classici1-1845135

SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Keimusho no naka

doing_time-8531436

Keimusho no naka (刑務所の中, Doing Time). Regia: Sai Yōichi. Soggetto: Hanawa Kazuichi. Sceneggiatura: Hanawa Kazuichi, Sai Yōichi, Wui-Sin Chong, Nakamura Yoshihiro. Fotografia: Hamada Takeshi Costumi: Torino Keiko. Montaggio: Kawase Isao. Musica: Sasaki Tsuguhiko. Interpreti e personaggi: Yamazaki Tsutomu (Hanawa), Kagawa Teruyuki (Igasa), Taguchi Tomorowo (Tanabe). Produttore: Enoki Nozomu per Be-Wild, Eisei Gekijo. Distribuzione: Xanadeux. Durata: 99′. Uscita nelle sale giapponesi: 7 dicembre 2002. 
Blue Ribbon Awards 2003: Miglior regista. Hochi Film Awards 2003: Miglior film. Kinema Junpo Award 2003 Miglior attore non protagonista (Kagawa Teruyuki). Manichi Film Concours 2004: Miglior regista, Miglior direttore artistico (Isomi Toshihiro).

Tratto dal manga autobiografico di Hanawa Kazuichi, Doing Time racconta della vita carceraria del protagonista arrestato per detenzione illegale di armi da fuoco e violazione delle leggi sugli esplosivi. All’interno del penitenziario i ritmi quotidiani sono rigidamente prestabiliti e le regole impartite sono rigorosamente rispettate fino al minimo dettaglio, come il pelo ritrovato sul pavimento durante le pulizie, il quale suggerisce sin dall’incipit il rovesciamento parodistico del genere. Infatti, nessuno vuole evadere perché la reclusione è un lusso: si mangia squisitamente; il sapore del pane avvia ricordi d’infanzia, ma per constatare che di così buono non se ne è mai mangiato.
La cella d’isolamento, narra Hanawa, sarà uno dei ricordi più belli da rimpiangere usciti di prigione. La sua voce narrante è un continuo commento che illustra, replica, contraddice con pacato umorismo, i pensieri, le azioni dei personaggi, lo scorrere delle immagini, fino ad instaurare con esse un dialogo metalinguistico, quando, dopo il bagno, il protagonista, di rientro in cella, si ricorda di non aver osservato il dettaglio intimo di un detenuto, come si era ripromesso di fare: l’immagine si ferma in un frame-stop come ad interpretare l’interruzione sintattica della voce narrante, il suo ripensamento.
Sai Yōichi intesse una trama semplice e piacevole che gioca sull’unità di luogo, la quale innesca meccanismi ripetitivi, di routine quotidiana, di semplici gesti ossessivi, piccoli oggetti o eventi banali enfatizzati nella loro funzione significante: nel valore semantico che acquisiscono all’interno del microcosmo illustrato e nell’impiego espressivo di continui dettagli, i quali si succedono ritmicamente come le portate del veglione di Capodanno, enumerate in sequenza.
La dilatata scena del detenuto che nel laboratorio chiede di recarsi al bagno e quella successiva in cui Hanawa intende chiedere l’autorizzazione per raccogliere la gomma caduta a terra, sono esempi di gag costruiti su spazi e spostamenti geometrici, dei personaggi e della macchina da presa, su dettagli della mimica, che nel complesso ritraggono la condizione assurda di una società rigidamente impostata, il cui tempo è scandito da ritmi precisi e movimenti coreografici.
Piani lunghi che esaltano le geometrie di corridoi nella profondità di campo, statiche inquadrature verticali e lenti spostamenti di macchina che esplorano interni sempre ben delimitati, appartengono al ricercato repertorio figurativo della pellicola. [Davide Morello]

CONDIVIDI ARTICOLO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *