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AN ACTOR’S REVENGE (Yukinojō henge: Daiippen dainihen, KINUGASA Teinosuke, 1935)

Retrospettiva Kinugasa – Il Cinema Ritrovato  – Bologna 24 giugno – 2 luglio 2023

di Paolo Torino

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Chi scrive ha la necessità di confessare la propria ignoranza: da cinefilo e appassionato di cinema nipponico, avevo sempre creduto che la versione di An Actor’s Revenge fosse una, ovvero quella del 1963 diretta da Kon Ichikawa. Il film di Ichikawa, dal canto suo, godeva delle digressioni oniriche di Kinugasa e dell’azione immersiva di Daisuke Itō (Jirokichi the rat; Ōshō), entrambi alla sceneggiatura. Anche l’attore protagonista, Hasegawa Kazuo, è lo stesso, e quindi ogni superficiale ricerca su Google rimandava all’opera dei primi anni sessanta, rafforzando le false convinzioni. Se il film di Ichikawa godeva di una forma prettamente estetizzante, l’approccio utilizzato da Kinugasa è totalmente differente: tra fiction e documentario, il regista mette in scena un’interessante riflessione su spettacolo e spettatore. 

Un onnagata ovvero un attore specializzato in ruoli femminili – di nome Yokinojo (Hasegawa Kazuo) è alla ricerca dei responsabili che hanno causato la morte di suo padre. In una tournée a Edo (Tokyo) scorge tra la folla i tre assassini e decide così di pianificare la vendetta, al ritmo di colpi di scena e di katana. 

Stando alla scheda curata dal Cinema Ritrovato, quest’unica versione che gira è il risultato del montaggio delle due opere sceneggiate rispettivamente da Itō e Kinugasa. Nel film, infatti, vivono le due anime dei registi: ai duelli iper cinetici al chiaro di luna si sovrappongono il montaggio atto a esaltare il dramma e lo sguardo documentaristico sul kabuki – a tratti sembra di vedere The Lion Dance (Ozu Yasujirō, 1936) –. L’opera di Kinugasa riflette sui ruoli all’interno dell’audiovisivo attraverso giochi di campi che esaltano la dicotomia tra spettatore e spettacolo. A un totale su un teatro pieno si alterna il primo piano di una spettatrice incuriosita, un carrello in avanti verso la quinta del teatro, il primo piano di Yokinojo e ancora il primo piano della spettatrice, cristallizzata in un’espressione che oscilla tra la sorpresa e il disgusto (fig.1).

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Fig. 1

Un’altra sequenza memorabile è quella della lotta tra Dobe e il mercante: i due cominciano ad azzuffarsi per delle questioni legate al mercato del riso e le modalità di messa in scena sono simili a quelle descritte poco sopra. L’autore mette in sequenza un vertiginoso carrello che inquadra i protagonisti della vicenda e gli oggetti che potrebbero utilizzare nella lotta; la vertigine si arresta sui corpi impegnati alla lotta e un totale disvela un astante che li osserva, ed ecco servito il nuovo spettacolo del grottesco: tutti accorrono ad assistere alla lotta, mentre un primo piano mostra la ‘spettatrice’ divertita (fig.2). 

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Fig. 2

Queste due sequenze si sovrappongono per vari motivi: nella prima c’è una spettatrice che assiste con espressione perplessa a uno spettacolo teatrale; nella seconda, invece, c’è una lotta tra due uomini che assume la connotazione di uno spettacolo, in cui gli attori eseguono e gli spettatori – ora incuriositi e divertiti – assistono. Un modo di intendere il grottesco molto simile a come lo intenderà Pasolini in Accattone (1961), dove la scena della rissa con sottofondo musicale di Bach è senza dubbio legata a doppio nodo a questa sequenza. 

An actor’s revenge è un film dove la tematica del doppio è chiaramente centrale: dalla doppia identità del protagonista alla doppia anima menzionata poco sopra. La tematica della dualità, però, si estende a qualcosa che va ben oltre la maschera indossata da Hasegawa, ovvero alla natura dello spettacolo stesso e al labilissimo confine che c’è tra arte e vita, dove una rissa e uno spettacolo Kabuki assumono le stesse connotazioni. Insomma, come in tutti i film in cui la narrazione convive con la dualità dei protagonisti, la riflessione verte inevitabilmente sul rapporto tra opera e spettatore. Guardate Rashomon (Kurosawa, 1950): un film perfettamente sovrapponibile all’opera di Kinugasa e anche lì l’arte – dell’inganno? – è accostata alla vita. Un monaco trova un bambino e scopre che forse l’umanità non è del tutto persa; in questo film, invece, un neonato incontra il proprio destino in un fuoricampo, durante un incendio. 


Titolo originale: 雪之丞変化 (Yukinojō henge: Daiippen dainihen)regia: Kinugasa Teinosuke; sceneggiatura: Kinugasa Teinosuke, Itō Daisuke; soggetto: dall’omonimo romanzo di Mikami Otokichi; fotografia: Sugiyama Kōhei ; musica: Matsudaira Nobuhiro, Naokawa  Tetsuya, Kineya Shōichirō; interpreti: Hasegawa Kazuo (Yokinojo, Yamitaro), Arashi Tokusaburo (Nakamura Kikunojō), Kōdō Kokuten (Dobu), Chihaya Akiko (Namiji), Fushimi Naoe (Ohatsu); produzione: Shōchiku;  durata: 97’; uscita in Giappone: 27 giugno 1935.

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