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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

INTIMACIES (Shinmitsusa, HAMAGUCHI Ryūsuke, 2012)

 SPECIALE HAMAGUCHI RYŪSUKE

★★★


Ryohei, regista e Reiko, autore, mettono in scena una pièce teatrale. Il film segue la gestazione dell’opera, con una prima parte dedicata alle prove e una seconda alla sua rappresentazione ed è frutto del corso di recitazione dello spettacolo teatrale Shinmitsusa, come progetto di laurea per gli studenti di una scuola di cinema e teatro di Tokyo, in cui Hamaguchi insegnava. 

Suddiviso in due parti, Intimacies è una ulteriore riflessione sulla performance artistica, già affrontata prima in The Depths attraverso la fotografia e ripresa, con la danza, nel successivo Touching The Skin of Eeriness e poi, ancora con il teatro, in Drive my car. A differenza degli altri film, Intimacies porta all’estremo l’assunto metacinematografico e teatrale con una messa in scena che non lascia spazio ad altro nel plot se non lo straordinario scavo psicologico sugli attori, che è poi, ovviamente, l’obiettivo del film.

Nella prima parte Hamaguchi segue ogni passo del processo creativo che vede coinvolti i due protagonisti e, a corollario, il resto del cast teatrale. Il film esordisce con una bellissima sinfonia visiva astratta, che meriterebbe un’analisi approfondita all’insegna della teoria dell’incipit: linee parallele e divergenti dei cavi e dei binari che si intersecano negli scambi per poi allontanarsi, effetti alla “trainspotting” che riproducono lo “sfarfallio” della macchina cinema, esterni della città visti fugacemente mentre il treno raggiunge la sua fermata. Un incipit che, a dispetto della fissità dei volti in primo e primissimo piano che vedremo più avanti, così amati dal nostro, sostituisce una frenesia da cinematografia urbana alla Walter Ruttmann che rapisce per il suo lirismo e che conferma la passione di Hamaguchi per funicolari (Happy Hour), treni, metro, auto che trasportano e fanno incontrare non solo corpi ma anche anime, che le separano consegnandole ad altri destini, come nello struggente finale di The Depths, con le due auto che si allontanano. Il rapporto tra Ryohei e Reiko catalizza tutto il film, e le prove stesse, che si svolgono secondo gli stilemi propri del teatro off, quindi senza il filtro di un testo che ricalchi la drammaturgia classica, ma con situazioni innescate da domande e intime confessioni che passano, senza soluzione di continuità, dal laboratorio teatrale al ménage di Ryohei e Reiko, senza distinzioni tra privato e pubblico e con divergenze che si fanno via via più difficili e che sfociano in momenti di tensione, soprattutto da parte di Reiko che non accetta interferenze e intromissioni sul suo lavoro di scrittura. Nel suo script ritorna la metafora del treno: le parole corrono nell’oscurità come un metrò, arrivano e partono da subway a subway, poi a volte emergono in superficie, ci sono treni che corrono veloci come un espresso e treni locali più lenti…    

Hamaguchi ricorre, in questa prima parte, a due suggestivi piani sequenza: il primo vede i due protagonisti in campo lunghissimo avvicinarsi a piedi nel traffico notturno verso la macchina da presa, senza nessuna variazione di piano sonoro, come se noi stessi fossimo accanto a loro; il secondo, della durata di quasi 20 minuti, vede ancora Ryohei e Reiko camminare assieme nella notte con le luci dell’alba che, in tempo reale, giungono a fare luce sul loro rapporto. Una sequenza magistrale per intensità emotiva, pur senza ricorrere al primo piano e con i rumori “disturbanti” del paesaggio sonoro, che testimonia della straordinaria capacità di Hamaguchi di raccontare in “profondità” (The Depths). Un sequenza che è, allo stesso tempo, una dichiarazione d’amore ma anche di poetica (la tecnica retorica del parentetico più volte richiamata dai due personaggi). La seconda parte, dedicata quasi interamente alla “sera della prima”, è necessariamente più impegnativa della prima, anche se la mancanza della quarta parete fa sì che la rappresentazione sia un interpellare pressoché continuo dello spettatore, nella doppia veste di quello teatrale e cinematografico. Agli scambi dei binari e alle linee convergenti/divergenti fa da contraltare il palco a scacchiera in cui i singoli attori sono come costretti dallo script. Intimacies si chiude con un finale che cita apertamente The Depths in chiave decisamente più leggera ma non per questo meno poetica e malinconica: sono passati due anni dalla sera della prima e molte cose sono cambiate.

Valerio Costanzia


Titolo originale: 親密さ(Shinmitsusa); regia e soggetto: Hamaguchi Ryūsuke; Sasaki Yasuyuki; fotografia: Kitagawa Yoshio; montaggio: Sukuzi Hiroshi; musica: Okamoto Hideyuki; interpreti: Hirano  Rei (Reiko), Sato  Ryo (Ryohei), Tayama Mikio, Ito Ayako; produzione: ENBU Seminar; durata: 255’; uscita in Giappone: 28 luglio 2012.

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