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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

TORA-SAN: OUR LOVABLE TRAMP (Otoko wa tsurai yo, YAMADA Yōji, 1969)

Udine Far East Film Festival 21-29 aprile 2023 / Sonatine Classics

di Marcella Leonardi

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Tora-san: Our Lovable Tramp (in originale 男はつらいよ, “È dura essere un uomo”), è il film che apre una delle serie più lunghe della storia del cinema: ben 48 episodi diretti da Yamada Yōji dal 1969 al 1995, e un personaggio – magnificamente interpretato da Atsumi Kiyoshi – al quale il pubblico giapponese è rimasto fedele nel tempo, condividendone gli smarrimenti, gli errori e l’approccio sincero quanto fallimentare nei confronti della vita. Gentile e irascibile, sognatore e immaturo, segnato da un senso di inadeguatezza che vanifica i tentativi di inserimento nella società, Tora-san è parte indelebile dell’immaginario giapponese. Non dissimile dal Kihachi dei film di Ozu degli anni ’30 (fig.1 e 2),Tora-san è un balordo di buon cuore: la sua affettività si esprime in modo “primitivo”, attraverso sfuriate, pentimenti, silenzi offesi, sparizioni. Il regista Yamada segue l’esempio di Ozu, combinando pathos e comicità, emozione e puro divertimento.

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Fig. 1 e 2, Kihachi (Sakamoto Takeshi) in An Inn in Tokyo (1935) e Tora-san (Atsumi Kiyoshi) nel primo episodio del 1969

Per Kuruma Torajirō, detto Tora-san, è tempo del ritorno. Vent’anni prima, un litigio con il padre lo aveva spinto a lasciare Tokyo e diventare venditore ambulante; ma la nostalgia per il quartiere natale di Shibamata, con la sua semplicità e i suoi fiori di ciliegio, lo riporta sulla strada di casa, dove lo accolgono gli zii e l’amata sorella minore, Sakura. Pieno di buone intenzioni ma rozzo, Torajirō si ubriaca e interferisce con i progetti matrimoniali di Sakura; imbarazzato, fugge di nuovo e si innamora di Fuyuko, la figlia del prete buddista locale. 

Nell’incipit segmentato e complesso, tra panoramiche e campi medi sulla città, Tora-san si rivolge direttamente allo spettatore con un voice over, creando un senso d’intimità e manifestando subito la sua natura ingenua. Un primissimo piano ci mostra il suo viso buffo e sincero; l’andatura è pesante e goffa (lo vediamo inciampare più volte) mentre ai piedi, inquadrati in dettaglio, Tora-san sfoggia ridicole scarpe da damerino. In soli tre minuti il regista Yamada ci ha già detto di lui tutto ciò che conta, oltre a definire perfettamente il tono leggero e farsesco del racconto.

Anche il quartiere di Shibamata viene tratteggiato in modo accurato e sensibile: con le sue strade animate, i negozi, le processioni che attirano la folla, il bianco e nero optical delle insegne e il rosso delle lampade, Shibamata diventa un personaggio con cui Tora-san interloquisce costantemente: una città-alveo-materno, dalla quale desidera essere accolto e compreso.
Uno dei motivi del successo della serie di Tora-san è senza dubbio il ritorno, anche per gli spettatori, ad un Giappone dal sapore nostalgico, sostanzialmente buono e portatore di valori. Negli anni ’60 la Nūberu bāgu aveva fotografato, con la massima stilizzazione, il cinismo e l’amoralità di un paese senza più scrupoli né ideali, sessualizzato e spiritualmente impoverito. Yamada, riservando altrettanta attenzione allo stile –  lo vediamo dalla cura nella composizione dell’immagine e dall’uso di inquadrature inclinate, quasi a simboleggiare una risalita verso la luce – riporta sullo schermo la semplicità, gli affetti, e una dolcezza familiare di cui il pubblico sentiva il bisogno. La presenza nel cast di Ryū Chishū magnifica l’immagine di un Giappone ideale: dignitoso, saggio, vestito tradizionalmente, è il sacerdote di quartiere di fronte al quale Tora-san si inchina: una sequenza metaforica, in cui la devozione provata dal protagonista è quella di tutto un popolo.

Pur nella grande sincerità dei sentimenti messi in scena, Yamada non scivola mai nella retorica né in eccessive malinconie: la vocazione del film è il vaudeville, con un umorismo talvolta basso e “istintivo” (si pensi alla scena in cui Tora-san urina in giardino) e un fitto alternarsi di gag slapstick che generano il coinvolgimento spontaneo e liberatorio di chi guarda. La bravura del regista risiede proprio nella capacità di armonizzare cinema popolare e autorialità: le situazioni comiche si dispiegano in squisite composizioni che attingono alla classicità (fig.3, quadrettature e profondità di campo), e allo stesso tempo in un dinamismo realista che è del tutto aderente al clima inquieto del periodo (fig. 4).

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Fig. 3
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Fig. 4

Inoltre, la nostalgia per la fondamentale “bontà” del passato non impedisce a Yamada di esercitare un’esplicita critica nei confronti di tradizioni superate: a questo scopo, il bellissimo personaggio di Sakura (Baishō Chieko), sorella di Tora-san, incarna il delicato passaggio verso un’emancipazione femminile dolce e portatrice di futuro. Senza asprezze, con spirito tanto comprensivo quanto risoluto, Sakura si oppone ai matrimoni combinati ma conserva un profondo rispetto nei confronti degli affetti familiari, conciliando nuove istanze di libertà con l’amore per il proprio nucleo originario. A lei Yamada affida la cura, la protezione comprensiva di cui il maldestro Tora-san ha necessità.

Non stupisce che il personaggio di Tora-san, oltre a salvare le sorti della Shōchiku, abbia così profondamente segnato l’immaginario popolare. Vi è qualcosa di immediatamente riconoscibile, un’identità collettiva racchiusa nel suo carattere complesso e ricco di sfumature. La naturale vocazione al disordine, lo spirito girovago, bellicoso e allegramente truffaldino fanno di lui la deriva estrema e comica del rōnin nella società contemporanea. Nel mondo di Tora-san vige ancora una rigida divisione in classi sociali, tra le quali egli annaspa alla ricerca di un riconoscimento; e allo stesso tempo lo elude l’amore, verso cui è ingenuamente proteso, ignaro della distanza (sociale, intellettuale, spirituale) che lo separa dall’intangibilità dei suoi oggetti del desiderio.

Titolo originale: 男はつらいよ; regia: Yamada Yōji; sceneggiatura: Yamada Yōji; Morisaki Azuma; fotografia: Takaba Tetsuo; montaggio: Ishii Iwao; musica: Yamamoto Naozumi; interpreti e personaggi: Atsumi Kiyoshi (Tora-san); Baishō Chieko (Sakura); Ryū Chishū (Gozen-sama); Mitsumoto Sachiko (Fuyuko); produzione: Shōchiku; prima uscita in Giappone: 27 agosto 1969; durata: 91′

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