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SONATINE CLASSICS

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Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Sad tea (サッドティー, Sad Tea)

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Sad tea (サッドティー, Sad Tea). Regia, sceneggiatura e montaggio: Imaizumi Rikiya. Fotografia: Iwanaga Hiroshi. Musica: Triple Fire. Suono: Nemoto Asuka. Interpreti e personaggi: Seiji Okabe (Kashiwagi Shin, lo sceneggiatore), Fumiko Aoyagi (Tanako, la ragazza del caffè), Chika Uchida (Natsu), Chihiro Nagai (Yuko), Aya Kunitake (Midori), Takuya Fuji (Bon, il proprietario del caffè), Yumi Sato, Tomohisa Takeda (Waseda), Kayo Hoshino (Sonoko). Produzione: ENBU Seminar. Prima uscita in Giappone: 19 ottobre 2013 (Tokyo Film Festival). Durata 120’. 
Punteggio ★★1/2
Link: Mark Schilling (Japan Times, con trailer)

Già autore della riuscita commedia surreale Koppidoi neko (Catch a Terrible Cat, 2012), centrata su uno scrittore sessantenne, una ragazza introversa e la variopinta umanità che circonda i due, e di diversi documentari, cortometraggi e episodi di serie televisive (fra cui Sailor Zombie, 2014), Imaizumi Rikiya sembra essere uno dei nomi emergenti dell’ultimo cinema giapponese. Il suo Sad Tea, nel corale intimismo, nella prevalenza di interni e scene di dialogo, nell’incrociarsi, a volte casuale, di diversi personaggi, in un andamento narrativo che ricorda quello di una sit-com, può entrare a far parte, come nota anche Mark Schilling, di una sorta d’ideale trilogia sentimentale sulla gioventù giapponese contemporanea, insieme ai già qui recensiti Ai no uzu (Love’s Whirlpool, Miura Daisuke 2014) e Koi no uzu (Be My Baby, Ohne Hitoshi, 2014). A differenza però dei film di Miura e Ohne, questo di Imaizumi è totalmente scevro da una dimensione sessuale, nel tentativo di concentrarsi esclusivamente sulla dimensione puramente sentimentale – come del resto accadeva nel legame platonico dei due protagonisti di Koppidoi neko – delle relazioni umane.
Fra le diverse storie che si intrecciano nel film, emergono quelle del giovane sceneggiatore Shin incapace di comprendere quale delle due donne che frequenta sia quella che davvero ama (ammesso davvero che ami qualcuno); quella di Waseda che lascia la ragazza con cui è fidanzato il giorno del compleanno di questa, perché appena infatuatosi della commessa di un negozio di abbigliamento; quelle incrociate di una ex-pop idol e di un suo fan che da dieci anni afferma di essere innamorato di lei.
Se l’inizio del film è accattivante nella sua stralunata comicità – la giovane dipendente di un bar dichiara inaspettatamente il suo amore al più anziano proprietario del locale in cui lavora, e questi racconta poi tutto alla propria moglie, pretendendo che la donna sia lusingata dal fatto che lui piaccia ad altre – il suo proseguire finisce col prendersi troppo sul serio, pretendendo di disegnare una sorta di atlante dell’amore giovanile contemporaneo fatto di incertezze, esitazioni, e lunghi silenzi a due – spesso ripresi in altrettanto lunghi piani sequenza fissi – interrotti da frasi alquanto banali come: «Non so chi amo e chi non amo», «Sono confuso su cosa è l’amore», «Cosa vuol dire che mi ami?». Che sono più o meno le domande che tutti ci facciamo, già sapendo dell’impossibilità di trovarvi una risposta (se non forse tramite una vignetta di Schulz).
Indubbiamente efficaci, però, alcune delle soluzioni espressive che attraversano Sad Tea: la prolungata corsa circolare di Asahi che apre l’intreccio (e ritorna poi in un’altra occasione preparando il finale della storia), con un intrigante gioco di entrate e uscite di campo, è una più che riuscita metafora del successivo vano, continuo e altrettanto ‘circolare’ interrogarsi su che cosa sia l’amore da parte dei diversi protagonisti del film; lo sguardo in macchina di un personaggio seguito da quello analogo di un altro personaggio, che si trova in uno spazio e in un tempo diversi, crea visivamente un’analogia fra i due che lo sviluppo delle diverse situazioni potrà o meno confermare; quando il giovane sceneggiatore trova, a casa della fidanzata ufficiale, un ospite scomodo, ma riesce, nonostante l’inopportuna presenza, a creare una certa intimità con la donna, il terzo personaggio svanisce attraverso una sorta di dissolvenza (soluzione cara ai film di Shimizu Hiroshi degli anni Trenta), lasciando il campo libero ai due protagonisti. Sono queste, come altre soluzioni audiovisive presenti nel film, a testimoniare delle notevoli potenzialità del giovane Imaizumi, che avremo sicuramente modo di ritrovare nelle sue prossime opere. [Dario Tomasi]

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