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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

JUNJI ITŌ MANIAC (Junji Itō Maniac: Japanese Tales of the Macabre, TAGASHIRA Shinobu, 2023)

Disponibile su Netflix

di Marcella Leonardi

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Realizzata dallo Studio DEEN, Junji Itō Maniac è la seconda trasposizione animata dei celebri manga ero-guro di Itō, dopo la Junji Itō Collection apparsa sulla piattaforma Crunchyroll (interamente dedicata agli anime) nel 2018.

Questa nuova serie antologica comprende alcuni dei suoi racconti più celebri e scioccanti (come Strati di terrore, La città delle lapidi, L’autobus dei gelati, Il covo del demone del sonno, La Bulla) e ripropone alcuni dei protagonisti più amati dai fan – dal perverso adolescente Soichi, in cui il mangaka riversa il suo spirito macabro-ludico, alla giovane Tomie, bellissima e mortale, incarnazione di quel demoniaco femminile che già popolava il folklore classico.

Se i manga originali di Itō, dal bianco e nero denso e materico, aprono un varco nel reale per giungere alle sue viscere d’orrore, la versione anime (diretta da Tagashira Shinobu) si attiene a uno stile più piatto e uniforme, che sottrae incisività alla sua arte distintiva. I contrasti dei chiaroscuri, la densità dei volumi e la cura del dettaglio perdono intensità; i volti, che nelle tavole sono scavati dallo spavento o bizzarramente alterati nelle proporzioni, appaiono meno vivi e nervosi. Il comparto tecnico non sfrutta l’uso del colore a fini espressivi (se non in alcuni episodi particolarmente riusciti, come L’autobus dei gelati) e i fondali tradiscono le ristrettezze del budget. Nonostante i difetti, però, la serie porta un carico iconoclasta di onirismo e gusto del fantastico tali da scuotere, con un certo piacere vandalico, il rassicurante catalogo Netflix.

Autore dal larghissimo seguito, creatore di un horror ero guro molto personale (meno erotico e sensuale rispetto, ad esempio, alle opere di Maruo Suehiro o Kago Shintarō), Junji Itō ha costruito, nel tempo, un universo dai tratti riconoscibili, ludico e deviato, privo di nostalgie e concentrato sull’osservazione del presente. Predominano, nei suoi atmosferici manga, la frantumazione della realtà, da cui fuoriescono “spore infette” (citando Cronenberg); la minaccia di un’alterità cosmica e inconoscibile pronta a dilagare nel quotidiano; l’orrore del corpo e le sue mutazioni, l’incapacità di controllare le funzioni biologiche, la deriva nella follia; e ancora la paura di animali, insetti (in particolare il frinire dei grilli, verso i quali l’artista nutre un profondo terrore), fino all’angoscia più grande, il non-riconoscimento del familiare.

Itō separa il mondo dal suo doppio demoniaco: i personaggi vengono divorati da un “altro se stesso” (Il demone del sonno), o vengono risucchiati da creature sovrannaturali (Palloncini appesi). Il sembiante è ingannevole: uno specchio d’orrore non-umano, deturpato da un ghigno, da occhi bianchi inespressivi, in un incubo perturbante senza fine. Già dal bellissimo intro capiamo che la poetica di Itō ha una predilezione ossessiva per la corruzione del “noto e familiare” da cui emerge, come in un negativo fotografico, un’alterità maligna e anormale. I confini tra le dimensioni sono labili e il male fuoriesce senza enfasi, viscido e inarrestabile, quale inevitabile componente del vivere. Sangue, esplosioni gelatinose, corpi che si svuotano e raggrinziscono, biologie impazzite: prevale una costante paura, giustificata dalla contiguità delle entità malvagie, pronte a prendere possesso della normalità distruggendola radicalmente.

I racconti di Itō rientrano in quella poetica del bizzarro e dell’horror che appartiene, variamente declinata, anche a tanto cinema giapponese: ad esempio, La città delle lapidi contiene una visione fantasmatica delle cose che ritroviamo nelle opere di Kurosawa Kiyoshi, ma senza la sua malinconia lirica e dolente; mentre I lunghi capelli in soffitta, con una protagonista dalla capigliatura assassina, rimanda agli eccessi fantastici di Exte: Hair Extensions (2007) di Sono Sion, dove lunghi capelli prendevano vita uccidendo chiunque.
Tra i migliori episodi va sicuramente segnalato L’autobus dei gelati, un perfetto horror composto da purissimi elementi cinematografici: sospensioni, silenzi, ellissi che aprono vasti vuoti, toni dell’assurdo esaltati dai colori pastello. L’episodio, di chiara matrice lovecraftiana (Itō cita spesso Lovecraft tra le sue maggiori ispirazioni, assieme ai racconti grotteschi di Edogawa Ranpo e al surrealismo di Dalì), è la messa in scena di una possessione inspiegabile, un color out of space che cresce in forme e sapori invitanti (forme gelatinose rosa, zuccherose e viscide) modificando la morfologia di chi ne viene a contatto sino a liquefarlo. Tipica dello stile di Itō è l’inquietudine che spira dalla banale evidenza di forme e prospettive, che acquisiscono una nitidezza indecifrabile e sinistra (come il bus minaccioso e antropomorfo), e che ritroviamo anche nella versione animata.

Meno riuscito è l’episodio dedicato a Tomie, studentessa assassina che muore e si autorigenera, in un ciclo divoratore in cui l’altro viene asservito e consumato. Tomie, forse il personaggio più popolare creato dal mangaka, è una donna-demone di cui solo l’immagine fotografica è in grado di rivelare il segreto. Emblema sovversivo, mistero femminile, Tomie è in grado di replicarsi come entità parassitica via via nuova e diversa (quasi una serie di variazioni di se stessa), di cui resta intatta l’imago intangibile e magnetica. Ma se nelle tavole manga questo personaggio è un capolavoro di body-horror, il cui corpo mostruoso spalanca riflessioni filosofiche, la versione anime trattiene solo una suggestione estetica e un disagio appena accennato.

Da sottolineare, infine, la bellezza del già citato intro (valorizzato dalla colonna sonora dei Madkid), sogno/incubo dai cromatismi psichedelici fondato sugli enigmi del doppio; mentre l’animazione dei titoli di coda, in cui Soichi viene ingoiato da un televisore maligno (come quello di Polteirgest, 1982, Videodrome, 1983, o Ringu, 1998), ci rammenta la fortuna di trovarci – per ora – al di qua dello specchio oscuro.

palloncini
Palloncini appesi
icecream
L’autobus dei gelati
tomie
Tomie

Titolo originale: Junji Itō Maniac: Japanese Tales of the Macabre; sceneggiatura: Sawada Kaoru, adattamento dei manga di Itō Junji; regia: Tagashira Shinobu; animazione: Tagashira Shinobu; musica: Hayashi Yuki; produzione: Studio DEEN; uscita Netflix: 19 gennaio 2023; durata: 12 episodi.

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