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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

THE WOODSMAN AND THE RAIN (Kitsutsuki to ame, OKITA Shūichi, 2011)

SPECIALE OKITA SHŪICHI

★★★

Molto potevo immaginare di vedere nel variegato mondo del cinema giapponese contemporaneo ma non certo Yakusho Kōji, uno fra gli attori più autorevoli e prestigiosi degli anni Novanta e Duemila, indossare i panni di… uno zombie e per di più in uno sgangheratissimo B movie senz’arte ne parte.  Questo, invece, è quel che (indirettamente) accade in The Woodsman and the Rain, una fra le commedie giapponesi più riuscite e divertenti dell’anno, presentata al Far East Film Festival di Udine, dopo aver ottenuto il Premio speciale della giuria al Tokyo Film Festival 2011.

Katsu è un solitario taglialegna, vedovo da un paio d’anni e con un rapporto conflittuale col figlio ventenne. Un giorno, mentre è al lavoro nel bosco, l’assistente di una troupe cinematografiche gli chiede di spegnere la sega elettrica con cui sta tagliando un albero per consentire le riprese del film che nei pressi stanno girando. Per Katsu è questo il varco della soglia, l’inizio di un’avventura che lo porterà a contatto di una realtà a lui assai lontana. Poco alla volta l’uomo si farà sempre più coinvolgere dall’improvvisata lavorazione di un film che farebbe sembrare un lavoro di Ed Wood l’opera di una Major: aiuta la troupe nella ricerca di un’appropriata location, si rende disponibile a fare da comparsa, partecipa alla visione dei giornalieri e, in un momento molto difficile, coinvolge le vedove del villaggio per far interpretare loro le guerriere dell’«Esercito di bambù». La storia si sviluppa in una successione di gag esilaranti, prima fra tutte quella di Yakusho Kōji che, mentre ‘interpreta’ uno zombie, non manca mai di spolverarsi con una mano gli abiti ogni volta che si rialza da terra dopo essere stato colpito. La comicità del film si affida anche a fulminanti battute, come quella in cui uno dei boscaioli del villaggio si chiede come facciano a esistere gli zombie in un paese, quale il Giappone, dove quasi tutti si fanno cremare. Ma la cosa non sembra essere un problema per nessuno, dal momento che la gran parte degli abitanti del villaggio finisce col ritrovarsi nel ruolo di comparsa-zombie. Accade poi che, per risparmiare tempo, queste improvvisate comparse ritornino al proprio vero lavoro nei campi o nei boschi senza neanche togliersi il trucco da morto vivente (con l’inevitabile concertato sbigottimento di chi, ignaro di tutto, arriva nel villaggio; come accade per i parenti di Katsu intenzionati a celebrare l’anniversario della morte della moglie del boscaiolo).
Il film nel film rappresenta così per il taglialegna e molti abitanti della zona quell’evento inatteso che rompe la monotonia delle loro vite quotidiane, trasformandole in qualcosa di eccitante e straordinario (che è proprio ciò che spesso fa, per ognuno di noi, il cinema).
Il tono da commedia di The Woodsman and The Rain non si limita alla sua parte per così dire metacinematografica, ma si estende anche, mescolandosi a toni talvolta più drammatici, a quella altrettanto centrale che concerne il rapporto tra Katsu e il figlio. Un rapporto, questo, che il film sviluppa sia in modo diretto, sia in termini metaforici, attraverso il legame che si instaura tra il boscaiolo e Koichi, il giovane e sprovveduto regista del B movie. Si è già detto che sin dalle sue prime sequenze il film evidenzia il legame conflittuale di padre e figlio quando, ad esempio, il primo getta addosso al secondo il bucato che questi non aveva raccolto nonostante l’arrivo della pioggia, o quando, poco più tardi, gli ricorda con una certa asprezza l’imminente commemorazione della morte della madre, intimandogli di non mancare. Peccato che a correre il rischio di scordarsi di tale commemorazione sarà proprio Katsu, troppo preso dalle vicende relative alla lavorazione del film. La possibile mancanza del figlio rischierà  così di diventare quella del padre, che, proprio in conseguenza dell’avventura che lo ha coinvolto, ha ritrovato in sé un po’ di quell’immaturità giovanile che lo avvicinerà al figlio (di cui finirà anche col prendere le parti in una delle ultime sequenze del film, difendendolo dalle accuse mossegli da un parente).
Vera causa della trasformazione di Katsu e dell’evoluzione del rapporto col figlio è il legame che questi progressivamente instaura con Koichi, il regista del film di zombie. All’inizio anche questo rapporto si dà in forme piuttosto conflittuali. Poco avvezzo alle regole del cinema, Katsu non capisce perché mentre l’assistente si dà un gran da fare per cercare di risolvere i diversi problemi che si presentano, il più giovane regista (di cui egli ignora il ruolo) passi gran parte del tempo seduto senza fare niente. Così più volte lo rimprovera, invitandolo a dare anche lui una mano, e, quando non ne può più, chiede all’assistente perché non si decidano a licenziarlo (in un’altra delle tante fulminanti battute del film). Poco alla volta, resosi nel frattempo conto delle gerarchie del cinema, Katsu si avvicina al giovane, e questi a lui, e se l’inesperto regista troverà nel saggio boscaiolo (che sa prevedere l’arrivo della pioggia così come la sua fine) una sorta di maestro spirituale che gli darà la forza di portare a termine il film, Katsu, a sua volta, scoprirà nel suo immaturo allievo quelle incertezze e quelle paure che sono proprie di una certa età dell’uomo, e che, una volta capite, gli permetteranno di avvicinarsi al figlio. 

Dario Tomasi


Titolo originale: キツツキと雨 (Kitsutsuki to ame); regia: Okita Shūichi; soggetto: da un romanzo di Okita Shūichi; sceneggiatura: Okita Shūichi, Moriya Fumio; fotografia: Yuta Tsukinaga; montaggio: Satō Takashi; interpreti e personaggi: Yakusho Kōji (Katsu), Oguri Shin (Koichi, il giovane regista), Furutachi Kanji (l’assistente), Yamazaki Tsutomu, Kōra Kengo, Ibu Masatō, Usuda Asami; produzione: Sasaki Shirō, Satō Miyuki per Kadokawa Pictures, Office Shirous; durata: 129’; uscita nelle sale giapponesi: 11 febbraio 2012.

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