PLANETIST (Puranetisuto, TOYODA Toshiaki, 2018/2020)
SPECIALE TOYODA TOSHIAKI
★★★
Il lavoro racconta di Miyagawa Noritsugu, che da decenni vive a Chichi-jima, nell’arcipelago di Ogasawara, proteggendo l’habitat naturale della zona e promuovendo una riconnessione con la terra, attraverso iniziative come nuotare assieme ai delfini, o a una riscoperta della storia della zona, di cui si propone come guida. Il film cattura la vita naturale nelle isole anche filmando l’arrivo e la permanenza sull’isola di diversi musicisti e attori, amici del regista.
Planetist è, in qualche modo, un film “fantasma” in quanto sarebbe dovuto uscire nelle sale nel 2019, ma a causa dell’arresto di Miyagawa per possesso di sostanze illegali, l’uscita fu posticipata. Inoltre, in connessione con questo caso, nell’aprile del 2019 la polizia, con cui Toyoda ha da sempre un rapporto a dir poco difficile, fece irruzione nella sua abitazione trovando il regista in possesso di un’arma da fuoco, secondo la polizia, illegale, che era in realtà un cimelio di guerra, secondo Toyoda. Il documentario alla fine debutta nelle sale dell’arcipelago nel 2020, in piena pandemia, e quindi non riesce a ricevere l’attenzione e lo spazio mediatico dovuto, e mentre la cosiddetta trilogia della risurrezione, Wolf’s Calling (2019), The Day of Destruction (2020) e Go Seppuku Yourselves (2021), fortemente legata ai temi esplorati in questo lavoro, ha viaggiato in festival o altri eventi internazionali, sia online che in presenza, Planetist è stato alla fine quasi “dimenticato”.
Il lavoro comincia quasi come un documentario televisivo alla NHK, quelli che presentano, con tanto di voce narrante e con molto esotismo, le zone liminali dell’arcipelago giapponese. Si tratta di un’opera spuria fin dall’inizio quindi, una via di mezzo fra il documentario “serio”, quello poetico e quello musicale permeato da un’estetica da videoclip. Gran parte del film è composto infatti da session musicali suonate dagli artisti invitati sull’isola da Toyoda (GOMA, Nakamura Tatsuya, e Yamaji Kazuhide), ma alterna anche parti storiche spiegate da Miyagawa e grafici in 3D. La durata ufficiale, quella del film uscito nel 2020 è di 119 minuti, quella da noi visionata è però di quasi tre ore, 166 minuti per la precisione, e si tratta, se non ci sbagliamo, della prima versione, quella del film montato nel 2018, una durata che avrebbe potuto benissimo trovare una dimensione seriale.
Le parti musicali, Toyoda tornerà all’idea sperimentando di più e con risultati migliori in Shiver (2021), rappresentano forse le scene più riuscite del film, in particolar modo quelle con protagonista GOMA quando suona il didgeridoo su una barca circondato dalle balene che paiono quasi rispondergli. Su GOMA, musicista che a causa di un grave incidente ha perso la memoria, si guardi l’eccellente Flashback Memories 3D di Matsue Tetsuaki, uscito nel 2012.
In parte documentario sulla natura quindi, e in parte riconnessione spirituale dell’uomo con la terra, le rocce, l’oceano e le creature marine attraverso la musica, il film è forse un po’ troppo lungo, e mentre è molto affascinante in alcune delle sue parti, cerca forse di essere troppe cose allo stesso tempo. Detto questo però, essendo il film il prodotto del tempo trascorso nell’arcipelago da Toyoda e la traccia filmica del suo rapporto con le isole e gli elementi naturali in esse, è abbastanza comprensibile e per certi versi affascinante come il regista abbia voluto mettere all’interno del lavoro il più possibile di quanto esperito nei quattro anni trascorsi sull’isola. Toyoda ha in più occasioni ribadito che durante la permanenza sull’isola era ossessionato dal sole e dal mare e dai loro movimenti, ossessione che spiega il numero quasi eccessivo di scene con tramonti e albe filmate in time-lapse. Inoltre, seguendo ancora le parole del regista, il tempo speso lontano dalla vita e dalla civiltà urbana, lo ha aiutato a riflettere e a vedere più in profondità dentro se stesso. In questo senso questo documentario è un’altra importante tessera nel mosaico che va componendo la cinematografia di Toyoda, e anche se i temi qui esplorati sono simili a quelli che il regista giapponese ha affrontato in alcuni dei suoi migliori lavori come Monsters Club (2011), c’è un’attrazione per gli elementi naturali in determinati e speciali habitat abbinati alla potenza che la musica ha di tessere trame fra tutti questi elementi, che risuona maggiormente con quanto Toyoda ha esplorato nei suoi lavori più recenti.
Matteo Boscarol
Titolo originale: プラネティスト (Puranetisudo); regia, fotografia, montaggio: Toyoda Toshiaki; musiche: Cornelius, Yamaji Kazuhide, Ōno Yumiko; interpreti: Miyagawa Noritsugu, GOMA, Kubozuka Yōsuke, Shibukawa Kiyohiko, Nakamura Tatsuya, Yamaji Kazuhide; narratore: Koizumi Kyôko; produzione: Nouvelle Vague Vap IMAGINATION; durata: 119’ (versione 2020), 166’ (versione 2018) ; anno: 2018/2020; prima uscita in Giappone: 11 luglio 2020.