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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

THE MOLE SONG: FINAL (Finale Mogura no Uta, MIIKE Takashi, 2021)

ASIAN FILM FESTIVAL
ROMA 7-13 APRILE

★★★

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Terzo episodio della trilogia The Mole Song (i precedenti sono The Mole Song: Undercover Agent Reiji del 2014 e The Mole Song: Hong Kong Capriccio del 2016) in cui ritroviamo il maldestro, ma puro, poliziotto infiltrato Kikukawa Reiji – la talpa del titolo – che si trova a dover intercettare un ingente carico di droga (sottoforma di spaghetti) e mettere sotto chiave il potente boss della yakuza Todoroki Shuho in combutta con la mafia siciliana.
Questo, in estrema sintesi, il plot del film che ovviamente non dice nulla – ma lo stesso sarebbe se ci fossimo prodigati in una dettagliata sinossi – della folle e divertente messinscena di Miike, che ricalca e supera, semmai fosse possibile, quella dei due prequel, a partire dall’incipit dove il nostro “eroe” si trova incatenato su una croce, a picco sul mare nostrum, mentre dei (finti) gabbiani affamati becchettano prima i suoi capezzoli e poi il suo pene cosparso di mascarpone di cui, a quanto pare, secondo il mafioso siciliano che osserva divertito la scena, i volatili ne sono assai ghiotti. 
Basterebbe questa scena per dare il senso di che cosa ci aspetta, tra stop animation, stacchetti rap, accelerazioni improvvise, costumi sfavillanti e kitsch, trame e sottotrame, una manta gigante che sbuca dal mare sopra la Costa Firenze pericolosamente inclinata su un fianco (come la “nostra” Costa Concordia): insomma un vero e proprio patchwork visivo nella miglior salsa postmoderna miikiana. Pensiamo innanzitutto all’artificio, del tutto consapevole, ovviamente, da parte di Miike, della messa in scena, del mostrare in modo sfacciato i meccanismi della finzione passando dalla live action all’animation, ma anche da un registro stilistico all’altro (thriller, farsa, commedia grottesca, revenge movie, ecc.), nella reiterata e continua citazione ironica, nella stratificazione dell’intreccio (la fabula, soprattutto all’inizio, passa in modo repentino da una scena all’altra della trilogia, in spregio totale del classico “riassunto delle puntate precedenti”), nella commistione tra locale e globale (Giappone e Sicilia). Anche il corpo, sul quale Miike porta da sempre avanti una sua personale poetica, spesso intrisa di violenza sanguinolenta ed eccessiva, risponde ai canoni della tendenza postmoderna che vede in quest’ultimo una contaminazione con la tecnologia che viene inglobata (si pensi agli arti inferiori di Hiura Masaya). Una riflessione più approfondita meriterebbe poi il divertito accanimento sulle zone erogene del corpo, altro must del cinema di Miike, spesso trattato con sadismo e con un approccio decisamente disturbante (si pensi a quel campionario di orrori perturbanti che è Gozu del 2003) rappresentato dallo spassoso incipit che abbiamo già ricordato, ma anche dallo sconfinamento nel pinku eiga durante la (finta) seduzione della policewoman Yuma Samon, dal “virile” bacio tra Fukuzumi e Reichi, dall’esibizione del corpo di Reichi (ricordiamo, tra l’altro, che nel primo film è vergine come era vergine il Minami di Gozu) costretto, il più delle volte, a comparire seminudo in scena, dalla reiterata e farsesca allusione al pene di quest’ultimo “sopravvissuto” ai voraci gabbiani. E poi lo spettatore, chiamato a immergersi in un universo rocambolesco, anzi, più che immergersi trascinato a bordo di una “giostra” pop dove si viene sballottati senza tregua ma dalla quale non si ha voglia di scendere perché Miike sa padroneggiare la materia con grandissima perizia, e anche quando sembra voler “solo” aggiungere l’ennesima tacca alla sua sterminata filmografia ci incatena allo schermo con le stesse manette dorate con le quali Reiji arresta il famigerato Todoroki.

Valerio Costanzia


Titolo originale: 土竜の唄 FINALE (Finale Mogura no Uta); regia: Miike Takashi; sceneggiatura: Kudō Kankurō, dal manga Mogura no Uta di Takahashi Noboru; fotografia: Nobuyasu Kita; montaggio: Sagara Naoichiro Sagara; scenografia: Yuji Hayashida; musica: Koji Endō; interpreti: Ikuta Toma (Kikukawa Reiji), Tsutsumi Shinichi (Hiura Masaya). Naka Riisa (Wakagi Junna), Suzuki Ryohei,( Todoroki Reo) Takizawa Karen (Samon Yuma), Okamura Takashi (Nekozawa Issei), Nanao (Fufon), Minagawa Sarutoki (Fukuzumi Doppo), Fukikoshi Mitsuru (Sakami Toshio), Endo Kenichi (Akagiri Kazumi), Iwaki Koichi (Todoroki Shuho); produzione: Kajimoto Kei, Saka Misako, Maeda Shigeji, Uehara Juichi; durata: 129’; uscita in Giappone: 19 novembre 2021.
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