classici1-1845135

SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

Kiseiju Part 1 (寄生獣 Part 1, Parasyte Part 1)

parasyte_pt1-p1-8128227

Kiseiju Part 1  (寄生獣 Part 1, Parasyte Part 1). Regia: Yamazaki Takashi. Soggetto: da un manga di Iwaaki Hitoshi. Sceneggiatura: Kosawa Ryōta e Yamazaki Takashi. Fotografia: Atō Shōichi. Montaggio: Hogaki Junnosuke. Effetti speciali: Yamazaki Takashi, Shibuya Kiyoko. Musica: Satō Naoki. Interpreti: Sometani Shōta, Hashimoto Ai, Fukatsu Eri, Abe Sadao, Ohmori Nao, Yo Kimiko. Durata: 109′.
World Premiere: 30 ottobre 2014 Tokyo International Film Festival.
Uscita nelle sale giapponesi: 29 novembre 2014.
Link: Sito ufficialePeter Debruge (Variety) 
Punteggio ★★1/2
 

Strane creature simili a vermi segretamente penetrano a Tokyo in cerca di esseri umani da uccidere e occupare. Una volta entrato nel cervello il parassita si impossessa del corpo e può cominciare la caccia per il suo nutrimento: umani. Uno di questi mostri-parassiti non riesce però ad impossessarsi di Shinichi, uno studente delle superiori, e solo dopo una lotta finisce per penetrare nella sua mano. I due cominciano cosí a vivere in simbiosi, ma la minaccia che sta per colpire l’umanità non si ferma qua, una serie di strani e violenti omicidi insanguina la capitale giapponese.
Costruito narrativamente molto bene, seppur secondo gli stilemi da film campione d’incassi, musica extradiegetica che preannuncia l’arrivo dell’orrore, eroe, eroina e così via, fin dalla primissima scena Parasyte ci trasporta subito dentro l’azione con i parassiti che escono (dal mare?dal cielo?) per cercare un corpo ospitante da occupare. Il ritmo è da subito molto serrato, si succedono molti avvenimenti in pochi minuti, anche perchè non è semplice concentrare tutti i plot e sotto plot del manga in meno di due ore.
Un elemento che rende la pellicola scorrevole e l’allegerisce dall’atmosfera di puro orrore, sono i veri e propri duetti fra il protagonista e la sua mano destra parassita. Un altro dei punti forti del film è l’uso degli effetti speciali, realizzati dallo stesso regista Yamazaki, nato proprio con questa specializzazione, effetti che sono all’altezza di quelli hollywoodiani ma, cosa ancora più importante, non fagocitano il film e non sono mai fini a se stessi. Anzi, le scene di cannibalismo, quelle in cui le teste dei protagonisti si aprono come dei fiori velenosi per fagocitare la preda o ancora quando i parassiti pasteggiano con i corpi degli umani in una vasca, sono scene forti e al limite del gore ma  contribuiscono a creare quell’atmosfera drammatica e disperata che permea il lungometraggio. La fotografia di Atō Shōichi (Confessions, Kawaki) riveste anch’essa un ruolo importante, la prepondranza delle tonalità fredde bluastre o tendenti al grigio sono l’espressione asettica della freddezza “animale” e aliena dei parassiti ma anche, in seconda battutta, degli stessi esseri umani, della cui assenza di empatia i parassiti sono un fortissimo simbolo.
Come film d’intrattenimento e spettacolo di ampia portata si può certamente affermare che Parasyte funziona, parte horror, parte film drammatico e parte commedia (molto divertente fra l’altro). La mano di Yamazaki si vede eccome, c’è poco da fare. Che lo si critichi o meno, l’autore giapponese è uno dei professionisti più bravi nel suo settore, ripetiamo, si tratta di cinema di ampio consumo, spettacolare ma non per questo banale.
Paradossalmente la parte che più lascia dubbi o almeno che ci lascia un po’ delusi è il fatto che il film dovrebbe essere la prima parte di un dittico, almeno per quanto ci è dato sapere, e quindi molte piste narrative sono in questo primo capitolo lanciate ma non trovano soluzione e/o sviluppo completo. Una parte del plot viene risolto alla fine ma, come accadeva in Rurouni Kenshin 2, la tensione e le aspettative sono pompate in modo così forte che poi dover aspettare un secondo capitolo per vedere risolti i nodi delude un po’.
Sul versante attoriale, si conferma e anzi si lancia probabilmente come nuova star maschile giapponese, Sometani Shōta, ancora una volta molto bravo qui nell’interpretare Shinichi, ragazzo che si ritrova improvvisamente catapultato in un mondo orrorifico con un parassita al posto della mano destra. Molto merito della riuscita del personaggio di Shinichi va sicuramente alla voce del suddetto parassita che con il giovane attore forma una coppia drammatico/comica che funziona molto bene. Ad interpretare la glaciale professoressa, una parassita che decide di sperimentare e di vivere nel corpo umano come un’umana restando anche incinta, è Fukatsu Eri, volto assai noto della televisione e del cinema giapponese. Completa il cast dei protagonisti, Ai Hashimoto, la compagna di classe invaghita di Shinichi, che in questo lungometraggio ha però un ruolo lievemente marginale ma che magari sarà più al centro della scena nel prossimo capitolo in cui, fra l’altro, entrerà nel cast anche Asano Tadanobu.
Parte fondamentale e fondante in questo lavoro, come immaginiamo nel manga che però, ahimè, non abbiamo letto, viene rivestita dal discorso filosofico che permea il film fin dalle primissime scene. Qui la voce della professoressa si e ci interroga: “se la popolazione umana venisse drasticamente diminuita, decrescerebbero anche l’inquinamento e la deforestazione?” Domande e problematiche come questa che riguardano le radici del male e la natura stessa dell’essere umano emergono qua e là lungo tutta la durata del film. Un’analisi più approfondita e riflessiva della pellicola poi, ci rivela altre tracce e possibili letture che attraversano e affiorano nell’opera, il tema parassita/ospite ha riverberi e richiami evidenti nella società giapponese (hikikomori), la relazione interspecie (parassita/umano) permette di operate uno scarto e di chiederci , quasi dickianamente, cos’è che definisce l’umano e se spesso non siano inumane proprio le nostre relazioni quotidiane con amici o familiari.
Ma queste si diceva sono analisi che magari si potranno fare quando avremo il secondo capitolo, per ora in conclusione ciò che si può dire è che questo primo film dedicato all’universo di Parasyte riesce ad intrattenere e divertire in modo intelligente, certo senza nessuna pretesa o cercata rivoluzione formale e stilistica, e di questo va dato atto a regista e collaboratori. [Matteo Boscarol]

CONDIVIDI ARTICOLO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *