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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

THE GARDEN OF WOMEN (Onna no sono, KINOSHITA Keisuke, 1954)

SPECIALE KINOSHITA KEISUKE

di Claudia Bertolé

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Opera insignita di diversi premi (Mainichi Films Awards, Blue Ribbon Awards) e che, a quanto riportato, spinse Ōshima Nagisa a intraprendere la carriera cinematografica, The Garden of Women è un film che racconta di un’epoca di contrasti, tra un passato, quello legato a rigidi schemi feudali e patriarcali, incarnato dagli insegnanti e dalle famiglie, e un presente, il Dopoguerra, nel quale giovani studentesse danno voce alle nuove istanze democratiche.   

Nel collegio femminile Shorin di Kyoto, la disciplina è ferrea e il corpo docente, capitanato dall’insegnante Gojō Mayumi, si incarica di farla rispettare in ogni modo. Il malumore tra le ragazze però cresce, anche a causa di invasioni della sfera privata – come l’apertura delle lettere da parte della direzione – considerate inaccettabili. Akiko, discendente di una potente famiglia che sovvenziona anche economicamente il collegio, non perde occasione per istigare le compagne a ribellarsi al soffocante schema patriarcale; Tomiko si trova spesso in conflitto con gli insegnanti a causa del proprio comportamento irriverente; Toshiko appoggia le richieste di cambiamento; ed infine Yoshie, una giovane malinconica che vorrebbe studiare e costruirsi col diploma il futuro di una carriera, ma che ha difficoltà a stare al passo con le altre e a rispettare i ritmi della scuola. Ad aggravare il suo scontento il peso dell’amore contrastato con Shimoda, il ragazzo che vorrebbe sposare contro il volere della propria famiglia. La situazione sempre più insostenibile porterà Yoshie a commettere un gesto estremo.

Kinoshita ‘racchiude’ il film in un sequenza decisamente dinamica – d’apertura, poi ripresa nel finale – sulle proteste delle studentesse nel momento seguente al ritrovamento del corpo senza vita di Yoshie: una ripresa corale nella quale le ragazze corrono per riunirsi, e intonano un canto che successivamente sarà chiaro essere un inno proibito dagli insegnanti, accenno alla volontà di ribellione. In apertura un contrasto è fin da subito evidente, perché immediatamente dopo la narrazione torna a un momento precedente, il movimento si placa e una sala gremita, di fronte a ospiti illustri, assiste al discorso che la direttrice della scuola pronuncia in commemorazione dei tanti anni dell’istituzione scolastica ribadendo le regole di moralità e disciplina a cui l’istituto si ispira.  

Attraverso i quattro personaggi principali il film si sofferma non solo sul cambiamento dei valori in generale, ma anche sulle nuove istanze di un mondo femminile fino a quel momento rimasto imbrigliato in strutture rigide. Splendido il movimento che isola Gojō, l’insegnante conservatrice, nel momento in cui, durante una conversazione con Akiko, confessa la propria relazione con un aristocratico sposato, e ammette che fossero ‘altri tempi’: proprio quel movimento repentino della macchina da presa è lì a sottolineare le parole della donna e l’evidenza di uno scostamento, rispetto al passato, non solo temporale. 

Allo stesso modo elementi di messa in scena – come le pareti interne della casa di famiglia davanti alle quali passa Yoshie al rientro dall’incontro sulla spiaggia con Shimoda – contestualizzano il personaggio: Yoshie è una ragazza che appare oppressa dalla famiglia, dal padre soprattutto che vorrebbe si sposasse (e non con Shimoda), che si sente inadeguata nei confronti delle altre studentesse, e incompresa dal sistema della scuola (che per esempio non le permette di studiare oltre l’orario stabilito). Il passaggio dalle riprese sulla spiaggia, con le due figure che si stagliano contro il cielo mentre i ragazzi passeggiano, e le strutture che assomigliano a grate della casa, rendono un personaggio che fugge magari, e si dispera, ma che ha difficoltà a non cedere alle imposizioni.

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Yoshie è sicuramente un personaggio malinconico, spesso preda dello sconforto. Interessante allora che in una breve sequenza che anticipa l’incontro con l’amato, la ragazza si trovi sulla banchina della stazione mentre improvvisamente un cucciolo di cane entra nell’inquadratura trotterellando, e, dall’altra parte, sui binari, un treno sfreccia con la sua massa di metallo e fumo: Yoshie è lì in mezzo, tra il piccolo essere indifeso, come in un certo senso è lei che si affaccia su un futuro incerto, e la macchina inarrestabile di un sistema più grande che si muove e si trasforma. Le grate ritornano, in maniera insistita, nel finale, nel momento della decisione estrema, e la figura della ragazza diventa un’ombra nera di fronte a riquadri illuminati che la imprigionano. Rimane il canto, che chiude il film, a dare un segno di speranza di un cammino difficile verso il cambiamento.

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Titolo originale: 女の園 (Onna no sono). Regia: Kinoshita Keisuke; sceneggiatura: Kinoshita Keisuke, tratto dal romanzo Jinkō Teien di Abe Tomoji; fotografia: Kusuda Hiroshi; montaggio: Sugihara Yoshi; musica: Kinoshita Chūji; interpreti e personaggi: Takamine Hideko (Izushi Yoshie), Takamine Mieko (Gojō Mayumi), Kishi Keiko (Takioka Tomiko), Kuga Yoshiko (Hayashino Akiko), Yamamoto Kazuko (Toshiko), Tamura Takahiro (Shimoda Sankichi), Higashiyama Chieko (la direttrice), Igawa Kuniko (sorella di Yoshie), Kaneko Nobuo (Hirato Kihei); prodotto da: Yamamoto Takeshi. Uscita in Giappone: 16 Marzo 1954. Durata: 141’

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