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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Mitsu no aware (蜜のあわれ, Bitter Honey)

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Mitsu no aware (蜜のあわれ, Bitter Honey). Regia:  Ishii Gakuryū. Soggetto: da un romanzo di Murō Saisei. Sceneggiatura: Minato Takehito. Costumi: Sawataishi Kazuirō. Art designer: Sasaki Hisashi. Fotografia: Kasamatsu Norimichi. Personaggi ed interpreti: Akai Akako (Nikaidō Fumi), lo scrittore (Ōsugi Ren), Akutagawa (Kōra Kengo), lo spettro (Maki Yōko), il venditore di pesci rossi (Nagase Masatoshi). Durata: 105’. Uscita nelle sale giapponesi: 1 aprile 2016.
Link: Trailer (Youtube); Mark Schilling (Japan Times); Harris Dang (VCinema).
Uno scrittore giapponese famoso nel Giappone postbellico vede realizzarsi le sue fantasie quando un pesce rosso si trasforma in una giovane ragazza che diventerà la sua amante. Questa, però, scoprirà di non essere la sola quando incontrerà lo spettro di un’altra ragazza amata dall’anziano poeta. 
Ishii Gakuryū – che come come molti sanno, è Ishii Sōgo che ha cambiato nome – firma un lavoro molto diverso dal suo ipercinetico e per certi versi riuscito That’s It, ritorna per certi versi al genere fantastico e quasi onirico che aveva già toccato con alcuni lavori a cavallo fra questo ed il secolo scorso, ma si tratta di una fantasia letteraria e vintage, sia nello stile sia nei contenuti. Qui infatti il regista giapponese parte da un romanzo autobiografico del 1959 di Murō Saisei ambientato proprio negli anni cinquanta. Protagonista è un anziano scrittore ossessionato dalla sua musa ispiratrice, un pesciolino rosso tramutato in ragazza, interpretato con giocosità, leggerezza e comica purezza da Nikaidō Fumi, volto che sempre di più sta diventando sinonimo femminile del cinema giapponese contemporaneo.
Il film è diviso e strutturato in quattro capitoli, con le atmosfere che si muovono fra il surreale ed il letterario. Per il suo peculiare tono di giocosità e leggerezza ma con tratti erotici di fondo, il film può ricordare alcuni lavori dell’ultima parte della carriera di Jissōji Akio, autore conosciuto in occidente per i suoi lavori con l’ATG fra i sessanta ed i settanta. 
Buona è la messa in scena e la realizzazione dei costumi da parte di Sawataishi Kazuirō, con un’evidente e naturale propensione verso il rosso; un altro elemento riuscito è poi quello sonoro con il continuo rumore dello scorrere dell’acqua ad accompagnare i movimenti della giovane pesciolina.
La recitazione di Nikaidō è molto teatrale, nel senso che fa pensare spesso alle movenze e all’intonazione che potrebbe avere sul palcoscenico di un teatro: sempre in bilico fra il comico ed il bambinesco, riesce però a non arrivare all’eccesso da una parte o dall’altra. Buone anche le prestazioni degli altri attori, fra cui il coprotagonista interpretato da Ōsugi Ren. Una nota speciale va poi a Kōra Kengo che nei pochissimi minuti in cui è sullo schermo nel ruolo del famoso scrittore e premio nobel Akutagawa Ryūnosuke, riesce davvero, praticamente senza profferir parola, a creare un personaggio magnetico e ricco di profondità. 
Ishii riesce quindi a ricreare le atmosfere letterarie dell’epoca, quelle esterne ma anche quelle interne dei protagonisti. Meno riusciti sono purtroppo la narrazione e lo sviluppo della storia vera e propria. I momenti di tensione o quelli tragici in cui sembra che qualcosa cambi e porti le vicende da qualche parte ci sono, ma non riescono a creare un’uniformità di base, o meglio un tessuto su cui il film, con i suoi personaggi, si possa dipanare in maniera convincente. Ciò non tanto per inadeguatezza registica, o forse non solo, ma perché questa eterogeneità e mancanza di equilibrio sembrano essere proprio lo scopo del lavoro. Il salto tra i registri stilistici, da momenti quasi tragici a scenette comiche o leggere, fanno sì che le varie parti, pur nella loro compiutezza, appesantiscano e rompano il ritmo narrativo. Il risultato è una sorta di continua indecisione che rende il film quasi una sorta di somma di tentativi più che un’opera compiuta, con la conseguenza di lasciare piuttosto distaccato ed indifferente lo spettatore.
Purtroppo bisogna reiterare quanto detto per altri lavori di Ishii e cioè che le idee di partenza sarebbero anche buone, così come ogni tanto si ritrovano spunti interessanti, sia visivamente sia dal punto di vista del contenuto ma tutto questo non sempre viene tenuto insieme e sviluppato in un qualcosa capace trascendere la qualità dei singoli momenti. Peccato perché qua e là saettano bagliori di ottimo cinema. [Matteo Boscarol]
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