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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

SAYONARA (Sayōnara, FUKADA Kōji, 2015)

di Marcella Leonardi

SPECIALE FUKADA KŌJI

sayonara

Dopo un grande disastro nucleare, tutto il Giappone viene lentamente evacuato attraverso una lotteria governativa. La giovane Tanya, malata terminale, e il suo androide Leona aspettano l’occasione per lasciare il paese. I giorni trascorrono lenti, tra gesti quotidiani e riflessioni poetiche sull’esistenza.
Uno dei più begli esempi di quel cinema post-Fukushima che comprende anche Himizu (2011) e The Whispering Star (2015) di Siono Sion, Sayonara è anche uno dei film più lirici mai realizzati sulla morte e su quel limitare onirico tra la vita e la sua fine. La percezione della bellezza del pianeta è acuita: i colori sono trasparenti e autunnali (Ashizawa Akiko fa un lavoro straordinario sulla fotografia, tra sbiadimenti e localizzate saturazioni cromatiche), sembra di assaporare la dolcezza dell’aria, l’erba e i fiori si curvano al vento dolcemente. Tutto intorno è calma, serenità irreale. I sopravvissuti, sebbene vivi, camminano già in un “aldilà” ed è giunto, per loro, il tempo della misericordia. La colpa non brucia più come una volta (anche se il fuoco è un richiamo, un desiderio di quiete); andare in bicicletta è tornare bambini, mentre la mente vaga e sogna di viaggiare o di amare. “Andiamo a sposarci”, dichiarano ingenuamente due giovani personaggi; ma il suolo che calpestano, dopo l’esplosione nucleare, è tanto familiare quanto inospitale. Nei colori alterati, nel silenzio, cova la sofferenza di una terra radioattiva.

Immersa nella natura irrequieta (che Fukada rappresenta nella sua fugacità, con rapidi stacchi sui campi mormoranti), la casa di Tanya è un non-luogo geometrico e atemporale. L’unica percezione dello scorrere del tempo viene dalla grande finestra affacciata su una vita cui non è più possibile appartenere. La ragazza affida se stessa a Leona (interpretata dal robot Geminoid F messo a punto dallo scienziato Ishiguro Hiroshi), giungendo a dormirle in grembo. Una madre artificiale è tutto ciò che le resta, mentre l’amore romantico (incarnato da Satoshi, che la abbandona) chiude la porta. Senza clamore né disperazione, Tanya si arrende al proprio destino – svanire, morire, come un fiore che appassisce. Coerentemente con la visione del mono no aware, diviene tutt’uno con le cose e accetta la trasformazione in un nulla silente e leggero.

Fukada è mosso da un istinto poetico naturale: la sua comprensione nei confronti degli esseri umani è commovente, e la sua capacità di rendere in immagine uno stato spirituale è innata. Il regista coglie non solo il tremulo mutare delle stagioni o il movimento della luce, ma riesce a filmare un corpo che trascolora nella morte. Il passaggio è come un viaggio, al punto che, mentre il corpo giace addormentato/morto, fuori dalla finestra sembra di veder scorrere il mondo come dal finestrino di un treno: le nuvole, i cieli, tutto passa e si trasforma.
Leona, perfetto androide dai sentimenti quasi umani, amante della poesia (cita Rimbaud, Busse e Wakayama), rimane immobile a vedere sbiancare le ossa di Tanya fino alla polvere. Il disfacimento malinconico, le occhiaie sempre più scavate, come tombe, mutano i lineamenti angelicati di Tanya in grido attonito: come un fantasma che chiede aiuto prima di sparire. E crediamo, per un momento, di scorgere il dolore negli occhi di Leona, per poi vederla fuggire nel sentiero e nel bosco e provare meraviglia di fronte a fiori malati e belli. Gli insetti sono ingrigiti e senza vita, i vermi agitano la terra; ma finché il sole splende sulle sciagure umane, perfino un robot anela alla sopravvivenza.


Titolo originale: さようなら (Sayōnara); regia: Fukada Kōji; soggetto: dal testo teatrale di Hirata Oriza; sceneggiatura: Fukada Kōji; fotografia: Ashizawa Akiko; montaggio: Fukada Kōji, Urabe Naohiro; musica: Onogawa Hiroyuki; interpreti: Bryerly Long (Tanya), Geminoid F (Leona), Arai Hirofumi (Satoshi); produzione: Phantom Film, K&AG, Tokyo Garage; prima uscita giapponese: 21 novembre 2015; durata: 112’.

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