si presenterà l’occasione della vita e cioè organizzare il banchetto per l’insediamento del nuovo signore di Kaga alla presenza dello shōgun, Yasunobu non potrà più rinviare l’assunzione delle proprie responsabilità e sarà Oharu che lo accompagnerà e lo sosterrà alla ricerca di ricette e ingredienti originali della zona con cui creare un pranzo indimenticabile.
Per circa un secolo la rappresentazione corrente dei samurai nel cinema è stata quella di eroi tutti d’un pezzo che vivono nel rigoroso rispetto del bushidō (la via del guerriero) e sono impegnati solo a combattere e morire per l’onore. Al di sotto di questa visione monolitica  ci sono state correnti più realiste. Una è quella che nasce dal genio precursore di Yamanaka Sadao e arriva per certi aspetti fino a Hana yori mo naho (Hana, 2007) di Koreeda Hirokazu nel dipingere i samurai come uomini normali sull’orlo del baratro economico e spesso esistenziale. L’altro filone, più corposo, è la parziale trasformazione di quello principale nell’epica del ronin, l’eroe romantico solitario, che da Rashōmon percorre i decenni successivi fino a trasfigurarsi in un certo cinema yakuza.
Si è dovuto però attendere l’inizio del terzo millennio, con Tasogare Seibei (The Twilight Samurai, 2002) di Yamada Yōji, per avere una visione più rispettosa allo stesso tempo della condizione reale di vita dei samurai nell’epoca Edo e del sentire contemporaneo. Il suo film mostra infatti un samurai eroico soprattutto nell’affrontare le durezze del lavoro nella vita quotidiana senza per questo perdere la maestria della spada quando occorre e costituisce emblematicamente la svolta realistica nel rappresentare i samurai al lavoro anziché alla guerra.  I duecentocinquanta anni di pace dell’epoca Tokugawa vedono infatti i samurai trasformarsi da guerrieri in amministratori e in parte artigiani. Yamada ha poi rilanciato gli stessi temi, anche se in maniera meno originale, con Kakushi ken oni no tsume (The Hidden Blade, 2004).
Da questi due film ne sono poi discesi vari altri, non tutti dello stesso livello, che ci hanno mostrato prima situazioni analoghe e poi addirittura singoli mestieri in cui eccellevano i samurai. Abbiamo così visto, tanto per citarne alcuni tra i tanti, samurai-assaggiatori per evitare avvelenamenti del sovrano (Bushi no ichibun, Love and Honor, 2006), samurai-contabili (Bushi no kakeibo, Abacus and the Sword, 2010), samurai-astronomi (Tenchi meisatsu, Tenchi: The Samurai Astronomer, 2012) e ora, ancora più avanti sulla strada dell’integrazione con la realtà, samurai-cuochi.
 Il regista Asahara Yūzō, proveniente solo da alcuni episodi della serie comica Tsuribaka Nisshi, dirige senza personalità un prodotto mainstream qua e là piacevole, presentato ai festival di Tokyo, Berlino e San Sebastian.  Qualche scena è azzeccata. per esempio, quando Oharu sfida il marito a cucinare per convincerlo che lei è brava e lui no, entrambi prendono un pesce crudo e lo tagliano e puliscono fino a farlo diventare delle fette di sashimi. Quello di Yasunobu è pessimo, quello di Oharu è ottimo. La scena riesce a far capire che il pesce tagliato da un maestro ha un sapore e una consistenza diversa (è anche per questo che non mangio sushi e sashimi nei ristoranti cinesi con nome giapponese che imperversano in Italia). Il banchetto finale, poi, è un po’ sbrigativo ma l’allineamento di piatti originali presentati in pompa magna è affascinante. Abbastanza appropriata anche la scelta dei colori sia negli interni che negli esterni sotto la pioggia o alla penisola di Noto.
Sul risultato non troppo riuscito pesa ovviamente la presenza di Ueto Aya, cantante e diva dei media ma totalmente negata per la recitazione. Meglio è di sicuro Kōra Kengo, che, sebbene un po’ rigido, riesce ad esprimere abbastanza bene l’ardore e la rabbia giovanile nel dover abbandonare la spada per il lavoro comune. Preferiamo però vederlo nei ruoli contemporanei con i quali ha già convinto. [Franco Picollo]

CONDIVIDI ARTICOLO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *