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Momo e no tegami (ももへの手紙, A Letter to Momo)

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Momo e no tegami (ももへの手紙, A Letter to Momo). Regia, soggetto e sceneggiatura: Okiura Hiroyuki. Fotografia: Tanaka Kōji. Montaggio: Uematsu Junichi. Musiche originali: Kubota Mina. Voci: Miyama Karen, Mame, Yuka, Nishida Toshiuki, Yamadera Koichi. Produzione: Production I.G., Kadokawa Pictures. Durata: 120′. Uscita nelle sale giapponesi: 21 aprile 2012.
Link: Sito ufficialeGuillem Rosset (Twitch) – Armando Rotondi (Asia Express).
Momo è una ragazzina che frequenta il sesto anno delle scuole elementari. A seguito della morte del padre (probabilmente legata ad un incidente nucleare) lei e la madre sono costrette ad abbandonare Tokyo per ritornare in una piccola isola del mare interno giapponese, luogo dove è nata e cresciuta la madre. Momo porta con sé una lettera a lei indirizzata ma che il padre non ha avuto il tempo di finire di scrivere. Arrivata nell’isola farà fatica ad ambientarsi ed in più inconterà tre yōkai usciti da un vecchio libro che solo lei riesce a vedere. L’incontro con queste strane e buffe creature, il rammarico per il litigio con il padre l’ultima volta che lo ha incontrato e il dolore che la madre tenta di mascherare porteranno Momo a maturare. 
Molti appassionati di cinema d’animazione ricorderanno il film con cui l’animatore e character designer Okiura Hiroyuki esordì nel 1999, Jin-Roh: The Wolf Brigade. Scritto e sceneggiato da Oshii Mamoru, questo film, per la raffinatezza grafica,  la narrazione complessa e mai banale e anche per la capacità di creare un mondo ucronico per andare a toccare problematiche sociali e politiche sempre molto vive, rappresenta ancora oggi una delle opere animate di maggior rilievo uscite negli ultimi decenni dall’arcipelago nipponico. 
Dopo un periodo di sette anni passato a preparare questo suo secondo lungometraggio, di cui è anche responsabile per soggetto e sceneggiatura, Okiura ci regala qualcosa di completamente diverso da Jin-Roh e proprio per questo ancora più stimolante. Il risultato è davvero sorprendente, la storia è di quelle difficili da affrontare senza scadere nel sentimentalismo più trito e nei luoghi comuni del genere. Certo non c’è niente di sorprendente nel filo e nello sviluppo della narrazione, questo è un punto che lo distacca molto dal primo lavoro del regista, tutto va come lo spettatore potrebbe immaginare fin dall’inizio, ma là dove Okiura ed il suo staff hanno fatto un ottimo lavoro è nella caratterizzazione mai banale dei personaggi. Poi, naturalmente, c’è l’incredibile lavoro fatto in fase di disegno (quasi completamente a mano) per ricreare le zone e le isole del mare interno giapponese con i loro suoni, qui curati in maniera davvero quasi maniacale, il frinire delle cicale, le voci ovattate delle persone provenienti da altre stanze e la cura di scegliere attori che diano ai protagonisti un accento che sia tipico della zona. È un ambiente, quello descritto nel film, che si rifà al folklore e a un modo di vivere ancora abbastanza selvaggio legato ai fenomeni naturali, l’inseguimento dei cinghiali ed il tifone che colpisce l’isola ne sono un esempio, così come le case tradizionali, i luoghi sacri ed il festival sull’acqua che concluderà il film. (Interessante sarebbe analizzare le ragioni di questa tendenza al ritorno, per così dire, verso il ricco patrimonio folkloristico giapponese che si può osservare in molta produzione animata e non solo). Quest’attenzione per il dettaglio visivo, lo sforzo per far vivere allo spettatore soprattutto l’atmosfera, il genius loci e fin quasi l’odore dei posti è una particolarità che recentemente si era vista in animazione solo nel secondo lavoro del figlio d’arte Miyazaki Gorō, From Up On The Poppy Hill, non certo un capolavoro ma film ingiustamente bistrattato dalla critica. 
Il punto in più, là dove questo A Letter to Momo riesce a regalarci qualcosa di diverso, che fa passare le due ore e dieci di durata come fossero trenta minuti, sono però le figure dei tre yōkai. Comici ma allo stesso tempo privi di qualsivoglia moralità, emanazione della natura e per questo innocentemente furbi e cattivi, scopriremo nel proseguo del film che essi non sono esattamente ciò che sembrano. La relazione che si tesse fra loro e Momo è una delle cose più belle del film, c’è una sorta di reciproca scoperta che porterà la ragazzina a maturare e alla fine ad accettare, certamente non a dimenticare, la morte del padre che è il punto di partenza della narrazione. Come in molte altre storie per adolescenti, uno dei significati di quest’opera, quello più visibilmente centrale, è proprio la crescita interiore della protagonista. C’è poi un deciso salto stilistico verso i tre quarti della pellicola quando vediamo le creature che abitano il bosco, gli spiriti del luogo, i mono no ke insomma, aiutare la protagonista. Non andremo più oltre per non rivelare troppo della trama, ci basti però sottolineare come il tratto pastellato e quasi idilliaco dei disegni si trasforma, echeggiando abbastanza direttamente certa produzione dello studio Ghibli – Ponyo sulla scogliera ed il cortometraggio Yado sagasu sono i primi che vengono in mente – ma anche, se non soprattutto, la concezione della natura che troviamo in Mononoke hime.  In conclusione, A Letter to Momo si rivela come una delle animazioni migliori viste quest’anno e conferma l’altissima qualità del lavoro svolto in questi decenni dalla Production I.G ed il talento di Okiura. [Matteo Boscarol]


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