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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Sanpaku yokka, goji no kane (三泊四日五時の鐘, Chigasaki Story)

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Sanpaku yokka, goji no kane (三泊四日、五時の鐘, Chigasaki Story). Regia: Misawa Takuya. Soggetto: Misawa Takuya. Fotografia: Ueno Shogo. Musica: Iwanoto Eiji. Personaggi e interpreti: Nakazaki Haya (Tomoharu), Sugino Kiki (Maki), Koshino Ena (Karin), Fukushima Juri (Ayako), Hori Natsuko (Risa), Nikaido Satoshi (professor Kondo). Prodotto da: Matsuzaki Hayate, Sugino Kiki. Durata: 88 minuti. World Premiere: Singapore International Film Festival, 9 dicembre 2014.
Paesaggio marino, famiglie in un parco, allegra musichetta di sottofondo: un inizio che ricorda certi film di Woody Allen per la commedia romantica Chigasaki Story, l’opera che segna il debutto al lungometraggio per il giovane regista Misawa.
In una piccola pensione della cittadina che dà il titolo al film convergono una serie di personaggi le cui rispettive storie si incastreranno producendo incroci emozionali e reazioni di vario genere… Risa, la proprietaria, si sta organizzando per celebrare la propria festa di matrimonio, in attesa che arrivi anche George, il novello sposo; alla festa parteciperanno Maki, sua ex collega (personaggio interpretato dall’attrice e produttrice Sugino Kiki), che arriva accompagnata da Karin, ragazza bella ed esuberante. Tomoharu, il ragazzo tuttofare della pensione, anche studioso di archeologia, rimane affascinato da quest’ultima. Arriva anche una classe di studenti di archeologia, capitanati dal professor Kondo (sotto la guida del quale, molti anni prima, Maki aveva frequentato un seminario). Tra gli studenti c’è Ayako, da subito colpita dall’aitante Tomoharu.
Il regista fa in modo che sia praticamente impossibile non cogliere i rimandi al cinema di Ozu Yasujiro: a cominciare dal titolo, che riecheggia quello del noto Tokyo monogatari (Tokyo Story), film diretto nel 1953 dal maestro del cinema classico. Ancora più chiaramente sarà lo stesso Tomoharu a spiegare alle due nuove arrivate, Maki e Karin, che la stanza nella quale alloggiano è proprio quella utilizzata da Ozu per scrivere le sceneggiature di alcuni dei suoi film più famosi. Anche le scelte registiche sono un evidente rimando: riprese di locali con camera posizionata in basso, inquadrature “di riflessione” di spazi nei quali non si trova nessuno dei personaggi, e, soprattutto, utilizzo di ellissi, il cui più rilevante esempio è proprio il matrimonio di Risa e George.
Perché tanta attenzione nell’evocare l’opera del cineasta del passato?
Forse perché è proprio questo uno dei temi che più sembra interessare al regista Misawa: il legame con il passato, il riflesso di ciò che è stato sul presente.
Nell’allegra commedia diversi elementi sembrano voler orientare in questo senso: il gruppo di ragazzi si interessa di archeologia, studiando i reperti recuperati da rovine della zona; e poi il fascino che il professor Kondo esercita su Maki sembra avere radici lontane, al tempo in cui la donna era una studentessa. Il passato è un’ombra sul presente, che condiziona scelte e azioni.
Mi è parso efficace l’incastro di personaggi, che risultano però a tratti un po’ troppo schematici: il ragazzo belloccio e servile, la brava donnina Risa (con un’interessante fuoriuscita dagli schemi nel momento in cui viene sorpresa in cucina, avvinghiata al professor Kondo…del resto come non capirla dopo aver visto il marito George), la sensuale ed egocentrica Karin.
In conclusione una piacevole commedia, ma, a parere di chi scrive, poco di più. Di certo però  i fan di Ozu ne potranno trarre grande soddisfazione…[Claudia Bertolè]

 

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