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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

ANIME SUPREMACY! (Haken Anime! YOSHINO Kōhei, 2022)

Contemporanea

di Marcella Leonardianime-supremacy_main-scaled

Candidato (inspiegabilmente?) in ben 11 categorie al 46° Japan Academy Film Prize, Anime Supremacy! si presenta come un prodotto popolare che rispecchia i gusti di un pubblico abituato a serie e dorama. Nel mettere in scena lo stato attuale dell’industria anime, oggetto di controversie e dibattiti, il regista Yoshino Kōhei opta per una trasfigurazione edulcorata e accondiscendente: Anime Supremacy! si sofferma sui dilemmi privati e relazionali dei suoi protagonisti, lasciando sullo sfondo i ritmi di lavoro inumani, le pressioni produttive e l’incubo di un fandom sempre più esigente.

Nell’industria dell’animazione giapponese gli addetti ai lavori ambiscono al titolo di “Haken” che viene attribuito all’anime che ottiene i migliori ratings. Due giovani registi, l’inesperta Saito Hitomi e il celebrato Ōji Chiharu,  lanceranno i rispettivi film nello stesso giorno: chi tra i due conquisterà il titolo di Haken?

Sebbene l’aspetto ferocemente competitivo dell’industria sia al centro del film, Yoshino non scrosta mai la patina dolciastra che riveste tanto gli ambienti (gli uffici, gli studios, le sale riunioni) quanto i rapporti umani: in Anime Supremacy! l’algido corporativismo è ammantato di ideali, i produttori esecutivi hanno un cuore che batte sotto il tailleur sartoriale, lo staff è allegro e collaborativo; mentre i due protagonisti, inconsistenti e belli come divi da copertina (siamo lontanissimi dalla realtà di un Kon Satoshi malato, stressato, dal corpo visibilmente emaciato, quanto dalla fragilità fisica e psicologica di una Yazawa Ai, la celebre autrice di Nana), non recano alcun segno visibile del logorio del lavoro.

Yoshino crea il suo personale dorama attingendo ad un repertorio collaudato di tipologie umane (ragazze timide ma determinate, giovani misteriosi e fragili, capi burberi e caricaturali) e gira il suo film come se fosse un lungo episodio televisivo, seguendo un intreccio narrativo elementare.
In particolare, Hitomi e Chiharu sono due stereotipi cesellati fino allo stremo – dagli occhiali di metallo alle camicie floreali, dalle afasie verbali all’eccentricità – per coincidere con quell’immagine cartoonizzata dell’artista prevista dall’immaginario più ingenuo.

Il lato oscuro dell’industria viene occultato da una regia dinamica e d’intrattenimento, pronta a registrare le gag comiche (in realtà piuttosto banali) con il ritmo migliore, o a spendersi in movimenti rapidi e circolari che riproducono la “vertigine” creativa. Gli studios della finzionale Tokei Animation vengono rappresentati attraverso una concitata alternanza di simmetriche immagini frontali, che “imprigionano” i protagonisti nelle rigide maglie dell’apparato produttivo, e di plongée che registrano dall’alto il vivace formicaio di tecnici e collaboratori.
L’effetto voluto da Yoshino è quello di un movimento vitale, di un flusso artistico impetuoso e collettivo pronto a servire bisogni e desideri degli spettatori. I sacrifici personali, le crisi, l’annullamento della vita sociale e privata vengono impregnati di idealismo e giustificati dal servizio reso alla collettività, come dichiara la stessa Hitomi: “Ci sono momenti nella vita in cui bisogna raggiungere dei risultati, anche se si perdono cose importanti”.

Le sequenze animate dei due anime in competizione, Soundback e Liddell-light, sono cariche di una suggestione retro-avanguardistica (tra nostalgie mecha e ragazze magiche alla Sailor Moon), ma sono troppo brevi e sparse per esprimere la potenza della visione artistica dei due autori. La loro presenza risulta meramente decorativa, l’accessorio definitivo di un film esile e schematico, ingoiato dalla meticolosità e dallo scintillio del product design.

Nonostante la presenza di consulenti e supervisori chiamati a garantire un ritratto realistico dell’industria, Anime Supremacy! resta una commedia leggera e paratelevisiva, priva di una credibile direzione degli attori e fallimentare nell’allestire “l’inferno” degli artisti anime/manga. Per una rappresentazione più accurata del settore, meglio attenersi al bellissimo anime Paranoia Agent (2004) del già citato Kon Satoshi, che tra personaggi minacciosi, pura alienazione e sdoppiamento del sé, trasfigurava l’industria in paranoia e l’ossessione produttiva in follia, fotografando la psiche dell’artista mediante la lente della sua stessa immaginazione turbata.

Titolo originale: ハケンアニメ; regia: Yoshino Kōhei; sceneggiatura: Yōsuke Masaike, dalla graphic novel di Tsujimura Mizuki e CLAMP; Fotografia: Kiyoku Motonobu; montaggio: Ueno Sōichi; animazione: Studio I.G.; musiche: Ike Yoshihiro; interpreti e personaggi: Yoshioka Riho (Saito Hitomi), Nakamura Tomoya (Ōji Chiharu), Ono Karin (Namisawa Kazuna); Ono Machiko (Arishina Kayoko); Furutachi Kanji (Koshigaya); produzione: Toei; durata: 128’; prima uscita in Giappone: 28 maggio 2022; riconoscimenti: 2023 – 46° Japan Academy Film Prize, Best Newcomer of the Year a Ono Karin. 

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