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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

THE DEPTHS (Simdo, HAMAGUCHI Ryūsuke, 2010)

SPECIALE HAMAGUCHI RYŪSUKE

★★★½ 

Bae-hwan è un fotografo coreano che si reca in Giappone al matrimonio dell’amico Gil-su. Mentre ha luogo il ricevimento (con una sposa che di lì a poco abbandonerà il neo-marito), nello stesso albergo Ryu si trova in una incresciosa situazione con il suo ultimo cliente, e chiama in aiuto Kimura, l’uomo che lo protegge. Uscendo, incrocia per caso Bae-hwan il quale, nell’attimo che cambierà il corso delle loro esistenze, gli scatta una fotografia. 

Fascino degli incastri che nella vita ci sospingono verso luoghi – non solo fisici – fino a quel momento (forse) inimmaginabili: Hamaguchi Ryūsuke con The Depths conduce lo spettatore negli abissi del desiderio. Ryu lo incarna, lo induce, intenso e incontrollabile, con sguardi diretti o mediati dalla fissità di una fotografia: il regista ci presenta il suo personaggio con una vistosa macchia di sangue sul capo che indossa, dovuta alla perdita di sangue dal naso (non sarà l’unica volta nel corso del film), e che riporta alla memoria certe sequenze di opere di un maestro del cinema classico, Naruse Mikio, come Il pasto (Meshi, 1951) o Il suono della montagna (Yama no oto, 1954) nelle quali, in accordo con l’opinione popolare, l’epistassi era lì a dimostrare una improvvisa eccitazione sessuale. Dinamiche a tratti prevedibili avvolgono come una rete gli uomini coinvolti di questo ‘gioco a tre’ con protagonisti alternativamente anaffettivi o sensibili, dominati da slanci che si vorrebbero comporre e che invece erompono caotici, e che solo il momento della rappresentazione artistica pare rendere meno devastanti e forse, in ipotesi, curare. 
Bae-hwan non è solo un bravo fotografo, marito e padre devoto, e il rapporto con Gil-su ha molto di inespresso ben prima che entri in scena Ryu nelle vesti di una Lolita apparentemente senza scrupoli: Hamaguchi offre la sua riflessione sulle relazioni e sulla loro rappresentazione. Anche in questo film del 2010 sembra interrogarsi sugli schermi che frapponiamo alla reale visione di noi stessi e dei nostri sentimenti. 
Il rapporto in crescendo tra Bae-hwan, Gil-su e Ryu è fatto di una comunicazione sfaccettata, meno verbale che in altri film, è un’intesa di parole rarefatte – in lingue diverse, come sarà poi anche in Drive my car – che emerge da incroci di sguardi, movimenti di corpi non solo nell’atto sessuale, una comunicazione che risulta ‘fisica’ anche quando è mediata dalla lente di una macchina fotografica. Il regista costringe i protagonisti in riquadri e spazi di messa in scena (come il set predisposto nello studio fotografico di Gil-su), blindati tra luci e ombre, anche se poi una delle sequenze più sorprendenti è quella in cui Kimura, il protettore/amante di Ryu, distrugge un falso specchio, che consente al boss e ai suoi tirapiedi di osservare indisturbati i ragazzi, per ‘estrarre’ letteralmente il suo protetto da uno spazio illuminato e, quasi in un transfert onirico, farlo entrare in un mondo oscuro parallelo, scavalcando i limiti prestabiliti.
Dopo una prima parte più concentrata su sguardi ‘inquadrati’, il regista scioglie la seconda in un movimento verso un’improbabile resa dei conti, di ognuno dei protagonisti con se stesso e con le profondità del proprio sentire. Ma non basta la dichiarazione di intenti sulla maglietta di Ryu sulla quale campeggia la scritta ‘Where is love?’ a indicare la via: il destino (sempre lui, nel suo gioco impietoso) separa, distrugge e, se ne ha voglia, ricrea. Rimane lo scatto finale, la fotografia dell’istante mancato, bellissima proprio perché su un nulla carico allo stesso tempo di memorie e di possibilità.

Claudia Bertolé


Titolo originale: 심도 (Simdo); regia: Hamaguchi Ryūsuke; sceneggiatura: Hamaguchi Ryūsuke, Oura Kouta; fotografia: Yang Keun-young; musica: Nagashina Hiroyuki; interpreti: Kim Min-jun (Bae-hwan), Ishida Hōshi (Ryu), Arai Soji (Gil-su), Takekō Aya (Yujin); produzione: Giappone – Sud Corea: Korean Academy of Film Arts, Hara Takashi, Shim Yoon-bo; durata: 121’; prima uscita in Giappone: 24 novembre 2010 (Tokyo FILMeX International Film Festival); prima uscita Sud Corea: 17 marzo 2011.
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