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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

BOLT (Hayashi Kaizō, 2019)

SPECIALE NIPPON CONNECTION (Francoforte 1 – 6 Giugno 2021)

★★★


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A 10 anni di distanza dal disastro nucleare di Fukushima Daiichi, avvenuto l’11 marzo 2011, sono circa 200 le opere realizzate, soprattutto documentari, girati a ridosso dell’incidente, ma anche opere teatrali o spettacoli di danza. Dobbiamo però aspettare il 2020 per vedere il primo lungometraggio in versione mainstream ovvero Fukushima 50 di Wakamatsu Setsurō con la star internazionale Watanabe Ken, uscito in Giappone con una distanza storica notevole ma certamente necessaria per affrontare un tema così delicato con il necessario distacco. 

In realtà il  cinema d’autore si è “avvicinato” a Fukushima molto prima con Sono Sion che già nel 2011 gira Himizu e poi l’anno seguente The Land of Hope in cui una famiglia si trova nel dilemma se lasciare o meno la propria abitazione e fidarsi oppure no delle autorità.

Leggiamo nelle note biografiche che Hayashi Kaizô è stato regista di alcuni noir di successo dedicati al celebre personaggio di Mike Hammer creato da Mickey Spillane, oltre che direttore creativo del videogioco 7 Blades. Sono note utili perché ci aiutano a inquadrare meglio questo film a episodi incentrato su Fukushima Daiichi. Le tre storie, intitolate Bolt, Life e Good Year, hanno lo stesso personaggio protagonista interpretato da Nagase Masatoshi: nella prima è uno dei tecnici che devono inoltrarsi nella centrale per serrare un bullone al fine di arrestare l’uscita del refrigerante contaminato; nel secondo svolge il ruolo di semplice facchino addetto alla pulizia e svuotamento della casa di un anziano signore deceduto da poco e che viveva a 20 km dalla centrale; infine nell’ultimo è un meccanico in un garage a Yagamata, al confine con la prefettura di Fukushima, che la notte di Natale accoglie una donna uscita fuori strada con la macchina. Diciamo subito che i tre episodi sono alquanto eterogenei.

Nel primo è evidente l’obiettivo di innestare sull’evento i cliché tipici del disaster movie, spingendo non poco sui codici del genere con sonorità inquietanti, un’atmosfera claustrofobica, effetti visivi giocati sul colore, ma soprattutto con il tentativo di conferire una sembianza mostruosa all’enorme snodo con le tubature che assomiglia a una sorta di piovra tentacolare, resa quasi organica e pulsante dalle vibrazioni e dalla fuoriuscita del liquido verde, come se fosse un animale ferito. Pensando alla tradizione del cinema giapponese kaijū eiga (film di “strane bestie”) in cui i mostri come il celeberrimo Godzilla sono frutto di mutazioni genetiche dovute al pericolo atomico, in Bolt il percorso compiuto da Hayashi sembra l’opposto, ovvero non una mutazione genetica dell’organico ma una specie di “animalizzazione” dell’inorganico. Quando i tecnici si inoltrano davanti alla “strana bestia meccanica”, che sbuffa, vibra, tracima liquido verdastro, e si apprestano ad affrontarla con una enorme e rudimentale chiave meccanica, ci sembra di essere finiti dentro una scena tratta da un racconto steampunk come se fossimo tornati indietro di un secolo. 

E, per tornare a Godzilla, non dimentichiamo che in Shin Godzilla di Anno Hideaki, Higuchi Shinji, trentunesima pellicola della saga uscita nel 2016, le origini del celebre mostro vengono riscritte in chiave contemporanea e quindi non più come risultato dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, ma a causa delle radiazioni dovute a uno tsunami nei pressi di una centrale nucleare.

Di ben altro tono sono i due episodi successivi, anche cronologicamente: in Life il disastro ormai è compiuto, l’uomo che nel primo episodio sfidava la sorte, nel tempo massimo a disposizione di 1 minuto entro cui stare a contatto con il liquido contaminato, adesso si ritrova come un sopravvissuto a rovistare nella memoria di case vuote e disabitate (anche se una rapida scena sembra riportarci verso il côté mostruoso) mentre in Good Year prevale l’abbandono e la rassegnazione, la fuga senza meta della donna che ha abbandonato tutto e tutti ma anche la speranza incarnata dai due bambini che osservano curiosi e divertiti la scritta al neon accendersi e spegnersi.

Valerio Costanzia


Titolo originale: Bolt; regia e sceneggiatura: Hayashi Kaizō; fotografia: Nagata Yūichi; scenografia: Isomi Toshihiro, Takeuchi Kōichi, Yanobe Kenji; interpreti: Nagase Masatoshi (l’uomo protagonista dei tre episodi); Kanayama Kazuhiko (Hirano), Sano Shirō (Izawa), Yoshimura Kaito (Nemoto), Satō Kōichi (Yoshida), Tsukifune Sarara (Akiko); produzione: Gachinko Film, Negishi Kichitaro; durata: 80’.

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