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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

TECHNO BROTHERS (Tekuno burazazu, WATANABE Hirobumi, 2023)

Speciale Far East Film Festival 21-29 aprile 2023

di Claudia Bertolé

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Watanabe Hirobumi sceglie per il suo nuovo film la via del colore (dopo diversi precedenti in rigoroso bianco e nero), ispirato dal gruppo musicale tedesco dei Kraftwerk e con rimandi più che evidenti a  The Blues Brothers e a Leningrad Cowboys Go America. Road movie sulla strada verso Tokyo (e verso un improbabile successo) di una band scalcagnata, Techno Brothers è raccontato con uno stile ormai inconfondibile.

I Techno Brothers sono un gruppo che, come dice il nome, suona musica techno e che insegue, coadiuvato dalla manager Himuro, il sogno di arrivare al successo. Per raggiungere la fama i tre sempre silenziosi componenti della band dovranno lasciare la natia Otawara e partire alla volta della capitale. Purtroppo la strada verso la gloria è irta di ostacoli e i tre – poi ridotti a due – si trovano costretti lungo il percorso a suonare davanti a spettatori più che perplessi o addirittura in un vivaio per la gioia dei fiori, ai comandi di una manager dispotica che non esita a lasciarli a digiuno mentre ingurgita grandi quantità di cibo. 

Proprio il Far East Film Festival 2020, nell’edizione che si era svolta online, aveva introdotto gli spettatori alla cinematografia di Watanabe Hirobumi, ai suoi film ambientati a Otawara (prefettura di Tochigi), ai suoi protagonisti (spesso interpretati dallo stesso regista) logorroici come in Party ‘Round the Globe o silenziosi come in Cry, attorniati da personaggi attinti dalla schiera dei familiari o dei conoscenti (la bisnonna del regista, scomparsa a 102 anni, la bambina Riko), in un contesto rurale, col contrappunto delle musiche composte dal fratello, Watanabe Yūji.

Influenzato da Jarmusch e Wenders (e non solo), con un’ironia amara che a volte ricorda Buster Keaton, in Techno Brothers (presentato al FEFF 25 insieme al documentario Way of Life) Watanabe prosegue il suo percorso cinematografico con rimandi espliciti questa volta ai Kraftwerk (non solo per il genere musicale, ma anche per le appariscenti camicie rosse), al film di John Landis del 1980 con i due fratelli musicisti in completo e occhiali scuri, e al celebre film di Aki Kaurismäki del 1989 (chi non ha avuto un sussulto di nostalgia nella sequenza che li ritrae in campo lunghissimo all’inseguimento di un trattore che attraversa longitudinalmente l’inquadratura…?). 

Watanabe indugia con lunghe riprese fisse sul gruppo che suona i pezzi techno (composti anche questa volta dal fratello del regista) ed è una sonorità che catapulta lo spettatore nel passato (lo conferma anche il personaggio del “boss” Riko, la bambina già presente in precedenti film del regista che qui interpreta una figura misteriosa, alla quale si rivolge la manager del gruppo, e che incontriamo in apertura su una sediolina pieghevole in mezzo a un campo, con il fido assistente interpretato dal regista), ma è solo una delle direzioni che il regista propone. Perché è proprio dal suo “passato”, dall’accenno a colori in apertura di I’m Really Good, dalle anticipazioni dell’animazione cromatica in Party ‘Round the Globe o dai bellissimi disegni del documentario Way of Life che il regista sembra trarre spunto per il salto ‘futuristico’ e drastico nel colore di Techno Brothers

La ripetizione, figura che contraddistingue tutta la cinematografia del regista, interagisce con una scansione pressante della storia – e del viaggio – in capitoli, così come ai silenzi dei musicisti si contrappongono i fiumi di parole di altri personaggi (che hanno sempre il volto del regista), quali per esempio un abitante della zona che in più occasioni incontra Himuro o il gestore di un locale. A proposito di Himuro, la manager cattiva in occhiali scuri e giacca leopardata che affama il gruppo e organizza spettacoli dall’esito imbarazzante (forse un rimando alla figura simile in Il diavolo veste Prada, ispirata alla direttrice di Vogue, Anna Wintour), il suo comportamento dispotico potrebbe accennare in senso critico, come è stato osservato, agli impresari di gruppi idol giapponesi. I suoi rapporti con il gruppo sono alla base di molte gag del film, ma il regista sgretola l’idea di un personaggio monocorde con gli accenni alla ricerca della sorella, ai fiori che quest’ultima prediligeva, ipotizzando una mancanza importante, forse alla base dell’atteggiamento da ‘dura’.

Watanabe conferma l’ironia e nel contempo la sensibilità alle dinamiche sottese al mondo artistico, nello specifico cinematografico, giapponese, così come il ‘dialogo’ tra le proprie opere: non a caso, a quest’ultimo riguardo, la sequenza finale del documentario Way of Life svela proprio un momento di lavorazione di Techno Brothers.  


 

Titolo originale:  テクノブラザー(Tekuno burazazu); regia e sceneggiatura: Watanabe Hirobumi; fotografia: Watanabe Yuichiro; musiche: Watanabe Yūji; interpreti: Watanabe Hirobumi, Watanabe Yūji, Kurosaki Takanori (i Techno Brothers), Yanagi Asuna (Himuro), Hisatsugu Riko (Boss Riko), Ino Katsumi, Iso Kiyotaka, Yanagi Kokona; produttori esecutivi: Watanabe Hirobumi, Watanabe Yūji;  prima uscita in Giappone: 13 gennaio 2023; durata: 98’.

 

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