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Ai no chiisana rekishi (愛の小さな歴史, August in Tokyo)


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Ai no chiisana rekishi (愛の小さな歴史, August in Tokyo). Regia: Nakagawa Ryūtarō. Soggetto e sceneggiatura: Nakagawa Ryūtarō; Fotografia e montaggio: Konno Yasuhiro; Suono: Ishimori Tsuyoshi; Interpreti: Nakamura Eriko, Okito Takashi, Nakamura Asaka, Ikematsu Sōsuke, Mitsuishi Ken, Takahashi Manami; Produzione: Fujimura Takashi per ; Durata: 80’; Uscita in anteprima al Tokyo Film Festival: 26 ottobre 2014.
Link: Derek Elley (www.filmbiz.asia) – Stefano Locati (Asia Express)
Giudizio del recensore: ★★

Dopo la perdita di un’amica cara, l’adolescente Natsumi medita il suicidio. La faranno desistere l’intervento di un insegnante e una lettera della madre. Natsuki è invece un’ex ballerina che non ha potuto inseguire il proprio sogno a causa di una condizione familiare particolarmente drammatica. Divenuta adulta, sbarca il lunario consegnando pranzi a domicilio e conduce una vita solitaria, finché un ragazzo non la rimette in contatto con il padre da lei odiato per tutta la vita. Parallelamente, colpito dal suicidio di una delle sue vittime e dalla reazione della di lui sorella, uno strozzino di nome Natsuo decide di mettersi sulle tracce della propria sorella minore per salvarla da una vita fatta di droga e prostituzione. Le sorti dei tre personaggi sono intimamente collegate tra loro.
Dopo aver esordito nel 2012 con due film girati a quattro mani con Emoto Yōichi (Calling e Tale of a Raindrop), il giovane Nakagawa Ryūtarō torna dietro la macchina da presa da solo, con un paio di opere realizzate nello stesso anno: Plastic Love Story e questo August in Tokyo.
Il titolo inglese rimanda ai nomi dei tre protagonisti, Natsumi, Natsuki e Natsuo, tutti e tre contenenti il kanji di “estate”, ma il titolo originale, “Piccola storia d’un amore” (chiaro rimando al titolo originale del precedente e già citato Tale of a Raindrop) rivela in maniera più esplicita il contenuto del film. Racchiuso nel presente di una cornice la cui protagonista è la giovane Natsumi, il corpo principale di quest’opera solista di Nakagawa si concentra infatti sulle tragiche circostanze che, in una lontana estate passata, hanno portato alla felice nascita della storia d’amore tra Natsuki e Natsuo, di cui la ragazza dell’incipit scopriamo infine essere la figlia (non per niente Natsumi significa “frutto d’estate”). Come molti film giapponesi contemporanei, August in Tokyo prende le mosse da situazioni familiari complesse e drammatiche che in questo caso comprendono violenze domestiche, suicidi, figli resi orfani, divisioni e rancori, ma al regista preme soprattutto lasciare un messaggio di ottimismo: perché se è vero che certe relazioni ormai guastate o menomate non possono più essere riparate del tutto, un approccio positivo, coraggioso e generoso può aiutare, meglio se con l’ausilio favorevole del caso, a risolvere i propri dissidi interiori. Ed è questo il primo passo per poter voltare pagina e trovare altrove l’affetto che non si è potuto ricevere da coloro che si sono perduti.
Nakagawa dipana questa storia di destini paralleli e incrociati alternando e mettendo in risonanza le vicende separate dei due protagonisti in modo da sottolinearne le somiglianze, suggerendo così un senso di comunione del dolore che può offrire salvezza e consolazione agli esseri umani al di là delle barriere dello spazio (come per Natsuki e Natsuo) e del tempo (come per Natsumi, che supera il desiderio di suicidio ascoltando le storie dei suoi genitori e di un insegnante che in gioventù ha attraversato difficoltà simili alle sue). Purtroppo le ambizioni del regista, così come le sue velleità autoriali (certi vezzi scolastici e un po’ gratuiti nell’uso della profondità di campo e del montaggio alternato; un’estetica da film indipendente – con la camera a spalla che segue traballante le nuche dei personaggi – non mantenuta fino in fondo) non sono sorrette da un’adeguata solidità. A livello di intreccio, spesso le azioni dei personaggi appaiono poco plausibili e utili a far tornare i conti a ogni costo con evidenti forzature, mentre stilisticamente il film pecca a tratti di incoerenza, e ciò risulta particolarmente evidente nel tono eccessivo del climax drammatico, che tradisce il realismo asciutto della parte centrale (la migliore). Comunque un’opera di notevole e promettente maturità, se si tiene conto della giovane età del suo autore (appena 24 anni). [Giacomo Calorio]

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