Otoko no isshō (娚の一生, Her Granddaughter)
Otoko no isshō (娚の一生, Her Granddaughter). Regia: Hiroki Ryūichi. Soggetto: dal manga di Nishi Keiko. Sceneggiatura: Saitō Hiroshi. Fotografia: Nabeshima Atsuhiro. Musica: Endo Koji. Interpeti: Eikura Nana (Dozono Tsugumi), Toyokawa Etsushi (Kaieda Jun), Andō Sakura, Mukai Osamu, Maeno Tomoya. Produttori: Tsujimoto Tamako, Utagawa Yasushi. Durata: 119′ . Uscita nelle sale giapponesi: 14 febbraio 2015.
Link: Mark Schilling (Japan Times)
«Non so cos’è la felicità» afferma con espressione triste (un po’ sempre la stessa espressione, a dir la verità…) Tsugumi. Lamento di donna bellissima: è la protagonista dell’ultimo film di Hiroki Ryūichi, Her Grandaughter, arrivato secondo nelle preferenze del pubblico all’ultimo festival Nippon Connection di Francoforte.
Tsugumi – la storia è tratta da una manga che ha tra i fan soprattutto donne adulte, pare – ha perso la nonna e si è trasferita nella grande casa che era di quest’ultima. Il caso vuole che un uomo altrettanto bellissimo, molto più grande di lei, nonché professore di filosofia ed ex amante della nonna (manga per donne adulte, si diceva…) abbia le chiavi della suddetta casa e si trasferisca in un’ala di questa, cominciando così una “convivenza” forzata con la ragazza. Lei è reduce dal fallimento di una precedente storia, lui non si sa bene perché sostiene che non vuole più innamorarsi, ma, lo si intuisce dalle prime battute, a posteriori si potrà dire che galeotta fu la casa o la nonna o entrambe….
Hiroki Ryuichi, maestro del melodramma, proveniente dal mondo del pink, ci aveva deliziato nel tempo con figure di donne memorabili nei suoi film: ricordo la protagonista di It’s Only Talk del 2005, così come quelle di The Egoistsdel 2011 o River del 2012.
In questa commedia sentimentale, ben strutturata senza dubbio, e al di là dell’aspetto intrigante di fidanzarsi con l’ex della propria nonna, tutto appare un po’ “finto”, a partire dai due protagonisti: Eikura Nana ha una presenza da modella, ma a parte questo trasmette ben poco; lui, Toyokawa Etsushi, gioca meglio e con umorismo il proprio ruolo, anche se troppo spesso si atteggia in pose da rotocalco rosa…. Insomma, è quasi un sollievo veder apparire sullo schermo Ando Sakura nel ruolo dell’amica, come sempre concreta e intensa, se pur in un ruolo secondario.
Ho apprezzato in ogni caso lo sguardo ironico del regista sui suoi personaggi: ripresi spesso “inquadrati” dalle quinte create dalle porte scorrevoli della casa d’epoca, oppure su una vecchia due cavalli, o a spasso nel bosco di bambù a Kyoto o, ancora, quando si ritrovano ad occuparsi di una bambino abbandonato dalla madre, improvvisamente piombato in casa, appaiono in ogni occasione così poco reali da intenerire. Quasi troppo belli per essere veri. Ho anche apprezzato gli spunti di un regista di talento che sa creare con un nulla personaggi sfaccettati. Un esempio? Il professore che corre sui sandaletti di legno con una mano maliziosamente appoggiata sul fianco, ancora più intrigante nel sospetto di una omosessualità non dichiarata.
Il tono è da commedia, i dialoghi propongono siparietti sul loro presunto matrimonio, gli altri componenti della piccola comunità – la vicina anziana, l’amico naïf che vuole darsi alla politica, la madre di Tsugumi, che vediamo saltellare di contentezza per l’annuncio delle nozze della figlia con il professore – sono altrettanti elementi che ben si inseriscono nell’atmosfera generale del film.
Tsugumi, però, non mi pare reggere il confronto con le “altre donne” di Hiroki Ryūichi.
In compenso in questo film si sorride dei drammi della vita, e non è poco in fondo: come quando il professor Kaieda sostiene: «l’amore è faticoso» e mentre lo dice accavalla le gambe fasciate da pantaloni dalla piega perfetta, passandosi le mani tra i capelli che meglio di così non potrebbero essere acconciati… [Claudia Bertolè]