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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

PASSION (HAMAGUCHI Ryūsuke, 2008)

 SPECIALE HAMAGUCHI RYŪSUKE

★★★


Una giovane coppia di trentenni, Kaho e Tomoya, annuncia l’imminente matrimonio a una cena con gli amici, ma le reazioni di questi ultimi lasciano intendere che ci sono sentimenti inespressi all’interno del gruppo. Nei giorni successivi la tensione cresce e i segreti vengono a galla.

Un ancora grezzo Hamaguchi  Ryūsuke scrive e dirige il suo primo lungometraggio Passion come progetto di tesi universitario, un’opera incompiuta da cui tuttavia traspare tutto il suo talento. Il regista, allora trentenne, parla delle insicurezze della sua generazione circondandosi di un ampio cast di attori che poi collaboreranno con lui per il resto della sua carriera, portando in scena un gruppo di persone non ancora adulte e neanche più adolescenti, un po’ bambini immaturi un po’ giovani in ascesa, chiamati a costruire la propria vita e non ancora pronti a farlo. L’annuncio del matrimonio da parte di Kaho e Tomoya è il motivo scatenante per catapultare tutti i protagonisti in una notte psicologica, in cui sono costretti ad affrontare le proprie paure e i propri errori, ma anche cinematografica dato che gran parte della pellicola è ambientata in una Yokohama scura e notturna. Il fulcro di tutta la pellicola è il concetto di amore, tema centrale in tutte le opere di  Hamaguchi, e le sue declinazioni, tra tradimenti, ripensamenti e repressione. 

La pellicola convince soprattutto grazie a due scene deliziosamente costruite, che coprono una buona fetta del minutaggio. Nella prima Kaho, di professione insegnante,  discute con i suoi alunni del concetto di violenza, fisica e psicologica, sulla sua natura, interna all’uomo o come reazione ad eventi esterni, discorso speculare a ciò che accade nella sua vita privata, dove le persone che la circondano non fanno altro che ferirsi tra loro. La seconda consiste nello scontro verbale tra alcuni protagonisti del film, che decidono di mettersi a nudo e confrontarsi senza filtri, in una scena che ricorda Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese senza l’ausilio dei cellulari e che sfocia in maniera controllata nel grottesco.  Hamaguchi gioca molto sui parallelismi tra l’ambiente urbano e lo stato d’animo dei protagonisti. Dunque oltre al buio interiore della notte assistiamo a flussi di parole paragonati al fuoriuscire ininterrotto di fumo da una ciminiera, quasi a mostrare come le parole siano spesso vane e senza sostanza, e a come l’alba, per tutti, che sia fisica o mentale, prima o poi arriva. Ed è proprio all’alba che è necessario tornare ad affrontare la realtà e capire come approcciarsi a un nuovo giorno. E se per alcuni la conclusione non è sicuramente consolatoria, per coloro che apprendono il valore di ciò che si ama, spesso solo nel momento in cui si rischia di perderlo, lo è. Concetti sicuramente non nuovi, ma grazie alla messa in scena caratterizzata da una delicatezza che a tratti ricorda il Bergman di Scene da un matrimonio, il risultato complessivo non può che convincere.

Al netto di alcuni difetti, soprattutto tecnici, come una fotografia a tratti televisiva e probabilmente la decisione di mettere troppa carne al fuoco, Hamaguchi riesce a tenere sotto controllo la sua prima opera e a presentarsi al mondo con un film convincente.  

Luca Orusa

Titolo originale: Passion; regia: Hamaguchi  Ryūsuke sceneggiatura: Hamaguchi  Ryūsuke; soggetto: Hamaguchi  Ryūsuke; fotografia: Yuzawa Yûichi; montaggio: Yamamoto Ryôko; interpreti:  Kawai Aoba (Kaho), Okamoto Ryuta (Tomoya), Okabe Nao (Ken’ichiro), Shibukawa Kiyohiko, Urabe Fusako; produzione: Fujii Stoshi; durata: 115’.

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