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SONATINE CLASSICS

SONATINE

Il blog dedicato al cinema giapponese contemporaneo e classico

JINSEI (Mumei no jinsei, SUZUKI Ryūya, 2025)

Sonatine contemporanea

di Matteo Boscarol

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Di tanto in tanto, nel panorama cinematografico e audiovisivo giapponese emerge un oggetto non identificato, qualcosa di sorprendente che ci ricorda come visioni artistiche uniche abbiano la capacità di affascinare e ispirare. Nel mondo dell’animazione, questo è accaduto nel 2019 con On-Gaku: Our Sound (Ongaku), creato da Iwaisawa Kenji, e si è ripetuto lo scorso anno con  Look Back (Rukku bakku) di Oshiyama Kiyotaka. Iwaisawa è il produttore dietro ad un lungometraggio animato uscito negli ultimi mesi, Mumei no jinsei (Jinsei). Suzuki Ryūya lo ha realizzato in circa un anno e mezzo, occupandosi della regia, dell’animazione, della musica e del montaggio, creando una delle opere più singolari in termini di stile, temi e produzione che l’arcipelago abbia visto negli ultimi decenni. 

Dopo la morte della madre, un ragazzo introverso e solitario cade ripetutamente vittima di bullismo nella sua scuola di Sendai. Un giorno incontra uno studente trasferitosi da un’altra scuola e insieme sognano di diventare un gruppo pop. Vengono lanciati da un produttore e insieme si uniscono ad una boy band che inaspettatamente raggiunge un certo successo. Il film descrive i 100 anni di vita turbolenta del ragazzo diventato uomo, raccontati in dieci capitoli, ciascuno dei quali prende il nome da uno dei soprannomi dispregiativi con cui il ragazzo è stato chiamato durante la sua vita.

Nel 2020, Suzuki è stato costretto a lasciare il suo lavoro in un pub di Kabukichō a Tokyo a causa della pandemia. Ha quindi deciso di isolarsi, in parte per necessità e in parte per scelta, e di tornare nella sua città natale, Sendai, nel nord del Giappone. Armato di un tablet, ha iniziato a creare illustrazioni che ha poi animato, dando vita a un paio di cortometraggi pieni di umorismo nero e che riflettono la vita durante la pandemia. Queste opere, in particolare Mahoroba (id. 2001) e Lawless Love (Muhō no ai, 2002), hanno attirato l’attenzione di festival specializzati e sono state il terreno di prova perfetto per Jinsei (il titolo giapponese Mumei no jinsei si traduce come “una vita umana senza nome”). Questo film, tuttavia, si differenzia dai suoi cortometraggi precedenti (disponibili sul canale YouTube di Suzuki) per la sua portata grandiosa, che abbraccia decenni e tocca temi come il bullismo, la solitudine, il carrierismo, la violenza nel mondo dello spettacolo giapponese, la guerra totale, la fine dell’umanità e il raggiungimento delle stelle.

Come si scriveva, Jinsei copre quasi un secolo della vita di un uomo che, da ragazzo, perde la madre in un incidente causato da un’auto guidata da un anziano. L’evento e la vita della famiglia prima di esso sono raccontati magnificamente attraverso una serie di tableaux che fin da subito illustrano il talento narrativo di Suzuki. Il ragazzo riceve nomi e soprannomi diversi in ogni circostanza della sua vita. Inizialmente è vittima di bullismo a scuola, dove viene chiamato Shinigami (dio della morte) per essere introverso e silenzioso. Poi incontra uno studente appassionato di boy band con cui in seguito inizia la sua carriera di pop idol e cresce come giovane adulto. Suzuki non risparmia agli spettatori la violenza e gli abusi subiti dal giovane, abusi che nella sua carriera di ballerino e attore, capiamo essere endemici nel mondo dello spettacolo giapponese, come i media del paese hanno cominciato a riportare, troppo tardi, negli ultimi anni.

Dopo aver lasciato il mondo della musica pop, il protagonista inizia a lavorare in un nightclub a Tokyo. Da questo punto in poi, il film prende una piega più sinistra e violenta, quasi horror, forse la parte più debole del lavoro. A metà strada tra l’animazione di Roland Topor e alcuni dei pannelli più sperimentali del mangaka Tsuge Yoshiharu, con Kubrick come orizzonte finale, gli ultimi venti minuti di Jinsei fanno virare il film, sia stilisticamente che nei contenuti, verso qualcosa di difficile da classificare, oscillando tra le ombre di De Chirico e gli oggetti surreali di Magritte.

Dal punto di vista stilistico, il film utilizza una tavolozza di colori tenui, soprattutto nei primi due terzi, con toni prevalentemente blu, grigi e marroni. Tuttavia, nella parte finale, colori vivaci esplodono sullo schermo, riflettendo lo stile del disegno più astratto scelto per rappresentare gli avvenimenti immaginati nel futuro. La struttura del film, soprattutto in questa parte finale, è più tortuosa e anarchica e incorpora silenzi, pause, ellissi, improvvisi scoppi di violenza e cambiamenti di situazione. Questa qualità è naturalmente insita nella storia intessuta da Suzuki, ma deriva anche dalla storia produttiva del film. Come riportato da Matt Schley in un’intervista per il Japan Times,  Suzuki ha creato Jinsei senza una sceneggiatura, aggiungendo cioè scene man mano che procedeva. Ed è proprio questo stile frammentario – la forza centrifuga che anima la vita del protagonista e le imperfezioni, la vaghezza e le grandi aspirazioni della storia – che eleva Jinsei e lo distingue da gran parte dell’animazione giapponese contemporanea.


Titolo originale: 無名の人生 (Mumei no jinsei); regia, sceneggiatura, soggetto, montaggio, musiche, character design: Suzuki Ryūya; produttore: Iwaisawa Kenji; voci: Ace Cool (protagonista), Tanaka Taketo (Kin), Uno Shōhei (Hiroshi); uscita in Giappone: 16 maggio 2025; durata: 93’.

 

English review

Occasionally, something novel emerges in the Japanese cinematic and audiovisual landscape—something surprising and unsettling that reminds us of the power of a unique artistic vision. In the world of animation, this occurred in 2019 with On-Gaku: Our Sound (Ongaku), created by Kenji Iwaisawa, and it happened again last year with Kiyotaka Oshiyama’s Look Back (Rukku bakku). Iwaisawa is the producer behind an animated feature film that opened in Japan few months ago, Mumei no jinsei (Jinsei). Suzuki Ryūya made Jinsei in about a year and a half, taking charge of its direction, animation, music, and editing, creating one of the most unique works in terms of style, themes, and production that Japan has seen in recent decades. 

After his mother’s death, an introverted and lonely boy is repeatedly bullied at his school in Sendai. One day, he meets a transfer student, and the two of them dream of becoming pop idols together. They are scouted for a boy band, which unexpectedly rises to success. The film depicts the turbulent 100-year life of the boy-turned-man, told in ten chapters, each named after one of the derogatory names and nicknames he was called during his life.

In 2020, Suzuki was forced to leave his job at a Tokyo Kabukichō pub due to the pandemic. He then decided to isolate himself, partly out of necessity and partly by choice, and return to his hometown of Sendai in northern Japan. Armed with a tablet, he began creating illustrations that he later animated, giving birth to a couple of short films filled with dark humor and reflecting life during the pandemic. These works, especially Mahoroba (id. 2001) e Lawless Love (Muhō no ai, 2002), attracted attention at specialized festivals in Japan, and served as the perfect training ground for Jinsei (the Japanese title Mumei no jinsei translates as “a human life without a name”). This film, however, differs from his previous shorts (available on Suzuki’s YouTube channel), in that the scope is here grandiose, spanning decades and touching on themes such as bullying, loneliness, careerism, violence in the Japanese entertainment world, total war, the near-end of humanity, and reaching for the stars.

Jinsei covers nearly a century in the life of a man who, as a young boy, loses his mother in an accident caused by a car driven by an elderly man. The event and the family’s life before it are beautifully recounted through a series of tableaux that illustrate Suzuki’s narrative talent from the very beginning of the work. The boy is given different names and nicknames in every circumstance of his life, filling a sense of emptiness and void that has possessed him since the death of his mother. First, he is bullied in school, where he is called Shinigami (death god), for being introverted and silent. Then, he meets a student passionate about boy bands with whom he later begins his career as a pop idol and grows up as a young adult. Suzuki does not spare viewers the violence and abuse suffered by the young man, abuses that in his career as a dancer and actor, we understand being endemic to the Japanese entertainment world, as news outlets have reluctantly reported in recent years.

After leaving the pop idol world, the protagonist starts working in a nightclub in Tokyo. From this point on, the film takes a more sinister and violent turn, almost horror-like, perhaps the weaker segment. Somewhere between Roland Topor’s animation and some of mangaka Tsuge Yoshiharu’s most experimental panels, with Kubrick as the final horizon, the last twenty minutes of Jinsei veers the film, both stylistically and in content, into something difficult to classify, oscillating between De Chirico’s shadows and Magritte’s surreal objects.

Stylistically, the film uses a muted color palette, especially in the first two-thirds, featuring predominantly blue, gray, and brown tones. However, in the final section, vivid colors explode onto the screen, reflecting the more abstract drawing style chosen to depict the distant future. The film’s structure is, especially in this final part, more meandering and anarchic, incorporating silences, pauses, ellipses, sudden bursts of violence, and shifts in situation. This quality is naturally inherent in the story woven by Suzuki, but it is also derived from the conception of the film. As Suzuki told Matt Schley in an interview for The Japan Times, he created Jinsei without a script, adding scenes as he went along. And it is precisely this scattered style—the centrifugal force animating the protagonist’s life and the story’s imperfections, vagueness, and high aspirations—that elevates Jinsei and sets it apart from much of contemporary Japanese animation.


Original title: 無名の人生 (Mumei no jinsei); director, screenplay, story, editing, music, character design: Suzuki Ryūya; producer: Iwaisawa Kenji; voices: Ace Cool (protagonist), Tanaka Taketo (Kin), Uno Shōhei (Hiroshi); release date in Japan: May 16, 2025; running time: 93′.

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