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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

THE 12 DAY TALE OF THE MONSTER THAT DIED IN 8 (Yōka de shinda kaijū no jūninichi no monogatari, IWAI Shunji, 2020)

Presentato nella sezione Cinema Regained dell’edizione online dell’International Film Festival di Rotterdam (2 – 6 giugno 2021)

★★★

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Lottare contro un nemico invisibile è complicato. Servono coraggio e creatività, è necessario ricorrere a ogni mezzo, a ogni possibile (o impossibile) sostegno. 

Il piccolo film di fantascienza in bianco e nero di Iwai Shunji (lo ricordiamo per il film d’esordio, Love Letter, del 1995, e poi, tra gli altri, per il documentario Friends After 3.11 del 2011, Vampire, dello stesso anno, A Bride for Rip Van Winkle del 2016) prende spunto da una sorta di gioco online apparso su YouTube e creato da Higuchi Shinji, ideatore di effetti speciali e co-regista di Shin Godzilla (2016). 
Iwai trasforma il “Capsule Kaijū Project” di Higuchi in una serie in dodici parti, nelle quali Takumi Saitō interpreta se stesso durante il periodo di isolamento dovuto al lockdown. L’attore, dal proprio appartamento, interagisce con Higuchi e con altri personaggi-amici tramite collegamenti online. Un bel giorno si trova in possesso di quelle che sembrano tre palline di pongo, ma che invece altro non sono che capsule kaijū: piccoli mostri in forma larvale che a poco a poco dovrebbero crescere e svilupparsi. I tre esseri dai nomi evocativi, Avigan, Remdesivir e Ivermectin, in effetti assumono col passare dei giorni forme diverse, mentre il loro padrone segue i video di una ragazza allevatrice di mostri come lui, o si intrattiene, sempre a distanza, con diversi altri personaggi, tra i quali anche l’amica decisa a lasciare il pianeta – «Questa è la Terra che vogliamo?» – per seguire un alieno con il quale solo lei riesce a comunicare. 
La fiaba di Iwai è un mondo di citazioni – prima fra tutte la serie televisiva Ultraseven – che gli appassionati di universi popolati da mostri e affini apprezzeranno senz’altro. Ma non è un film solo per loro. Oltre ad esseri incomprensibili, amici immaginari, alieni (forse) salvatori, il regista ci riporta alla sensazione intensa del momento che tutti abbiamo vissuto, quella di stanze chiuse e di schermi per condividere con altri umani, mentre fuori calava il silenzio su bellissime città deserte (ancora più affascinanti in bianco e nero). 
L’attore è lo stesso, e il contesto in un certo senso pure, ma appare così diverso il Takumi Saitō che nel film di Sono Sion The Lonely 19:00 si confrontava con il “virus dei cento anni” in un’atmosfera cupa e apocalittica: la favola di Iwai si dipana tra surrealtà, citazioni di serie e rimandi agli eventi recenti per trovare la sua strada verso un finale prevedibile. 
I mostri salveranno il mondo? Certamente lo vorremmo. Qualsiasi cosa succederà, mi sembra che quest’opera, nella quale memoria e magia con semplicità si fondono, sia una sorta di credo nel potere taumaturgico del cinema.    

Claudia Bertolé


Titolo originale: 8日で死んだ怪獣の12日の物語 (Yōka de shinda kaijū no jūninichi no monogatari); regia: Iwai Shunji; sceneggiatura: Iwai Shunji, da un’idea di Higuchi Shinji; musica: Fuyuki Toru, ikire; interpreti: Takumi Saitō (se stesso), Higuchi Shinji (se stesso), Rena Nōnen, So Takei, Moeka Hoshi; produzione: Miyagawa Tomoyuki, Mizuno Aki – Rockwell Eyes; durata: 88’; prima uscita in Giappone: 31 luglio 2020.
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