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Ikiteru mono wa inai no ka (生きてるものはいないのか, No One Alive Here?)

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Ikiteru mono wa inai no ka (生きてるものはいないのか, No One Alive Here?). Regia: Ishii Gakuryū. Sceneggiatura e soggetto: Maeda Shirō. Fotografia: Matsumoto Yoshiyuki. Montaggio: Ishii Gakuryū, Takeda Takahiko. Scenografia: Isomi Toshihiro. Musiche originali: Ishii Haru. Interpreti: Aoki Eri, Sometani Shōta, Kōta Fudauchi, Hasebe Keisuke, Hasome Tetsuya, Ikenaga Ami, Murakami Jun, Sugiura Chizuko. Produttori: Hashimoto Eiji, Ishii Gakuryū, Kanenobu Hiroaki, Ōsaki Hironobu. Durata: 113′. Uscita nelle sale giapponesi: 18 febbraio 2012.
Link:  Sito ufficialeNicholas Vroman (a page of madness)
Punteggio: senza punteggio

Avvertenza: la seguente recensione contiene spoiler.
Basato su una pièce teatrale di Maeda Shirō, il film ci racconta la vicenda di un’università dove misteriosamente e uno dopo l’altro gli studenti, e tutti coloro che si trovano nel campus, cominciano a morire improvvisamente. Sembra avverarsi la leggenda che circola segretamente da anni fra gli studenti secondo la quale nei sotterranei dell’università vengono condotti esperimenti per la realizzazione di armi biologiche. Le morti assurde ed inspiegabili si susseguono fino all’apocalittico finale. 
Era un ritorno molto atteso quello di Ishii alla regia, dopo un’assenza di dieci anni, uno iato che ha portato il leggendario autore giapponese ad un cambiamento del proprio nome d’arte diventato da Ishii Sōgo a Ishii Gakuryū.  Il risultato di tante aspettative però non è stato fra i più soddisfacenti. A sentire i vari commenti di chi conosce bene l’ambiente teatrale giapponese, mettere in film, su digitale per essere più precisi, il lavoro di Maeda non sarebbe stato facile per nessuno. Nella prima mezzora ci viene presentata la vita extra scolastica dell’università, gli studenti che si incontrano nel parco e che chiacchierano del più e del meno, altri alle prese con problemi d’amore e poi una serie di personaggi esterni, un fratello che viene a cercare la sorella (che poi non si rivelerà tale) all’ospedale dell’ateneo, due strambi personaggi simil-barboni, una sorta di gatto e volpe in salsa giapponese. Insomma la prima parte del film rende abbastanza bene, pur nell’assenza di sviluppi narrativi e nella monotonia delle conversazioni, anzi proprio grazie a queste, l’atmosfera universitaria nipponica ed in più carica l’attesa per il seguito. Quando le prime persone cominciano misteriosamente ad accasciarsi al suolo e a morire il film entra, o dovrebbe entrare, nella fase più importante. L’atmosfera e la caratterizzazione dei personaggi diventa però marcatamente assurda, quasi parodica, elemento che era già nascosto e presente nella prima parte. Il problema è che l’assurdità delle scene e dei protagonisti alle prese con un’altrettanto inspiegabile situazione di morte non viene portata ai limiti estremi, sia tematicamente che stilisticamente, si resta cioè ad una mezza strada del tutto memorabile. Manca cioè, per fare un esempio concreto, il tocco surreale che troviamo in Survive Style 5+ o nei film del quasi omonimo Ishii Katsuhito (ci riferiamo qui specialmente a The Taste of Tea e Shark Skin Man and Peach Hip Girl), non osando fare paragoni con Oguri Kōhei. Questo è anche dovuto al fatto che l’elemento visuale in sé risulta, non ci stancheremo mai di ripetere questo mantra digitale, piuttosto povero e sciapo, e non viene certo aiutato dalla scenografia (curata dal pur ottimo Isomi Toshihiro, già collaboratore di Kore’eda) e dalla messa in scena. Così come Ishii poteva osare di più nella caratterizzazione parodistica o assurda che sia, dei personaggi, lo stesso avrebbe potuto fare forzando un po’ di più a livello di stile, filtri cromatici, angolature oppure adottando una grammatica cinematografica più severa (viene in mente così su due piedi, la rigorosa assenza di movimenti di camera in Synchronicity di Ichio Naoki). Il film ha un guizzo di genialità, che fa rammaricare ancor di più perchè ci fa capire come avrebbe potuto essere, solo negli ultimi dieci minuti quando oramai sono quasi tutti morti e il bravo Sometani Shōta (già protagonista di Himizu), nella parte di un commesso, segue una paziente dell’ospedale fino ad una collina dove incontreranno Sugiura Chizuko (già ottima attrice in Record Future) che interpreta una madre disperata che ha appena trovato suo figlio morto. Qui, con i colori del cielo che assumono una tonalità bronzea, gli aerei che cominciano a cadere all’orizzonte ed i fuochi che si vedono in lontananza, tutto comincia a precipitare verso la sua fine, anche grazie al riff potentissimo e assordante di una chitarra che in un crescendo accompagna tutta l’ultima scena quando l’inquadratura del commesso e della sua faccia senza speranza ma senza traccia di alcuna tragicità esplode nel nero dello schermo e della scritta “ikiteiru mono wa inai no ka”, Non c’è più niente di vivo?, con cui si conclude il film. 
Ikiteru mono inai no ka sarebbe una buona opera prima per un giovane cineasta che si presenta al mondo del cinema, forse è proprio così visto che è il primo lavoro firmato Ishii Gakuryū. Per chi aveva basato le proprie aspettative sul nome (originario) del regista, resta comunque una certa insoddisfazione dopo la visione. [Matteo Boscarol]
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2 commenti su “Ikiteru mono wa inai no ka (生きてるものはいないのか, No One Alive Here?)

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