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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

POPRAN (Popuran, UEDA Shinichiro, 2022)

IN CONCORSO AL 24° FAR EAST FILM FESTIVAL (Udine, 22-30 aprile 2022)

★★½

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Tagami Akira è un giovane e brillante CEO di una ricca azienda editoriale che commercializza manga online tramite un’applicazione. Comodamente al sicuro in un culto di sé che ha escluso ogni legame affettivo d’impaccio alla carriera, vive cullato dalle attenzioni privilegiate che i media, le donne e gli aspiranti autori riservano alle persone di grande successo. Le sue certezze entrano in crisi quando un mattino, dopo sogni agitati da ricordi e visioni che si affacciano dal passato, si accorge terrorizzato di non avere più le parti intime attaccate al corpo. La casuale scoperta di un improbabile Popran Club farà luce sulla misteriosa scomparsa, e su quale inatteso percorso attende lo sbigottito Akira nel recupero dei suoi genitali… 


Dopo la parossistica sbornia tritacarne di (meta)cinema zombie di One Cut of the Dead (2017), clamoroso successo accresciuto dagli entusiasmi del passaparola, con Popran Ueda Shinichiro sembra incanalare la radicalità scottante dell’elemento grottesco in una weird-tale stilisticamente più piana, introspettiva e rilassata. Ricercando dentro l’insorgenza di un incubo di matrice kafkiana, e dietro le falle anatomiche e fisiologiche di un dramma dello sconvolgimento corporale che anela alle “erezioni dell’anima” (come le chiama un maestro di manga), una dimensione emotiva ed empatica che ritrovi il senso smarrito delle relazioni umane.

Giocando sullo straniamento della dettagliata intensificazione realistica di un contesto paradossale (si veda la scientifica perizia dell’istruttore del club sotterraneo nell’illustrare la singolare morfologia dei popran), inizialmente Ueda sembra capace di sviluppare in maniera abbastanza interessante la curiosa inverosimiglianza della situazione-limite di partenza. Intrattenendosi senza troppa insistenza nelle zone erogene della gag fisica e triviale, giusto il tempo necessario a far emergere dallo spunto surreale il vero nucleo tematico su cui – lungo una finestra di sei giorni – si struttura il racconto: l’apologo sul ravvedimento di coscienza e sul riscatto umano e morale di Akira. Che sperimenta, di fatto, il trauma di una concreta e simbolica castrazione: contrappasso che sembra subire come conseguenza del suo taglio netto e definitivo con ogni legame affettivo sepolto nel passato, oltre che come punizione per la tracotanza fallocentrica del suo ruolo di vertice con cui si approfitta delle giovani illustratrici in erba, dominando dall’alto del suo palazzone di vetro. 

Akira sconta l’emergenza di una crisi esistenziale che lo obbliga a riconsiderare la propria condotta verso gli altri. E a ritornare sui suoi passi, tanto affrettati sulla scalata del successo imprenditoriale da calpestare insensibilmente qualunque persona dovesse sovrapporsi come un ostacolo. Intraprendendo un percorso inverso di riscoperta delle radici e dell’identità disconosciuta (“Ricordati chi sei”, è il mantra modello self-help, non certo fantasioso, che più volte compare tra quadretti e le pagine di un manga), in una rinnovata ripresa di contatto con quel mondo da cui si è estraniato, e con cui prova faticosamente a ricongiungersi, andando parallelamente alla ricerca del… popran perduto. Lungo un viaggio a tappe – le stazioni abbandonate del proprio vissuto rimosso – che arriva a toccare una dopo l’altra le persone accantonate senza rimorso da Akira nel corso degli anni (il socio licenziato, l’ex moglie e la figlia, gli invecchiati genitori). 

È però proprio questo incedere nella memoria à rebours con spirito dickensiano, che strada facendo diventa meccanicamente scontato e risaputo. Scoprendo il fianco – verrebbe da dire il pube – al buonsentimentalismo di un tono blandamente didascalico, che poco si accorda con gli schizzi anarchici disegnati dalle incursioni aeree degli skyfish volanti, cozzanti sulla popolazione come minacciosi oggetti non identificati nei notiziari TV. Nemmeno la buffa e affannosa caccia, retini alla mano, ai popran, che battono alle porte e saettano rapidissimi nell’aria come razzi sibilanti, riesce più a offrire un guizzo visivo degno di nota o qualche significativo rilancio delle ambizioni della trama, che in ultimo si accomoda afflosciata – come un popran sgonfiato a terra – in una corretta quanto prevedibile ricomposizione del rapporto padre-figlio, riconciliati nel goffo team-up della cattura dei “gioielli di famiglia” (in una scena che vira in modo un po’ gratuito sullo slow-motion in bianco e nero senza sortire alcun effetto). 

Con la figura del publisher Akira si vuole anche riflettere, a margine, sullo stato dello storytelling tra arte e industria nel mondo contemporaneo (“Non facciamo storie originali, non le legge nessuno”, nemmeno nel caso di un monaco divenuto wrestler). Ueda è indubbiamente sincero nell’inneggiare all’immaginazione e alla libertà creativa depositate nell’infanzia (“Un viaggio speciale”, il titolo del manga-rosebud custodito tra gli scaffali della cameretta di Akira), come scintille per la riscoperta di autenticità e originalità delle storie, opposte alla logica commerciale dei guadagni con l’archivio (digitale) delle copie riciclate all’infinito. Ma le continue, gridate strizzate d’occhio alle potenzialità di farsi-fiction della vicenda e una mise en abyme fuori tempo massimo non riescono a far sì che la dialettica autoriflessiva prenda effettivamente corpo. “Sexy, quasi pornografico, ma ha un humour fantastico”, sintetizza un giovane autore proponendo ad Akira la sua storia. Forse è ciò che a Popran piacerebbe pensare di sé. Ma al film di Ueda, fuor di metafora, mancano forse un po’ di sostanziosi attributi per spiccare davvero il volo… 

Daniele Badella 


Titolo originale: ポプラン (Popuran); regia, sceneggiatura e montaggio: Ueda Shinichiro; fotografia: Sone Takeshi; scenografia: Fukuoka Juntaro, Nunobe Masato; musiche: Suzuki Nobuhiro, Lee Ayur; interpreti: Minagawa Yōji (Tagami Akira), Tokunaga Eri (l’ex moglie di Akira), Abera Hidenobu (il vecchio socio di Akira), Watanabe Hiroyuki (il padre di Akira), Hideko Hara (la madre di Akira); produzione: Kokuta Masahito, Inaba Momo; durata: 96’; uscita in Giappone: 14 gennaio 2022.
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